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Principi Contabili
Scritto da: Misterfisco

I crediti I crediti definizione degli stessi ed enunciazione dei principi contabili per la loro valutazione e rappresentazione in bilancio | D. Valutazione

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D.I. PRINCIPIO GENERALE

I crediti vanno esposti in bilancio al valore di presunto realizzo. Il primo punto di riferimento è il loro valore nominale, che va però rettificato per tenere conto di:

– perdite per inesigibilità

– resi e rettifiche di fatturazione

– sconti ed abbuoni

– interessi non maturati

– altre cause di minor realizzo

D.II. DETERMINAZIONE DELLA RETTIFICA PER SVALUTAZIONE CREDITI

D.II.a) – Il valore nominale dei crediti in bilancio deve essere rettificato, tramite un fondo di svalutazione appositamente stanziato [1], per le perdite per inesigibilità che possono ragionevolmente essere previste e che sono inerenti ed intrinseche ai saldi dei crediti esposti in bilancio.

Detto fondo deve essere sufficiente (adeguato ma non eccessivo) per coprire nel rispetto del principio di competenza:

– sia le perdite per situazioni di inesigibilità già manifestatesi,

– sia quelle per altre inesigibilità non ancora manifestatesi ma temute o latenti.

Deve inoltre coprire le perdite che si potranno subire sui crediti ceduti a terzi per i quali sussista ancora un’obbligazione di regresso.

E’ noto che i crediti presentano spesso problemi connessi alla loro esigibilità. L’inesigibilità di alcuni crediti, totale o parziale, certa o presunta, può essere già nota al momento della redazione del bilancio, come nel caso di debitori falliti o comunque in dissesto, di liti giudiziarie, di contestazioni, di debitori irreperibili e così via. Per altri crediti potranno le situazioni di inesigibilità, pur essendo intrinseche nei saldi, manifestarsi invece in esercizi successivi a quello della iscrizione dei crediti in bilancio.

Le perdite per inesigibilità non devono gravare sul conto economico degli esercizi futuri in cui esse si manifesteranno con certezza, ma, in ossequio ai principi della competenza e della prudenza ed al principio di valutazione del realizzo dei crediti, devono gravare sugli esercizi in cui le perdite si possono ragionevolmente prevedere.

Detto obiettivo viene raggiunto sul piano organizzativo-contabile tramite lo stanziamento di un fondo svalutazione crediti, col quale si mira a coprire sia le perdite di inesigibilità già manifestatesi, sia quelle perdite non ancora manifestatesi ma che l’esperienza e la conoscenza dei fatti di gestione conducono a far ritenere siano già intrinseche nei saldi esposti in bilancio e che pertanto si possono ragionevolmente prevedere. Il fondo verrà in seguito utilizzato per lo storno contabile dei crediti inesigibili nel momento in cui tale inesigibilità sarà ritenuta definitiva, momento che sarà determinato in base a considerazioni legali, fiscali o pratiche.

D.II.b) – Lo scopo del fondo svalutazione crediti è solo quello di fronteggiare le previste perdite sui crediti in bilancio, pertanto il fondo deve essere determinato tramite l’analisi dei singoli crediti e di ogni altro elemento di fatto esistente o previsto.

Tecnicamente, lo stanziamento al fondo svalutazione crediti deve avvenire tramite:

– analisi dei singoli crediti e determinazione delle perdite presunte per ciascuna situazione di inesigibilità già manifestatasi;

– stima, in base all’esperienza e ad ogni altro elemento utile, delle ulteriori perdite che si presume si dovranno subire sui crediti in essere alla data di bilancio;

– valutazione dell’andamento degli indici di anzianità dei crediti scaduti rispetto a quelli degli esercizi precedenti;

– condizioni economiche generali, di settore e di rischio paese.

Le analisi e stime devono prendere in considerazione anche i crediti ceduti a terzi per i quali sussista ancora un’obbligazione di regresso [2].

Ad integrazione, od anche, in determinate situazioni, per esempio in presenza di un elevato frazionamento dei crediti, in sostituzione, del procedimento sopradetto, le perdite sui crediti possono essere stimate tramite un procedimento sintetico, applicando cioè determinate formule (ad esempio, una percentuale delle vendite del periodo o dei crediti). E’ però importante sottolineare che queste formule non possono essere trasformate in una regola. Esse sono solo uno strumento pratico, la cui validità deve essere costantemente verificata; pertanto esse devono essere variate ogniqualvolta mutino le condizioni sulle quali le formule usate si basano. Tali formule sono accettabili soltanto se si raggiungono sostanzialmente gli stessi risultati del procedimento analitico descritto in precedenza.

