string(14) "sidebar attiva"
Novità Iva
28 Gennaio 2022
4 Minuti di lettura

Rivalsa dell’Iva versata in sede di accertamento: ammessa la riapertura della partita Iva.

Scarica il pdf

L’Agenzia delle Entrate ha risposto ad un quesito riguardante la riapertura della partita Iva ai fini dell’esercizio della rivalsa dell’imposta.

L’istante ha affermato che, nell’esercizio della sua professione, dal 2014 al 2016, ha fruito, pur in assenza dei requisiti di legge, del regime di vantaggio per l’imprenditoria giovanile. Questa violazione è stata oggetto di constatazione da parte dell’Amministrazione finanziaria che ha portato ad una definizione tramite accertamento con adesione, conclusasi per gli anni 2014 e 2015 e in corso di definizione per il 2016.

Secondo quanto precisato dall’istante, l’importo più consistente delle fatture emesse senza applicazione dell’Iva si riferisce ad operazioni che ha posto in essere nei confronti del marito, anche lui esercente la sua stessa professione.

L’istante ha chiuso la propria partita Iva il 31 dicembre 2017. Il marito l’ha chiusa nel 2019, per poi riaprirne una nuova per la stessa attività nel 2020.

Il quesito posto all’Agenzia delle Entrate riguarda la possibilità di avvalersi della rivalsa con riferimento all’importo dell’Iva corrisposta in occasione dell’adesione all’accertamento.

La soluzione prospettata dalla contribuente istante è quella di riaprire la propria partita Iva soltanto per esercitare la rivalsa dell’Iva corrisposta in sede di adesione nei confronti della nuova partita Iva del marito. Una volta emessa la fattura, la contribuente provvederebbe a chiudere nuovamente la partita Iva.

L’Agenzia delle Entrate, nella Risposta n. 41 del 21 gennaio 2022, ha ricordato la disposizione del Decreto Iva che prevede che il contribuente ha diritto di rivalersi dell’imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamenti o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi a seguito del pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. Inoltre, in base alla stessa disposizione, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione dell’operazione originaria.

Quindi, è riconosciuto il diritto ad esercitare la rivalsa della maggiore imposta accertata a condizione che il cedente del bene o il prestatore del servizio abbiano definitivamente corrisposto le somme dovute all’erario. Allo stesso tempo, è riconosciuto al cessionario del bene o al committente del servizio il diritto alla detrazione dell’Iva pagata a titolo di rivalsa, al verificarsi delle condizioni previste per il suo esercizio.

In questo modo viene ripristinata la neutralità del meccanismo dell’Iva.

L’Agenzia delle Entrate ha fatto riferimento a numerosi documenti di prassi intervenuti nel tempo sul tema. Tra i chiarimenti forniti, è stato evidenziato che la rivalsa trova applicazione soltanto se la base imponibile è riferibile a specifiche operazioni effettuate nei confronti di determinati cessionari o committenti. Il diritto di rivalsa deve, invece, essere escluso se manca tale condizione, come nel caso in cui l’Iva sia dovuta a seguito di accertamento induttivo.

Inoltre, la possibilità di esercitare il diritto di rivalsa presuppone che vi sia stata la definizione dell’accertamento ed il pagamento dell’imposta o della maggiore imposta, oltre che delle sanzioni e degli interessi. Nel caso in cui, poi, sia previsto un pagamento rateale dell’imposta definitivamente accertata, il diritto di rivalsa è ammesso in proporzione alla singola rata pagata.

L’Agenzia delle Entrate ha, altresì, riconosciuto espressamente, in riferimento al caso specifico, che non ostacola l’esercizio del diritto di rivalsa la circostanza che la contribuente istante abbia chiuso la partita Iva. Più in particolare, deve essere ammessa l’apertura della partita Iva anche in un momento successivo all’attività di controllo, al solo fine di esercitare la rivalsa.

Riguardo alla possibilità di esercitare la rivalsa nei confronti di un soggetto passivo con partita Iva diversa da quella indicata nella fattura originaria, l’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che, nel caso descritto nell’istanza di interpello, non vi è stata estinzione del soggetto passivo committente, ma, al contrario, questi ha continuato ad esercitare la stessa attività, sia pur utilizzando una partita Iva diversa. Vi è, pertanto, una continuità giuridica che permette di attribuire al professionista l’identità di “committente originario”, anche se individuato da una partita Iva formalmente diversa da quella utilizzata nell’operazione originaria. Il committente, in più, è una persona fisica che, pertanto, ha mantenuto lo stesso codice fiscale, oltre ad esercitare la medesima attività.

In conclusione, la contribuente istante potrà chiedere la riapertura della partita Iva ed emettere la nota di variazione in aumento per esercitare la rivalsa dell’imposta versata in occasione dell’adesione all’accertamento. Il documento dovrà essere intestato alla nuova partita Iva del committente ed in esso dovranno essere indicati anche il codice fiscale del committente, i riferimenti della fattura originaria e gli estremi identificativi dell’avviso di accertamento.

Articoli correlati
26 Luglio 2024
Le indicazioni dell’agenzia delle entrate sul ravvedimento speciale

Per aderire all'istituto del ravvedimento speciale, è necessario effettuare il...

26 Luglio 2024
Flexible Benefit

I Flexible Benefit sono una serie di beni e servizi, che un’azienda può decidere...

26 Luglio 2024
Se l’investimento non è nuovo, nessun credito d’imposta 4.0

Una società non può beneficiare del credito d'imposta 4.0 (articolo 1, commi da 1051 a...

Affidati ad un professionista
Richiedi una consulenza con un nostro esperto