Sono oggetto di proprietà comune, se il contrario non risulta dal titolo (art. 1117 c.c.):
1) il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune;
2) i locali per la portineria e per l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune;
3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all’uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e simili, fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini.
Esiste pertanto una presunzione di appartenenza al condominio delle parti comuni dell’edificio, che opera ove la parte dell’edificio non sia espressamente assegnata in proprietà esclusiva ad uno dei condòmini da un titolo.
La giurisprudenza ha chiarito che nell’elenco previsto dall’art. 1117 c.c., sono anche inclusi:
I fregi ornamentali e gli elementi decorativi, che ineriscano ai balconi (quali i rivestimenti della fronte o della parte sottostante della soletta, i frontalini e i pilastrini), se adempiono prevalentemente alla funzione ornamentale dell’intero edificio e non solamente al decoro delle porzioni immobiliari ad essi corrispondenti, mentre i balconi, essendo elementi accidentali rispetto alla struttura del fabbricato, e non avendo funzione portante (assolta da pilastri ed architravi), non costituiscono parti comuni dell’edificio, anche se inseriti nella facciata, in quanto formano parte integrante dell’appartamento che vi ha accesso come prolungamento del piano [Cass. 23-6-95, n. 7148, rv. 493062].
I muri perimetrali dell’edificio in condominio – i quali, anche se non hanno natura e funzioni di muri maestri portanti, delimitano la superficie coperta, determinano la consistenza volumetrica dell’edificio unitariamente considerato, proteggendolo dagli agenti termici e atmosferici, e ne delineano la sagoma architettonica – anche nelle parti che si trovano in corrispondenza dei piani di proprietà singola ed esclusiva e quando sono collocati in posizione, avanzata o arretrata, non coincidente con il perimetro esterno dei muri perimetrali esistenti in corrispondenza degli altri piani, come normalmente si verifica per i piani attici [Cass. 21-2-78, n. 839, rv. 390175].
l’intercapedine creata dal costruttore tra il muro di contenimento del terreno che circonda i piani interrati o seminterrati dell’edificio [Cass. 10-5-96, n. 4391, rv. 497529] e l’intercapedine esistente tra il piano di posa delle fondazioni di un edificio condominiale – che costituisce il suolo di esso – e la prima soletta del piano interrato, in quanto destinata alla aerazione o coibentazione del fabbricato [Cass. 17-3-99, n. 2395, rv. 524203].
La facciata di prospetto di un edificio, che rientra nella categoria dei muri maestri [Cass. 30-1-98, n. 945, rv. 512078].
I pianerottoli, quali componenti essenziali delle scale comuni [Cass. 16-12-74, n. 4299, rv. 372989].
Relativamente alle aree degli edifici riservate a parcheggio la giurisprudenza non è concorde: in alcuni casi le considera parti comuni, salvo che vi sia un titolo che assegna tali aree ai singoli condòmini [Cass. 20-7-87, n. 6365, rv. 454644]; in altri casi le considera quali pertinenze, senza farle quindi ricadere a titolo presuntivo nei beni comuni di cui all’art. 1117 c.c. [art. 26 u.c. L. 281985 n. 47, Cass. 30-7-98, n. 7498, rv. 517629]
Le aree degli edifici riservate a parcheggio ex art. 41 sexies della legge 17.8.1942, n. 1150, introdotto dall’art. 18 della legge 6.8.1967, n. 765, atteso che sussiste per dette aree, obiettivamente destinate per legge ad uso comune, l’identica ratio che sta alla base della presunzione di comunione stabilita dall’art. 1117 c.c., ove, poi, tale presunzione sia vinta dal titolo, risultando quelle aree di proprietà esclusiva di uno o più condomini, il vincolo di destinazione comune determina la costituzione ope legis a favore dell’intero edificio o delle sue singole parti, appartenenti a proprietari diversi, di un diritto reale di uso sulle aree medesime [Cass. 20-7-87, n. 6365, rv. 454644].
La canna fumaria anche se ha inizio nell’appartamento di un singolo condòmino [Cass. 29-4-66, n. 1092, rv. 322176].
Gli ascensori e gli impianti di riscaldamento, comprese le caldaie ed i bruciatori, essi, infatti, non hanno una funzione propria, ancorché complementare e subordinata rispetto a quella degli edifici, ma partecipano alla funzione complessiva ed unitaria degli edifici medesimi, quali elementi essenziali alla loro destinazione. [Cass. 27-2-76, n. 654, rv. 379302, e Cass. 27-2-76, n. 653].
Le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino.
Qualora un edificio o un gruppo di edifici appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari diversi si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, il condominio può essere sciolto e i comproprietari di ciascuna parte possono costituirsi in condominio separato. Ciò anche se restano in comune con gli originari partecipanti alcune delle cose.
Lo scioglimento è deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal secondo comma dell’art. 1136 c.c., o è disposto dall’autorità giudiziaria su domanda di almeno un terzo dei comproprietari di quella parte dell’edificio della quale si chiede la separazione. Qualora la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose e occorrano opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomini, lo scioglimento del condominio deve essere deliberato dall’assemblea con la maggioranza prescritta dal quinto comma dell’art. 1136 c.c.