Uno strumento efficace per la stima delle perdite su crediti è la tenuta di un’aggiornata evidenza dell’anzianità dei crediti divisi per classi temporali di scaduto, nonché un’adeguata procedura di indagine circa le motivazioni della mancata regolarizzazione dello scaduto stesso.

D.II.c) – Lo scopo del fondo svalutazione crediti è quello di fronteggiare i rischi di perdite sui crediti in bilancio. L’incertezza nella determinazione di tali perdite deve fare applicare criteri di svalutazione prudenziali, da cui dovranno scaturire valori adeguati ma non eccessivi, ma non è accettabile che tramite il fondo si miri a distribuire le perdite sui crediti nei vari esercizi al fine di stabilizzare i risultati di esercizio. Tali obiettivi sono contrari ai postulati del bilancio d’esercizio [3].

D.II.d) Resi e rettifiche di fatturazione – I crediti in bilancio possono non essere totalmente realizzati anche per ragioni diverse dalle vere e proprie perdite per inesigibilità.

E’ frequente che successivamente alla data di bilancio vi siano resi di merci o prodotti da parte dei clienti o comunque si debba procedere a rettifiche di fatturazione. Le cause possono essere molteplici: merci difettose, merci eccedenti le ordinazioni, differenze di qualità, ritardi di consegna, applicazioni di prezzi diversi da quelli concordati, errori di conteggio delle fatture, e così via.

Anche per questi fatti, se di ammontare rilevante, il bilancio deve contenere un congruo stanziamento, da determinarsi in base all’analisi di ciascuna situazione esistente ed in base a stime che trovino fondamento sull’esperienza e su ogni altro elemento utile.

D.II.e) Sconti ed abbuoni – Nel determinare il presunto valore di realizzo dei crediti è necessario considerare anche gli sconti ed abbuoni che potranno venire concessi al momento dell’incasso.

A tale riguardo se è prassi rilevante dell’impresa il concedere sconti ed abbuoni al momento dell’incasso di crediti, deve essere stimato l’importo degli sconti ed abbuoni che saranno concessi sui crediti in bilancio e deve essere effettuato un adeguato stanziamento.

Gli sconti e gli abbuoni di natura finanziaria (per esempio per pagamento a pronta cassa) possono essere rilevati al momento dell’incasso.

D.II.f) Interessi non maturati – Gli interessi non maturati inclusi nel valore dei crediti non rappresentano ancora un’attività per l’impresa e pertanto vanno riscontati.

D.III. ATTUALIZZAZIONE

D.III.a) I crediti che si originano dallo scambio di merci, prodotti e servizi sono valori numerari e costituiscono la contropartita dei relativi ricavi. Essi rappresentano conti di disponibilità di denaro a termine. La disponibilità di denaro a termine comporta un immobilizzo finanziario; pertanto, le condizioni di pagamento hanno un effetto diretto sull’ammontare dei ricavi che originano il credito. Se i termini di pagamento sono lunghi, il mantenimento di condizioni finanziarie fisiologiche comporta la necessità di ottenere un corrispettivo, ossia un interesse, per il periodo di indisponibilità del numerario. Tale interesse può essere chiaramente esplicitato ovvero deve ritenersi implicito nel ricavo e quindi nel credito. Nel primo caso l’interesse esplicito deve essere un interesse appropriato; nel secondo caso si rende necessario scorporare dal prezzo un interesse appropriato, cioè il corrispettivo finanziario.

Vi possono quindi essere tre situazioni. Quella meno complessa è data dal caso di crediti originati da ricavi chiaramente scindibili, a causa delle condizioni contrattuali stabilite dalle parti, tra prezzo di vendita di beni o servizi ed interessi per dilazione di pagamento. In tal caso, parte degli interessi addebitati devono essere considerati di competenza dello o degli esercizi successivi, sino alla scadenza del credito.

L’altra situazione è rappresentata dal caso di crediti a media e lunga scadenza, con interesse non esplicitato per i quali vi sono motivi per ritenere che il credito contenga una componente di interessi anche se ciò non è stato esplicitamente stabilito od evidenziato. Vi è inoltre la situazione in cui gli interessi espliciti siano notevolmente inferiori a quelli che devono ritenersi appropriati [4].

D.III.b) La presenza di crediti con termini lunghi di incasso pone il problema dello scorporo dell’interesse, ossia dell’attualizzazione di tali crediti e si rende quindi necessario identificare:

– quali crediti devono essere attualizzati;

– il tasso d’interesse da utilizzare;

– il periodo in cui il credito va attualizzato.

