Dopo aver considerato la dottrina ragioneristica e la prassi internazionale, ivi inclusi gli Standards dellâ??International Accounting Standards Committee, e tenuto conto del Documento relativo a « Bilancio dâ??esercizio. Finalità e postulati », vengono enunciati i principi contabili indicati nei paragrafi successivi, ritenuti corretti ed atti a rilevare, misurare e rappresentare il Patrimonio netto nel bilancio dâ??esercizio di imprese mercantili, industriali e di servizi, in un sistema contabile tradizionale a valori storici, nonché atti per lâ??interpretazione e lâ??integrazione tecnica delle norme di legge in materia.
A) DEFINIZIONE E CARATTERISTICHE
Il Patrimonio netto è la differenza tra le attività e le passività di bilancio.
Sul piano contabile, tale definizione ha origine nellâ??esigenza di bilanciamento tra le sezioni « Attivo » e « Passivo » dello stato patrimoniale, secondo la nota identità Attività = Passività + Patrimonio netto.
Nellâ??ottica finanziaria della struttura del capitale di bilancio, la suddetta identità esprime la necessaria uguaglianza tra gli « Impieghi » o « Investimenti » di mezzi monetari (Attività), osservati ad una certa data, e le « Fonti » di tali mezzi monetari, distinte in « Capitale di terzi » (Passività) e « Capitale proprio » (Patrimonio netto) alla medesima data.
Sotto questo profilo, il Patrimonio netto rappresenta, in via fondamentale, l’entità monetaria dei mezzi apportati solitamente dalla proprietà o autogenerati nellâ??impresa, indistintamente investita, insieme ai mezzi di terzi, nelle attività patrimoniali.
In altra accezione, il Patrimonio netto esprime la misura dei diritti patrimoniali che può essere soddisfatta « in via residuale » attraverso le Attività, dopo che siano stati soddisfatti i diritti dei terzi creditori della società. In tale significato, il Patrimonio netto è visto come capitale di « pieno rischio », la cui remunerazione ed il cui rimborso sono subordinati al prioritario soddisfacimento delle aspettative di remunerazione e di rimborso del capitale di credito.
Il Patrimonio netto non è determinabile indipendentemente dalle attività e dalle passività.
Ne consegue che non può parlarsi di valutazione del Patrimonio netto. Oggetto di distinte valutazioni, in sede di redazione del bilancio, sono i singoli elementi attivi e passivi che compongono il patrimonio.
Il Patrimonio netto, quale valore differenziale, è unitario, anche se per finalità pratiche e giuridiche risulta suddiviso in quote « ideali ».
Va, altresì, posto in evidenza che il Patrimonio netto si contrappone ad una parte indistinta delle attività. Pertanto, le norme di legge che stabiliscono relazioni tra acquisto di specifici beni e quote del Patrimonio netto (come lâ??art. 2359-bis, Cod. Civ.) vanno interpretate nel senso del divieto ad investire nellâ??acquisto dei beni in parola somme eccedenti lâ??importo delle richiamate quote ideali del Patrimonio netto.
B) INDIVIDUAZIONE DELLA NATURA DELLE VOCI FACENTI PARTE DEL PATRIMONIO NETTO
Il problema della chiara individuazione delle voci di bilancio facenti parte del Patrimonio netto trova oggi soluzione alla luce dello schema di stato patrimoniale definito nellâ??art. 2424 Cod. Civ. La rigida distinzione che tale articolo ha introdotto tra le poste costituenti parte del Patrimonio netto (iscritte sotto la lettera A) e le diverse classi di passività (iscritte sotto le lettere B, C, D ed E) impedisce lâ??utilizzo di poste dal significato non univoco che, in passato, trovavano collocazione incerta, in unâ??ambigua area di confine tra le passività ed il Patrimonio netto.
Lâ??esigenza di una netta separazione tra passività e Patrimonio netto, imposta dalla legge, richiede di utilizzare criteri univoci ed omogenei per stabilire se un determinato accadimento interessi le voci del Patrimonio netto oppure le voci figuranti tra le varie classi di passività individuate dal legislatore.
Sul piano pratico, il problema si pone in primo luogo con riferimento alla classe « Fondi per rischi ed oneri », di cui alle lettera B) del passivo, ed alla voce « Altre riserve », di cui al punto VII, lettera A) della stessa sezione.
Considerata la natura « residuale » del Patrimonio netto, la soluzione del problema richiede di delimitare, preliminarmente, le situazioni che giustificano accantonamenti ai « Fondi per rischi ed oneri » o che, più in generale, danno luogo alla iscrizione in bilancio di una passività. Detta soluzione va individuata sulla base del disposto dellâ??art. 2424-bis e del principio contabile n. 19, « Fondi per rischi ed oneri. Il trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato. I debiti » per quanto in particolare concernente i « Fondi per rischi ed oneri », cui si fa rinvio.
Nellâ??ambito della problematica relativa alla separazione tra le Passività ed il Patrimonio netto, particolare rilevanza assume lâ??analisi della natura dei versamenti che i soci decidono di effettuare, anche senza procedere a formali aumenti del capitale sociale.
