La Corte di Cassazione, nella Sentenza 12167 del 30 maggio 2014, ha ricordato la propria giurisprudenza secondo la quale, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico-induttivo del reddito d’impresa, ai sensi dell’articolo 39, primo comma, lett. d), del D.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973, qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confligente con i criteri di ragionevolezza, anche sotto il profilo di antieconomicità del comportamento del contribuente.
In tali casi, secondo la Corte di Cassazione, è consentito all’Ufficio dell’Amministrazione finanziaria dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o minori costi, ad esempio determinando il reddito del contribuente utilizzando le percentuali di ricarico, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente.
Nella Sentenza in questione è stata, altresì, richiamata una precedente pronuncia della Suprema Corte del 2007 nella quale veniva affermato che la circostanza che un’impresa commerciale dichiari, ai fini dell’imposta sul reddito, per più anni di seguito, rilevanti perdite, nonché un’ampia divaricazione tra costi e ricavi, costituisce una condotta commerciale anomala, di per sé sufficiente a giustificare da parte dell’erario una rettifica della dichiarazione, a meno che il contribuente non dimostri concretamente l’effettiva sussistenza delle perdite dichiarate.
La Corte di Cassazione, sulla base di tali considerazioni, ha, in riferimento al caso di specie, ritenuto legittimo l’accertamento compiuto dall’Amministrazione finanziaria, in quanto la società contribuente, nonostante i risultati reddituali mediamente negativi, aveva mantenuto elevati costi per il personale dipendente ed autonomo.
Quindi, è stato accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate ed è stata cassata la pronuncia impugnata, con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale, la quale dovrà provvedere ad un nuovo esame della questione alla luce dei principi enunciati dalla Suprema Corte.