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Principi Contabili
Scritto da: Misterfisco

Il Bilancio consolidato 5 Obblighi generali area di consolidamento esoneri ed esclusioni | Obblighi ed area di consolidamento

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L’art. 25 del D.Lgs. n. 127/1991 stabilisce che il bilancio consolidato, ossia il bilancio con il consolidamento integrale dell’attivo, del passivo e dei componenti di conto economico, debba essere preparato come regola generale dalle società [1] che controllano, direttamente ed indirettamente [2], un’impresa.

L’art. 26 del citato provvedimento precisa poi la nozione di controllo, in parte rinviando ai numeri 1 (controllo di diritto) e 2 (controllo di fatto) primo comma dell’art. 2359 del Codice Civile, ed in parte prevedendo le due fattispecie specifiche dell’influenza dominante derivante dalle clausole contrattuali o statutarie e dal controllo dei diritti di voto basato su accordi con altri soci.

Il rinvio ai numeri 1 e 2, primo comma, del citato articolo e quindi al dominio derivante dal controllo di diritto o di fatto che scaturisce dalla disponibilità dei diritti di voto, esclude sia la fattispecie dei cosiddetti gruppi orizzontali e della direzione unitaria della direttiva comunitaria, sia le situazioni di controllo basate sui particolari vincoli contrattuali di cui al punto 3 primo comma dell’art. 2359.

Più in generale, il disposto normativo esclude tutte le situazioni in cui il coordinamento o la direzione unitaria delle imprese, pur ravvisabile in situazioni di fatto, non è basato su vincoli giuridici obiettivamente rilevabili.

Quanto alle caratteristiche intrinseche che deve presentare il controllo ai fini dell’obbligo di consolidamento, è opinione diffusa in dottrina che esso debba essere:

(a) stabile nel tempo, ovvero non deve trattarsi di un rapporto di controllo transitorio od occasionale;

(b) autonomo, nel senso che l’esercizio dei diritti di voto non deve dipendere dalla collaborazione o dall’alleanza con altri soggetti indipendenti.

Oltre alle ipotesi di controllo di cui ai numeri 1 e 2 dell’art. 2359 sin qui commentate, l’art. 26 del citato decreto dispone al comma 2 che sono considerate controllate:

(a) le imprese in cui un’altra ha il diritto, in virtù di un contratto o di una clausola statutaria di esercitare un’influenza dominante, quando la legge applicabile consente tali contratti o clausole;

(b) le imprese in cui un’altra, in base ad accordi con altri soci, controlla da sola la maggioranza dei diritti di voto.

Quanto al punto a), è dottrina unanime che le clausole contrattuali aventi per oggetto l’attribuzione di un diritto ad esercitare un’influenza dominante su una società siano contrarie al nostro ordinamento giuridico; l’ipotesi è stata prevista dal legislatore al fine di attrarre nell’area di consolidamento quelle società aventi sede in paesi esteri in cui simili contratti di dominazione abbiano validità giuridica [3].

In merito al punto b), è opinione altrettanto diffusa in dottrina che possa trattarsi anche di sola maggioranza relativa, esercitata in virtù di «accordi tra soci» nella cui specie possono rientrare tutte le pattuizioni il cui fine sia quello di attribuire ad uno solo degli azionisti il controllo della maggioranza.

Quest’ultimo punto richiama la problematica generale (riconducibile anche al controllo di fatto di cui al punto 2 dell’art. 2359) connessa alle difficoltà di accertamento delle situazioni in cui una partecipazione di minoranza consente di esercitare un’influenza dominante in assemblea ordinaria.

L’accertamento di tale situazione dipende anzitutto dalla constatazione del grado di polverizzazione delle partecipazioni, e di conseguente assenteismo dei piccoli azionisti dall’assemblea: è chiaro che se, per anni, all’assemblea ordinaria non si raggiunge la presenza (in proprio o per delega) del 70% delle azioni con voto, una partecipazione del 40% basta a consentire l’esercizio dell’influenza dominante. E, in una situazione di questo tipo, l’esistenza di un sindacato di voto tra azionisti portatori del 40% dei voti, nel quale l’azionista società X disponga di oltre la metà dei voti sindacati, fa sì che la società X sia controllante.

A confermare il giudizio che una società, pur con una partecipazione non di maggioranza assoluta, controlla la maggioranza di fatto dei diritti di voto possono valere anche i seguenti elementi indiziari:

– la società ha nominato la maggioranza degli amministratori in carica;

– la società esercita con continuità il controllo operativo e finanziario dell’altra società.

Tali situazioni, che non devono avere carattere temporaneo, vanno comunque associate alla disponibilità sufficientemente ampia ancorché inferiore alla maggioranza assoluta, dei diritti di voto esercitabili in assemblea ordinaria.

Sommario Principi contabili

Fonte: Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti

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