La Corte di Cassazione, nell’Ordinanza n. 2699 del 6 febbraio 2014, ha affermato che le diarie corrisposte dal datore di lavoro per le prestazioni svolte dal lavoratore nella sua sede stabile di lavoro, e cioè nella sua sede effettiva di lavoro, compresa quella di nuova, recente, destinazione, nella quale questi si sia trasferito e si sia stabilmente inserito per lungo periodo (senza che rilevi che il lavoratore in questione continui a dipendere amministrativamente dalla sua vecchia sede), non hanno, neppure parzialmente, natura risarcitoria, ma esclusivamente retributiva, dovendosi pertanto qualificare come indennità di trasferimento, reddito a tutti gli effetti soggetto al trattamento tributario ordinario.
Ancora, la Suprema Corte ha ricordato che l’indennità di trasferimento rientra nel reddito imponibile ai fini dell’Irpef, in quanto pur difettando un rapporto di sinallagmaticità con la prestazione di lavoro, essa è compresa tra gli emolumenti, comunque denominati, percepiti in dipendenza del lavoro prestato.
La sussistenza di quest’ultimo requisito può escludersi solamente nel caso in cui il rapporto di lavoro costituisca una mera occasione per la corresponsione di somme, che trovano il loro titolo in una causa diversa e del tutto autonoma (quale, ad esempio, il risarcimento dei danni da infortunio imputabile al datore di lavoro).
Nel caso di specie, una società per azioni aveva proposto ricorso in Cassazione avverso la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale che aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate, così rigettando l’opposizione all’avviso di accertamento, relativo all’Irpef, in ordine alla ripresa a tassazione della diaria corrisposta a tre dipendenti distaccati in Ungheria per i quali la ritenuta alla fonte su tale voce non era stata operata.
Il Giudice di secondo grado aveva osservato che non si trattava di indennità di trasferta temporanea, ma di un distacco per lavoro all’estero del tipo trasfertista, per il quale il relativo emolumento deve ritenersi parte integrante della retribuzione.
La società ricorrente sosteneva che il Giudice d’Appello non aveva correttamente considerato che i lavoratori erano temporaneamente distaccati in Ungheria per la durata di un anno, senza che fossero lì assegnati in modo stabile o definitivo, così che la ritenuta alla fonte sulla relativa indennità non doveva essere operata, non essendo essa prevista come parte integrante della retribuzione ed essendo, invece, estranea e, perciò, esente.
La Corte di Cassazione ha ritenuto infondata la contestazione della società ricorrente ed ha, pertanto, rigettato il ricorso, confermando, quindi, la validità dell’avviso di accertamento.