D.III.b.1) – Ai crediti di cui all’ultimo capoverso del paragrafo D.III.a) che rappresentano il diritto ad esigere ammontari a date future determinate o determinabili e che non comportano un interesse o che comportano un interesse irragionevolmente basso va attribuito, alla data in cui il credito sorge, un interesse ad un tasso appropriato: si raccomanda di attualizzare tali crediti con iscrizione degli interessi impliciti a riduzione dei ricavi che hanno originato il credito che comporta l’interesse implicito e, in contropartita, tra i risconti passivi. Il risconto parteciperà alla formazione dei risultati futuri in funzione della maturazione degli interessi attivi [5].

Tale principio non si applica:

ai crediti originati nel corso della gestione normale per i quali è previsto l’incasso entro l’esercizio successivo [6];

– agli acconti ed in generale agli ammontari che non richiedono restituzione in futuro in quanto vanno a fronte del prezzo di beni acquistati (esempio: depositi o pagamenti parziali a fronte di costruzioni in corso, anticipi per l’acquisto di beni e servizi, ecc.);

– ai crediti che hanno un tasso d’interesse basso in quanto:

– vi sono garanzie di terzi o specifiche norme di legge,

– l’interesse attivo non è tassabile al percipiente;

– agli ammontari che intendono rappresentare garanzie o cauzioni date all’altra parte di un contratto (depositi, parte di un credito che verrà incassato alla scadenza del periodo di garanzia).

L’interesse attivo va riconosciuto sulla durata del credito. L’interesse da rilevarsi in ciascun periodo amministrativo o frazione in cui dura il credito deve essere quello maturato in tale periodo. L’interesse, cioè la differenza tra il valore nominale del credito (inclusivo dell’interesse se è esplicito) ed il suo valore attuale va riconosciuto sulla durata del credito proporzionalmente al credito in essere. Tale differenza va quindi ripartita in modo tale che l’interesse venga riconosciuto ad un tasso costante sul credito residuo finché non sia interamente incassato [7].

Nel caso di incassi anticipati rispetto alle scadenze, gli ammontari incassati riducono il credito residuo e quindi gli interessi maturati.

Qualora non si proceda all’attualizzazione occorre indicare nella nota integrativa le informazioni previste al paragrafo E.g ).

D.III.b.2) – La scelta del tasso d’interesse da compararsi con il tasso d’interesse esplicito per accertarne la ragionevolezza o per scorporare l’interesse implicito nel ricavo richiede appropriata valutazione.

L’obiettivo teorico dovrebbe essere quello di approssimare il tasso che sarebbe risultato se due parti indipendenti avessero negoziato un’operazione similare con termini e condizioni comparabili con l’opzione di pagare ad un prezzo a pronti o ad un prezzo a termine e tale ultimo prezzo avesse tenuto conto di un appropriato tasso d’interesse di mercato per il tempo della dilazione. Da un punto di vista pratico, il riferimento immediato va pertanto al tasso d’interesse di mercato prevalente per il finanziamento di crediti con dilazione ed altri termini e caratteristiche similari. Nel caso in cui tale mercato sia mancante o insufficiente va scelto un tasso realistico per l’impresa con vendite con dilazione eccedente l’anno con riferimento al tasso per l’approvvigionamento di fondi esterni per il finanziamento della gestione tipica o caratteristica dell’impresa (esclusi quindi i prestiti per il finanziamento di immobilizzazioni tecniche), come ad esempio scoperti bancari, ecc. [8].

D.III.b.3) – Il tasso d’interesse è quello della data dell’operazione, cioè del tempo in cui sorge il credito e l’impresa concede la dilazione di pagamento. Tale tasso ed il valore attuale del credito, non vanno quindi modificati durante la durata del credito; il valore del credito va però modificato per gli eventuali problemi connessi alla sua esigibilità.

D.III.c) Vi sono casi in cui l’impresa è a conoscenza, al momento della stipula del contratto, che, nonostante la scadenza inferiore all’anno specificatamente indicata nel contratto stesso, il credito verrà incassato in un tempo marcatamente superiore all’anno. In tali casi, il credito va attualizzato secondo le regole indicate in questo documento. La predetta conoscenza deve essere oggettivamente dimostrabile sulla base dell’esperienza o di altri fattori obiettivi. Il previsto termine di scadenza deve essere ragionevole sulla base dei predetti fattori.

