Le norme tributarie non prevedono criteri di determinazione dei crediti, salvo quanto concerne la svalutazione e gli accantonamenti per rischi su crediti. Prevedono invece dei criteri di competenza dei ricavi, dai quali, indirettamente, potrebbero essere desunti i criteri di valutazione dei crediti, almeno per quelli derivanti da vendite o da prestazioni di servizi.
Per quanto concerne la svalutazione dei crediti, l’art. 71 del DPR 22-12-1986, n. 917 stabilisce che «le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, non coperti da garanzia assicurativa, che derivano dalle cessioni di beni e dalle prestazioni di servizi indicate nel comma 1 dell’articolo 53» dello stesso decreto 917, «sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,50 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi». «Nel computo del limite si tiene conto anche degli eventuali accantonamenti ad apposito fondo di copertura dei rischi su crediti effettuati in conformità a disposizioni di legge. La deduzione non è più ammessa quando l’ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti ha raggiunto il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell’esercizio».
«Le perdite sui crediti», verificatesi nel periodo d’imposta, «determinate con riferimento al valore nominale o di acquisizione dei crediti stessi, sono deducibili, ai sensi dell’articolo 66, limitatamente alla parte che eccede l’ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti nei precedenti esercizi. Se in un esercizio l’ammontare complessivo delle svalutazioni e degli accantonamenti dedotti eccede il 5 per cento del valore nominale o di acquisizione dei crediti, l’eccedenza concorre a formare il reddito dell’esercizio stesso».
Il quinto comma dell’art. 71 del DPR 22-12-1986, n. 917 consente per i crediti per interessi di mora la deducibilità di svalutazioni e accantonamenti fino a concorrenza dell’ammontare dei crediti stessi maturati nell’esercizio.