L’Agenzia delle Entrate, seguendo la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiarisce che la sanzione fissa applicata e riscossa dal gestore di un parcheggio per la violazione delle condizioni generali del contratto stipulato con gli utenti dell’area di sosta fa parte delle attività di controllo incluse nella prestazione di servizi e, quindi, è soggetta all’IVA. Questo è quanto precisato nella risposta n. 320 del 9 maggio 2023.
Leggi anche: Rimborso spese di parcheggio sostenute dai dipendenti durante le trasferte: precisato il trattamento fiscale
La sanzione in misura fissa non rappresenta una forma di “compensazione” esente dall’imposta. Il controllo delle violazioni e la riscossione delle somme rappresentano servizi inclusi nella fornitura di servizi.
La società responsabile gestisce alcuni parcheggi, inclusi quelli di proprietà di terzi, utilizzando un sistema di scansione delle targhe. In particolare, stipula un contratto con il proprietario (o il rappresentante) dell’area aperta al pubblico, ottenendo l’incarico di controllare e gestire lo spazio.
Inoltre, stipula un contratto con i singoli utenti del parcheggio, fornendo loro la possibilità di parcheggiare gratuitamente per un determinato periodo di tempo. Oltrepassare tale limite costituisce una violazione del contratto e comporta l’applicazione di una sanzione a carico del conducente, riscossa dalla società.
Dalla risposta n. 320 sull’IVA della sanzione di parcheggio
La società chiede se l’IVA debba essere applicata a tale sanzione o se, nel caso in cui essa sia considerata una “compensazione”, sia esente dall’IVA in conformità all’articolo 15 del decreto IVA.
Secondo la società, la penalità pagata dai suoi clienti per il tempo extra rappresenta un risarcimento e non una “tariffa aggiuntiva” per la prestazione di servizi resi. Tuttavia, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha concluso, in una sentenza simile riguardante il gestore di un parcheggio (sentenza del 20 gennaio 2022, Causa C90/20, Apcoa Parking), che tale penalità costituisce una prestazione di servizi a titolo oneroso.
Al contrario, l’Agenzia ritiene che le due situazioni siano paragonabili.
Il documento fornito dall’Agenzia delinea innanzitutto il quadro normativo che definisce la fornitura di servizi soggetti all’IVA. Inoltre, specifica che non rientrano nella base imponibile della prestazione “le somme dovute come interessi moratori o come penalità per ritardi o altre irregolarità nell’adempimento degli obblighi del destinatario o del committente” (articolo 15 del decreto IVA). Secondo la risoluzione n. 73/2005, ciò si applica solo a un risarcimento effettivo dovuto a ritardi o inadempienze contrattuali.