D.IV. CREDITI INCASSABILI CON UN’ATTIVITA’ DIVERSA DAI FONDI LIQUIDI

I crediti incassabili con un’attività diversa dai fondi liquidi vanno valutati al valore corrente di tali attività. Se il debitore ha l’opzione di pagare con fondi liquidi o con altra attività, il credito, per il principio della prudenza, deve essere esposto al minore tra il valore incassabile per contanti ed il valore corrente delle attività. Se l’opzione è del creditore, va usato l’ammontare relativo alla scelta che si prevede verrà effettuata. Eventuali rettifiche al valore originario così iscritto vanno imputate al conto economico.

D.V. CREDITI DA INCASSARSI CON ATTIVITA’ DIVERSE DAI FONDI LIQUIDI ORIGINARIAMENTE PREVISTI

Nel caso in cui a fronte di crediti che avrebbero dovuto essere incassati per contanti verranno ottenute attività diverse dai fondi liquidi, tali crediti vanno esposti in bilancio al minore tra il pagamento per contanti ed il valore corrente delle attività che verranno ricevute.

D.VI. CREDITI DATI A GARANZIA DI PRESTITI

I crediti dati a garanzia di prestiti vanno mantenuti nello stato patrimoniale. La garanzia va esposta tra i conti d’ordine, fornendo, ove necessario, ulteriori informazioni nella nota integrativa.

D.VII. CESSIONE DI CREDITI (per le cambiali vedasi paragrafo D.XI)

Le operazioni di cessione di crediti generalmente con società di factoring (di seguito indicate «factor») possono avere finalità diverse:

– garanzia da rischi d’insolvenza, nel caso di cessione senza azione di regresso; – finanziaria, quando il «factor» anticipa al cedente degli ammontari a fronte dei crediti ceduti;

– mandato all’incasso, quando il «factor» si limita a curare la riscossione per conto del cedente.

D.VII.a) Crediti ceduti senza azione di regresso (pro soluto) – I crediti ceduti in modo definitivo (pro soluto) senza azione di regresso, e per i quali il rischio d’insolvenza è trasferito al cessionario nella sostanza, ancorché diversamente qualificati (vedere secondo capoverso successivo), devono essere rimossi dal bilancio e l’utile o la perdita devono essere riconosciuti per la differenza tra il valore ricevuto ed il valore cui erano iscritti in bilancio.

Qualora contrattualmente siano previste clausole miranti a frazionare il rischio d’insolvenza tra il cedente e il cessionario, con la previsione di un incremento o di un decremento dell’importo ricevuto dal cedente in relazione al mancato incasso, entro le scadenze previste, di parte dei crediti ceduti, si dovrà mettere in evidenza nei conti d’ordine l’ammontare degli eventuali rischi, fornendo, ove necessario, ulteriori informazioni in nota integrativa.

Alle cessioni ancorché qualificate pro soluto, che prevedono la possibilità di un’azione di regresso, qualora il «factor» non incassi dal debitore l’importo del credito ceduto alla scadenza prevista, si applica la metodologia di contabilizzazione delle cessioni pro solvendo.

D.VII.b) Crediti ceduti con azione di regresso (pro solvendo) – I crediti ceduti con azione di regresso (pro solvendo) vanno normalmente rimossi dallo stato patrimoniale e sostituiti con l’ammontare dell’anticipazione ricevuta e col credito nei confronti del «factor» per la differenza tra il valore nominale del credito ceduto e l’anticipazione ricevuta (quest’ ultimo ammontare sarà restituito dal «factor» al cedente al momento dell’incasso dal debitore ceduto), mettendo in evidenza l’ammontare del rischio di regresso nei conti d’ordine, fornendo ove necessario, ulteriori informazioni nella nota integrativa e iscrivendo l’eventuale fondo rischi nel passivo di stato patrimoniale. Le commissioni passive che il cedente riconosce al «factor» andranno imputate a conto economico.

Alternativamente è consentito considerare i crediti come dati in garanzia a fronte dei prestiti ricevuti e pertanto mantenere in bilancio tali crediti, iscrivendo nelle apposite voci dell’attivo di stato patrimoniale l’ammontare dell’anticipazione ricevuta (al netto delle commissioni) e nel passivo il debito verso il «factor» per uguale ammontare, mettendo inoltre in evidenza nella nota integrativa l’importo nominale dei crediti ceduti.

Gli interessi dovuti al «factor» sugli ammontari anticipati vanno imputati a conto economico nel rispetto del principio della competenza.

D.VII.c) Mandato all’incasso – Qualora il «factor» curi semplicemente la riscossione del credito impegnandosi a versare al cedente l’ammontare dei crediti ceduti alla scadenza degli stessi, tali crediti sono mantenuti nell’attivo dello stato patrimoniale del cedente; le commissioni passive che il cedente riconosce al «factor» andranno imputate a conto economico.

