La legge distingue la disciplina della risoluzione per impossibilità, a seconda della natura dell’impossibilità:
1) se si tratta di impossibilità totale (art. 1463 c.c.), la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione, e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito;
2) se la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale (art. 1464 c.c.).
C’è però un’eccezione per quanto riguarda i contratti con effetti traslativi o costitutivi (art. 1465 c.c., es. i contratti di vendita). Nei contratti che trasferiscono la proprietà di una cosa determinata ovvero costituiscono o trasferiscono diritti reali, infatti, il perimento della cosa per una causa non imputabile all’alienante non libera l’acquirente dall’obbligo di eseguire la controprestazione, ancorché la cosa non gli sia stata consegnata. La stessa disposizione si applica nel caso in cui l’effetto traslativo o costitutivo sia differito fino allo scadere di un termine.
1 Gennaio 1970
Si può risolvere un contratto se la prestazione diventa impossibile?
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