Nell’Ordinanza n. 6527 del 14 marzo 2013, la Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione si è pronunciata riguardo ad un ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate contro una pronuncia della Commissione Tributaria Regionale che aveva ritenuto fondata l’opposizione dei contribuenti (uno studio associato di ragionieri) all’avviso di accertamento relativo all’Iva ed all’Irap.
Il Giudice di secondo grado aveva osservato che il metodo induttivo seguito dall’Amministrazione finanziaria non era corretto, in quanto la contabilità dei contribuenti era tenuta regolarmente. Inoltre, sempre secondo la Commissione Regionale, non poteva essere invocato, per la ricostruzione dei compensi, il tariffario professionale, dal momento che i professionisti dello studio associato venivano pagati con importi inferiori, che in parte affluivano ad altra società partecipata, e non sempre percepivano gli onorari per intero.
L’Agenzia delle Entrate aveva rilevato, in sede di impugnazione in Cassazione, che le fatture emesse dallo studio erano del tutto generiche, in quanto prive dell’indicazione della natura delle prestazioni, del periodo e degli importi; che il saldo di cassa era risultato negativo in sede di verifica; che i compensi erano stati determinati dall’Agenzia medesima secondo il minimo della tariffa professionale ed era stato applicato il metodo analitico induttivo dal momento che la contabilità nel suo insieme non poteva essere considerata abbastanza attendibile.
La Suprema Corte ha ritenuto fondate le censure dell’Amministrazione finanziaria. Ha, in particolare, rilevato che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’omessa indicazione nelle fatture dei dati prescritti dall’articolo 21 del D.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972 integra quelle gravi irregolarità che legittimano l’Amministrazione finanziaria a ricorrere all’accertamento induttivo del reddito imponibile.
a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.