Con una Sentenza del 5 maggio 2011, la Terza Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è occupata della questione della compatibilità con la normativa comunitaria, ed in particolare con il principio della libera circolazione dei capitali, della normativa francese secondo la quale l’imposta sul valore commerciale degli immobili posseduti in Francia (di importo pari al 3 %), è applicabile alle società con sede in un Paese ed in un territorio d’oltremare (nel caso di specie, le Isole Vergini britanniche) diversamente da quanto avviene per le società con sede in uno degli Stati membri dell’Unione Europea.
Nella causa sottoposta all’attenzione della Corte europea la società che possedeva gli immobili situati in Francia aveva la propria sede in Francia, ma era interamente detenuta da una società lussemburghese che, a sua volta, era detenuta da due società registrate nelle Isole Vergini britanniche.
Mentre le prime due società rientravano nelle ipotesi di esenzione dal versamento dell’imposta sul valore commerciale degli immobili trattandosi di società con la sede di direzione effettiva in Francia o in uno Stato membro dell’Unione Europea, le società con sede nel territorio d’oltremare non soddisfacevano le condizioni di esenzione previste dalla normativa francese.
Secondo tale normativa, infatti, le persone giuridiche aventi la sede di direzione effettiva sul territorio di uno Stato terzo possono beneficiare dell’esenzione in questione esclusivamente se sussiste una convenzione di assistenza amministrativa tra la Francia e detto Stato terzo al fine di lottare contro l’evasione e l’elusione fiscale o se, in base ad un trattato contenente una clausola di non discriminazione fondata sulla cittadinanza, tali persone giuridiche non possono essere sottoposte ad un’imposizione maggiore di quella alla quale sono sottoposte persone giuridiche aventi la sede di direzione effettiva in Francia. Nessuna di queste due condizioni può dirsi soddisfatta con riferimento ai rapporti tra la Francia e le Isole Vergini britanniche.
La Corte ha affermato che la normativa francese in questione rappresenta, per le società con sede nelle Isole Vergini britanniche, una restrizione alla libera circolazione dei capitali. Ma la Corte ha anche ricordato che il divieto di restrizioni alla libera circolazione dei capitali lascia impregiudicata l’applicazione agli Stati terzi di qualunque restrizione in vigore alla data del 31 dicembre 1993 per quanto riguarda i movimenti di capitali provenienti da tali Stati o ad essi diretti qualora implichino degli investimenti diretti, anche immobiliari.
Rientrando la restrizione esaminata in quest’ultima ipotesi, la Corte è giunta ad affermare che la normativa comunitaria non pregiudica l’applicazione della normativa nazionale suddetta, in vigore alla data del 31 dicembre 1993.
a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.
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