D.VII.d) Cessione di crediti futuri – Le operazioni di cessione al «factor» possono riguardare anche crediti che sorgeranno in futuro in dipendenza di un rapporto già esistente (come un contratto di somministrazione) o in seguito alla stipulazione di contratti, in tal caso nei conti d’ordine si dovranno mettere in evidenza gli impegni assunti.

Le anticipazioni eventualmente erogate dal «factor» vanno iscritte nell’appropriata voce dell’attivo di stato patrimoniale avendo come contropartita il debito verso il «factor».

D.VIII. CAMBIAMENTO SOSTANZIALE DEI TERMINI DI PAGAMENTO

Se un credito incassabile entro un anno viene trasformato in un credito a lungo termine [9-10], la differenza tra il valore del credito iscritto in bilancio ed il valore attuale dei futuri pagamenti da ricevere secondo i nuovi accordi va riconosciuta come perdita. Il tasso d’interesse da utilizzare è il tasso d’interesse solitamente utilizzato per l’attualizzazione di tali crediti a lungo termine al momento del cambiamento. Il credito deve essere evidenziato nello stato patrimoniale tra le Immobilizzazioni Finanziarie (voce B.III.2).

D.IX. INTERESSI DI DUBBIO INCASSO

Quando l’incasso di interessi è dubbio, il riconoscimento dei medesimi va sospeso e quelli in precedenza rilevati vanno valutati al presumibile valore di realizzo. Se si ritiene di continuare a riconoscerli, va effettuato uno stanziamento nel fondo svalutazione crediti in relazione alla possibilità di recupero.

D.X. INTERESSI SOGGETTI A CONDIZIONE

Talvolta dei contratti prevedono il pagamento di interessi al verificarsi di determinati eventi. Tali interessi vanno riconosciuti solo al momento in cui l’incasso è certo, che solitamente coincide con l’incasso stesso.

D.XI. CAMBIALI ATTIVE (O EFFETTI ATTIVI)

D.XI.a) – Le cambiali attive (intendendosi come tali i pagherò diretti, le cambiali tratte accettate e non accettate) non presentano sostanziali differenze rispetto agli altri crediti. Esse hanno normalmente una maggiore negoziabilità e più snelle procedure per il loro recupero.

D.XI.b) – I principi contabili applicabili in generale ai crediti sono quindi applicabili anche alle cambiali attive.

D.XI.c) – Le cambiali attive scontate o cedute a terzi non ancora incassate alla data di bilancio vanno trattate analogamente alla cessione dei crediti (vedasi paragrafo D.VII. ).

D.XI.d) – Le «ricevute bancarie» utilizzate molto spesso in pratica non costituiscono titoli di credito, bensì strumenti per l’incasso dei crediti. La loro cessione alle banche non costituisce da un punto di vista sostanziale sconto di titoli di credito e, pertanto, il credito non va rimosso dal bilancio fino all’incasso [11].

D.XII. INTERESSI SU CREDITI E CAMBIALI ATTIVE

D.XII.a) – Gli interessi attivi su crediti e cambiali attive vanno riconosciuti per competenza, proporzionalmente al credito in essere.

D.XII.b) – Se i crediti o le cambiali attive ceduti per finanziamenti comportano un interesse attivo, anche se derivante da attualizzazione, l’interesse attivo su crediti e cambiali attive, e l’interesse passivo sul finanziamento vanno riconosciuti per competenza separatamente: cioè, gli interessi attivi proporzionalmente al credito ed alla durata residui e gli interessi passivi proporzionalmente al debito per lo sconto od il finanziamento ed alla durata residui. Per i crediti e le cambiali attive scadenti entro dodici mesi originati da operazioni commerciali (vendita) gli interessi passivi derivanti dallo sconto o da altre operazioni di finanziamento non vanno riscontati nel caso in cui la scadenza cada nel periodo amministrativo successivo, in quanto per tali crediti e cambiali attive si presume che il ricavo includa una componente finanziaria per la quale non si procede alla separazione mediante attualizzazione, come indicato nel paragrafo D.III.

D.XIII. CREDITI IN LIRE CON CLAUSOLA DI RETTIFICA INCREMENTATIVA PER ADEGUAMENTO AL MUTATO POTERE D’ACQUISTO DELLA MONETA

Nel caso di crediti in Lire con termini contrattuali di rettifica incrementativa per l’adeguamento al mutato potere d’acquisto della moneta, il valore del credito va aumentato nel momento in cui scatta la rettifica, con accredito al conto economico.

Sommario Principi contabili

Fonte: Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti

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