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10 Dicembre 2021
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Fondi pensione transfrontalieri: adesioni in Italia non soggette ad imposta sostitutiva.

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L’Agenzia delle Entrate ha risposto ad un quesito riguardante i fondi pensione transfrontalieri e, in particolare, il trattamento da applicare alle adesioni da essi effettuate in Italia.

Il quesito riguarda un fondo pensione transfrontaliero istituito su iniziativa della Commissione Europea con adesioni su base collettiva raccolte anche in Italia. Il fondo pensione ha sede legale ed amministrativa in Belgio.

Gestisce un piano pensionistico che prevede il diritto alle prestazioni previdenziali in caso di pensionamento, ma anche di invalidità e decesso dei dipendenti, degli ex dipendenti, dei dipendenti futuri, dei loro beneficiari e dei loro successori di organizzazioni aderenti ad un consorzio che hanno scelto di aderire a questo fondo. In particolare, il consorzio in questione è un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro, con domicilio in Belgio, che unisce tra loro centri di ricerca ed Università che intendono facilitare la creazione di un sistema pensionistico unico per i suddetti soggetti partecipanti.

I ricercatori delle diverse aziende del consorzio possono spostarsi da un Paese all’altro e da un lavoro all’altro rimanendo aderenti allo stesso fondo pensionistico complementare.

Il fondo è equiparabile ad un fondo pensione negoziale italiano ed opera in regime di contribuzione definita, come la maggioranza dei fondi pensione italiani istituiti secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo n. 252 del 2005.

Per l’esercizio della propria attività in Italia, il fondo si avvale della collaborazione di una società italiana che offre servizi amministrativi per il mercato previdenziale, assicurativo e finanziario. Tale società, ad esempio, fornisce al fondo delle soluzioni tecniche che permettono ai partecipanti di conoscere e monitorare gli obblighi regolamentari e fiscali per ciascun Paese. La società si occupa, altresì, della gestione fiscale.

Il quesito posto all’Agenzia delle Entrate riguarda la necessità o meno di assoggettare il risultato netto di gestione del fondo all’imposta sostitutiva del 20 % e le modalità per determinare la base imponibile. Inoltre, per le prestazioni erogate agli iscritti italiani, il fondo dovrà sostenere gli adempimenti del sostituto d’imposta? E se non sarà tenuto a fare questo, quali saranno le modalità con le quali gli iscritti italiani al fondo dovranno indicare le prestazioni ricevute nella loro dichiarazione dei redditi?

L’Agenzia delle Entrate, nella Risposta n. 794 del 29 novembre 2021, ha ricordato che le forme pensionistiche complementari comunitarie sono disciplinate nel nostro ordinamento dall’articolo 15-ter del Decreto Legislativo n. 252 del 2005, in parte modificato dal Decreto Legislativo n. 147 del 2018 che ha recepito una Direttiva Comunitaria del 2016.

In primo luogo, il primo comma dell’articolo 15-ter prevede che i fondi pensione istituiti negli Stati membri dell’Unione Europea che rientrano nell’ambito di applicazione della suddetta Direttiva Comunitaria del 2016 e che risultano autorizzati dall’Autorità competente dello Stato di origine allo svolgimento dell’attività transfrontaliera possono raccogliere delle adesioni su base collettiva sul territorio italiano.

Il quarto comma dello stesso articolo 15-ter del Decreto Legislativo n. 252 del 2005 prevede che le forme pensionistiche comunitarie sono soggette, limitatamente alle adesioni effettuate in Italia ed alle risorse accumulate e gestite in relazione a tali adesioni, alla disciplina del Decreto Legislativo n. 252 del 2005 in materia di destinatari, adesioni collettive, finanziamento, prestazioni, permanenza nella forma pensionistica complementare, cessazione dei requisiti di partecipazione e portabilità, oltre ad essere soggette alle disposizioni della COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione) che indicano le informazioni per il controllo del rispetto di tali norme e le informazioni necessarie per il monitoraggio del sistema della previdenza complementare.

Tra le norme richiamate in quanto applicabili ai fondi in questione non vi è l’articolo 17 del Decreto Legislativo n. 252 del 2005 riguardante il regime tributario delle forme pensionistiche complementari.

Pertanto, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che il fondo descritto nell’istanza di interpello non sarà tenuto, per le adesioni effettuate in Italia, ad assolvere all’imposta sostitutiva del 20 % sul risultato netto maturato in ciascun periodo d’imposta prevista, appunto, dall’articolo 17 del Decreto Legislativo n. 252 del 2005 per i fondi pensione istituiti in Italia.

Le prestazioni erogate dal fondo agli iscritti italiani dovranno essere tassate in base alle norme ordinarie contenute nel Decreto Legislativo n. 252 del 2005. La disciplina fiscale di tale Decreto prevede che le prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di capitale sono imponibili per il loro ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta. Discorso pressoché identico per le prestazioni pensionistiche complementari erogate in forma di rendita. Sulla parte imponibile delle prestazioni comunque erogate deve essere operata una ritenuta a titolo d’imposta con aliquota del 15 % ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione pari a 6 punti percentuali. Nel caso di prestazioni pensionistiche erogate nella forma di capitale, la ritenuta in questione è applicata dalla forma pensionistica alla quale risulta iscritto il lavoratore. Nel caso, invece, di prestazioni erogate nella forma di rendita, la ritenuta è applicata dai soggetti eroganti. Sarà la forma pensionistica complementare che comunicherà ai soggetti che erogano le rendite i dati in suo possesso necessari per il calcolo della parte delle prestazioni corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta, se determinabili.

La circostanza che l’imposta sostitutiva non sia assolta in capo al fondo istante rileva ai fini della determinazione della base imponibile. Infatti, dovranno concorrere alla determinazione della base imponibile anche i rendimenti non assoggettati a tassazione in capo al fondo.

Le prestazioni costituiscono per i percipienti redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Tali redditi, inoltre, rientrano tra quelli soggetti a ritenuta alla fonte se corrisposti da soggetti che rivestono la qualifica di sostituti d’imposta.

L’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che le società e gli enti non residenti che erogano redditi soggetti a ritenuta in Italia, sia pur compresi tra i soggetti che rivestono la qualifica di sostituti d’imposta, ne sono, in linea di principio, oggettivamente esclusi a causa della delimitazione territoriale della potestà tributaria dello Stato italiano. Pertanto, il soggetto non residente che eroga somme per le quali sia previsto un prelievo alla fonte, in assenza di stabile organizzazione in Italia, non rivestirà il ruolo di sostituto d’imposta.

La conclusione riferita al caso descritto nell’istanza di interpello è che il fondo, non avendo una stabile organizzazione in Italia, non dovrà applicare la ritenuta sulle somme che erogherà agli iscritti italiani e questi ultimi dovranno indicare tali somme nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale le hanno percepite.

Qualora, invece, il fondo istante operi le ritenute alla fonte sui corrispettivi in questione, dovrà adempiere a tutti gli obblighi che ne conseguono.

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