La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 3651 del 14 febbraio 2011, ha affermato il principio secondo il quale non può essere esclusa la responsabilità di una società (nel caso di specie, una società dedita al commercio dell’oro) ai fini sanzionatori, in ordine alla irregolare tenuta della contabilità, riconoscendo tale responsabilità esclusivamente al commercialista che tiene le scritture contabili. Quest’ultimo può essere eventualmente un concorrente nell’illecito, ma l’illecito è costituito dalla violazione di un obbligo che fa capo all’ente ed al suo legale rappresentante. Si tratta, infatti, di un’obbligazione di carattere pubblico/sanzionatorio che come tale non è delegabile.
Nella medesima pronuncia, inoltre, la Suprema Corte ha riconosciuto come incongruente il ragionamento seguito dalla Commissione Tributaria Regionale nella parte in cui sostiene che l’attività di commercio dell’oro, esercitata dalla società contribuente, non può non essere effettuata in maniera perfettamente legittima, dal momento che è sottoposta all’attività di vigilanza dell’Ufficio Italiano dei Cambi. Infatti: “Il fatto che talune attività siano soggette a vigilanza di appositi organi non significa che non possano sfuggire a tale vigilanza.”
Le aziende che sono soggette ai riscontri della Consob o all’Ufficio Italiano dei Cambi possono, quindi, legittimamente essere sottoposte all’accertamento induttivo dell’Amministrazione finanziaria.
a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.
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