La Corte di Cassazione, nell’Ordinanza n. 14981 del primo luglio 2014, ha ricordato la propria giurisprudenza secondo la quale l’articolo 30 del D.P.R. n. 633 del 1972, laddove dispone che i contribuenti che non hanno effettuato operazioni imponibili nell’anno al quale si riferisce il credito Iva, non possono optare per il rimborso, ma devono necessariamente computare il credito in detrazione nell’anno successivo, riguarda soltanto le imprese in piena attività.
Tale disposizione, invece, non esclude il diritto delle imprese che hanno cessato l’attività o che sono fallite di ricorrere all’istituto del rimborso per il recupero dei loro crediti d’imposta, non avendo la possibilità di recuperare l’imposta assolta su acquisti ed importazioni nel corso delle future operazioni imponibili.
La Corte di Cassazione ha, inoltre, chiarito che deve tenersi distinta la domanda di rimborso del credito d’imposta maturato dal contribuente, da considerarsi già presentata con la compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro relativo, che configura formale esercizio del diritto, rispetto alla presentazione del modello VR, che costituisce soltanto il presupposto per l’esigibilità del credito e, dunque, un adempimento per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso.
Ne consegue che, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al rimborso (come avvenuto nel caso di specie, nel quale il contribuente ha indicato l’imposta della quale si chiedeva il rimborso nel quadro RX), tale diritto al rimborso non può considerarsi assoggettato al termine biennale di decadenza, ma solo a quello di prescrizione ordinario decennale.
La Cassazione ha, infine, riconosciuto il diritto del contribuente al rimborso dell’Iva, a seguito della cessazione della società in nome collettivo del quale era socio.