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Novità Irpef - Ires
21 Maggio 2021
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Dipendente distaccato all’estero che lavora in smart working in Italia: quale tassazione applicare?

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Ancora chiarimenti riguardo alla tassazione da applicare ai lavoratori in smart working a causa dell’emergenza sanitaria di questo periodo.

La società che ha presentato l’istanza di interpello ha fatto presente di avere da sempre investito nella mobilità internazionale dei propri dipendenti. Ecco, quindi, che l’organico della società istante è composto in parte da dipendenti che svolgono la propria attività all’estero presso le sedi del gruppo internazionale del quale fa parte e, in parte, da dipendenti provenienti dall’estero che svolgono la propria attività lavorativa in Italia.

La società istante ha anche evidenziato che l’emergenza Coronavirus ha stravolto le modalità ordinarie di svolgimento della prestazione lavorativa per i lavoratori che svolgevano la loro attività all’estero. Si sono ridotte le possibilità di spostamento e si è ricorso sempre più allo smart working.

Nell’istanza di interpello, l’istante ha descritto, in particolare, la situazione di un suo dipendente, fiscalmente residente in Italia, assunto con contratto a tempo indeterminato ed inquadramento di dirigente, che era stato distaccato, dal 1° maggio 2019, all’estero, con sede di lavoro presso gli uffici a Parigi. L’istante, nella qualità di sostituto d’imposta, ha fino ad ora assoggettato il reddito imputato a tale dipendente in base a quanto disposto dall’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR. Questa disposizione prevede che il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che, nell’arco di dodici mesi, soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Questo lavoratore è rientrato in Italia nel mese di febbraio del 2020 e vi ha continuato a svolgere la propria attività nella modalità dello smart working. Quindi, il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa è diventato eccezionalmente e temporaneamente l’abitazione del lavoratore in Italia, dove da sempre ha vissuto la sua famiglia.

Le mansioni svolte dal lavoratore sono le stesse che svolgeva durante il periodo di effettiva presenza all’estero. Il distacco del dipendente in Francia non ha subito modifiche.

Con l’istanza di interpello, sono stati sollevati dubbi riguardo agli obblighi di sostituzione di imposta della società istante relativamente alla tassazione del reddito di lavoro dipendente prodotto durante il distacco del lavoratore. Vengono meno le condizioni previste dall’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR? L’istante si è, infatti, chiesta se tali condizioni siano compromesse dallo svolgimento della prestazione lavorativa in luogo diverso da quello stabilito nel contratto di lavoro.

L’Agenzia delle Entrate, nella Risposta n. 345 del 17 maggio 2021, ha richiamato l’attenzione sulle linee guida pubblicate dall’OCSE il 3 aprile 2020 e poi aggiornate nel gennaio 2021 nelle quali è stato preso in considerazione soprattutto l’impatto che hanno avuto le misure restrittive adottate dai vari Paesi a seguito dell’emergenza sanitaria del Coronavirus sui Trattati internazionali.

L’Italia ha recepito le raccomandazioni dell’OCSE ed ha stipulato, in particolare, con la Francia un accordo amichevole in vigore dal 24 luglio 2020 il cui ambito di applicazione è esteso a tutti i lavoratori dipendenti residenti in uno dei due Stati che svolgono la propria attività lavorativa nell’altro Stato. Si tratta di disposizioni che comunque riguardano esclusivamente i canoni di interpretazione del diritto internazionale pattizio (nel caso specifico, della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e la Francia) e non hanno rilevanza ai fini della normativa interna. Quindi, non possono essere utilizzate per interpretare l’articolo 51, comma 8-bis, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.

Con riguardo alla disciplina prevista, appunto, all’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che le retribuzioni convenzionali sono definite con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali entro il 31 gennaio di ogni anno e sono determinate in misura non inferiore al trattamento economico minimo previsto dai contratti collettivi nazionali di categoria, raggruppati per settori omogenei.

Il reddito derivante dalla prestazione di lavoro dipendente effettuata all’estero deve essere assoggettato, quindi, a tassazione assumendo come base imponibile la retribuzione convenzionale fissata dal Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, senza tener conto della retribuzione effettivamente corrisposta al lavoratore.

Ricapitolando i requisiti affinché possa trovare applicazione tale regime di tassazione speciale:

  • l’attività lavorativa deve essere svolta all’estero per un determinato periodo di tempo con carattere di permanenza o di sufficiente stabilità;
  • l’attività lavorativa svolta all’estero deve costituire l’oggetto esclusivo del rapporto di lavoro;
  • il lavoratore, nell’arco di 12 mesi, deve soggiornare nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni.

Inoltre, il lavoratore che opera all’estero deve essere inquadrato in una delle categorie per le quali il suddetto Decreto del Ministero del Lavoro prevede la retribuzione convenzionale.

In una Circolare del 2001, richiamata dall’Agenzia delle Entrate, è stato precisato che, qualora il contratto di lavoro preveda una permanenza all’estero del lavoratore per un periodo superiore a 183 giorni, il sostituto d’imposta, intanto, applica la tassazione prevista dall’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR a partire dalla prima retribuzione erogata, per poi eventualmente effettuare la rettifica in sede di conguaglio qualora vengano meno le condizioni richieste per l’applicazione del regime della retribuzione convenzionale.

Nel caso specifico, il requisito del soggiorno all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi deve ritenersi soddisfatto nel periodo compreso tra il 1° maggio 2019 (giorno nel quale è cominciato il distacco del lavoratore in Francia) ed il 22 febbraio 2020 (ultimo giorno di permanenza all’estero per il medesimo lavoratore). In questo arco temporale, infatti, il lavoratore ha soggiornato all’estero per un periodo di ben 298 giorni.

L’Agenzia delle Entrate ha, altresì, evidenziato che deve ritenersi che le retribuzioni convenzionali possano essere frazionate al fine di adeguarle alla durata effettiva del periodo di lavoro nel corso del mese. Pertanto, la retribuzione convenzionale relativa al mese di febbraio del 2020 dovrà essere riproporzionata tenendo conto che dal 23 febbraio 2020 il lavoratore dipendente ha cominciato a soggiornare in Italia, così venendo meno una delle condizioni richieste dal legislatore per l’applicazione del regime speciale della retribuzione convenzionale.

In relazione al reddito di lavoro dipendente prodotto dal lavoratore dal 23 febbraio 2020, la società istante dovrà effettuare una rideterminazione del reddito medesimo sulla base della disciplina della tassazione ordinaria del reddito di lavoro dipendente (articolo 51, commi da 1 a 8, del TUIR).

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