L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, quando i fringe benefit sono erogati attraverso una carta di debito nominativa, il sostituto d’imposta non è obbligato ad applicare la ritenuta a titolo d’acconto sull’importo, a condizione che il valore complessivo non superi i limiti di spesa stabiliti dalla normativa vigente.
Tema welfare aziendale e fringe benefit
In tema di welfare aziendale, beni e servizi destinati ai dipendenti possono essere inclusi in un unico documento di legittimazione, purché il loro valore complessivo rientri nei tetti previsti dalla legge. Oltre tale soglia, l’intero importo concorre a formare il reddito imponibile del lavoratore ed è soggetto a tassazione, come stabilito dall’articolo 51, comma 3 del Tuir. Tra le modalità di erogazione possibili rientra l’uso di carte di debito nominative, utilizzabili presso un insieme definito di esercenti convenzionati.
Il quesito dell’azienda e la risposta dell’Agenzia
Un’impresa ha richiesto chiarimenti sull’adozione di un piano di welfare aziendale che prevede l’utilizzo di carte di debito nominative fornite da un provider informatico. Tali carte, destinate ai dipendenti, possono essere utilizzate esclusivamente per l’acquisto di beni e servizi definiti dal datore di lavoro, entro un budget prefissato. Le carte non sono monetizzabili, trasferibili a terzi o convertibili in denaro e possono essere impiegate solo presso esercizi commerciali individuati dall’azienda.
Alla luce di queste caratteristiche, la società ha chiesto se la carta possa qualificarsi come documento di legittimazione ai sensi dell’articolo 6, comma 2 del decreto del 25 marzo 2016, e se, conseguentemente, sia esonerata dall’applicazione della ritenuta a titolo d’acconto prevista dall’articolo 23 del Dpr n. 600/1973.
L’Agenzia ha confermato, con la risposta n. 5 che i fringe benefit possono essere erogati tramite documenti di legittimazione cartacei o elettronici riportanti un valore nominale, purché il loro utilizzo rispetti alcune condizioni specifiche. In particolare, tali strumenti devono essere nominativi, non cedibili, non monetizzabili e devono dare accesso esclusivamente a beni o servizi predefiniti.
Limiti di spesa e novità normative per i fringe benefit
L’articolo 51, comma 3 del Tuir stabilisce che il valore di beni e servizi non concorre alla formazione del reddito del dipendente se non supera 258,23 euro. Tuttavia, tale limite è stato recentemente modificato. Per l’anno d’imposta 2024, ad esempio, la Legge di Bilancio ha elevato il tetto a 1.000 euro per i lavoratori dipendenti, estendendolo a 2.000 euro per quelli con figli a carico, includendo anche le somme destinate a spese per utenze domestiche o affitti.
Modalità di utilizzo e condizioni per i voucher cumulativi dei fringe benefit
L’Agenzia ha inoltre ricordato che i voucher cumulativi, pur rappresentando una deroga al principio secondo cui un singolo voucher deve dare diritto a un solo bene o servizio, possono includere una pluralità di opzioni, a condizione che il valore complessivo rispetti i limiti di legge. Nel caso della società richiedente, la carta di debito rispetta queste condizioni, fungendo di fatto da documento di legittimazione per l’accesso ai fringe benefit previsti dal piano aziendale.
Pertanto, la società non è tenuta ad applicare la ritenuta a titolo d’acconto sugli importi erogati tramite tale strumento, purché siano rispettati i vincoli di spesa e le modalità di utilizzo previste dall’articolo 51, comma 3-bis del Tuir.