I versamenti in questione, a seconda dei casi, possono assumere la natura di veri e propri conferimenti a titolo di dotazioni patrimoniali, oppure di finanziamenti a titolo di capitale di credito. In via generale, si possono individuare alcune tipologie di versamenti da parte dei soci:
1. Versamenti a titolo di finanziamento;
2. Versamenti a fondo perduto;
3. Versamenti in conto futuro aumento di capitale;
4. Versamenti in conto aumento di capitale.
1. I « Versamenti a titolo di finanziamento » sono quelli per i quali la società ha obbligo di restituzione. Si tratta di capitali di credito che devono trovare collocazione in bilancio tra le passività, alla lettera D), punto 4) « Debiti verso altri finanziatori ». Al riguardo, non è rilevante la natura fruttifera o meno di tali debiti, né lâ??eventualità che i versamenti vengano effettuati da tutti i soci in misura proporzionale alle quote di partecipazione: lâ??elemento discriminante va individuato esclusivamente nel diritto dei soci alla restituzione delle somme versate.
Ne consegue che per questa tipologia di versamenti il loro eventuale passaggio a capitale necessita della preventiva rinuncia dei soci al diritto alla restituzione, trasformando così il finanziamento in apporto. Ha così natura di riserva di capitale quella che viene ad essere costituita con la rinuncia al credito vantato dai soci, sia per partecipare alla copertura della perdita, sia per futuri aumenti di capitale.
2. I « Versamenti a fondo perduto » si hanno quando i soci, pur non volendo procedere ad un formale aumento di capitale, decidono di sopperire al fabbisogno di capitale di rischio con nuovi conferimenti. In tali casi, manca una specifica ed esplicita pattuizione da cui scaturisca un obbligo di restituzione ai soci dei versamenti effettuati. Questi si configurano, pertanto, come vere e proprie riserve di capitale, da collocare in bilancio all’interno del Patrimonio netto, al punto VII « Altre riserve », in voci denominate di solito « Versamenti in conto capitale », oppure « Versamenti a copertura perdite », se il conferimento è effettuato per coprire perdite di esercizio.
3. I « Versamenti in conto futuro aumento di capitale » sono quelli effettuati in via anticipata in previsione di un futuro aumento di capitale. Si tratta, pertanto, di riserve di capitale aventi uno specifico vincolo di destinazione.
4. I « Versamenti in conto aumento di capitale » si hanno in presenza di un aumento a pagamento del capitale sociale già deliberato, nelle more dell’iscrizione nel Registro delle imprese dellâ??attestazione degli amministratori dellâ??avvenuto aumento del capitale sociale (art. 2444 Cod. Civ.). Poiché l’aumento del capitale non può essere menzionato negli atti della società fino a quando non sia avvenuta la suddetta iscrizione, i versamenti già effettuati dai soci vengono rilevati in un conto transitorio acceso ad una riserva di capitale (« Versamenti in conto aumento di capitale » oppure « Azioni sottoscritte per aumento di capitale »), che verrà poi imputata al Capitale sociale, una volta perfezionata lâ??intera operazione. Ovviamente, essendo i versamenti destinati ad uno scopo ben preciso, se la procedura di aumento non giunge a perfezionamento secondo i dettami di legge, i soci hanno diritto alla loro restituzione.
C) CLASSIFICAZIONE DELLE QUOTE IDEALI DEL PATRIMONIO NETTO
I criteri di classificazione delle poste « ideali » del Patrimonio netto sono molteplici e rispondono a diverse finalità conoscitive. I due principali fanno riferimento, rispettivamente, allâ??origine ed alla destinazione delle poste. Secondo il primo criterio, si distinguono « riserve di utili » e « riserve di capitale ». Le riserve di utili traggono origine dal « risparmio » di utili dâ??esercizio (come nel caso della riserva legale e della riserva statutaria). Esse sono generalmente costituite in sede di riparto dellâ??utile netto risultante dal bilancio d’esercizio approvato, mediante esplicita destinazione a riserva, o mediante semplice delibera di non distribuzione: â??utili a nuovoâ?.
Le riserve di capitale sono costituite in sede di ulteriori apporti dei soci o di conversione di obbligazioni in azioni (riserva da sovrapprezzo azioni), di rivalutazione monetaria (riserva di rivalutazione monetaria), di donazioni da parte dei soci o di rinuncia di crediti da parte dei soci, di rilevazione di differenze di fusione.
Seguendo il criterio della destinazione, assume rilievo la differente disciplina che regola lâ??utilizzo, evidentemente sul piano contabile, delle poste del Patrimonio netto. Divengono preminenti, in tal senso, il regime giuridico e le decisioni dellâ??organo assembleare che vincolano singole poste a specifici impieghi.
Sul piano pratico, la tassativa elencazione contenuta nellâ??art. 2424 Cod. Civ. risolve alla radice il problema della modalità espositiva delle voci del Patrimonio netto.
Considerato, tuttavia, che lâ??elencazione imposta dal legislatore non è di per sé sufficiente a soddisfare le finalità conoscitive di tutti i destinatari del bilancio, potrebbe essere opportuno fornire nella nota integrativa informazioni supplementari, che consentano lâ??analisi e la classificazione delle voci del Patrimonio netto secondo le differenti logiche rispondenti a tali finalità.
D) CONTENUTO DELLE SINGOLE VOCI
Sulla base dello schema di Stato patrimoniale previsto dallâ??art. 2424 Cod. Civ., si esaminano le voci del Patrimonio netto contenute nella classe A) del passivo.
I – Capitale
Questa voce accoglie il valore nominale dei conferimenti operati a tale titolo dai soci nonché il valore delle riserve destinate a capitale sociale nel corso del tempo.
Essa esprime il capitale sociale sottoscritto, anche se non ancora interamente versato: il valore dei versamenti ancora dovuti (con separata indicazione della parte già richiamata) viene iscritto nella sezione dellâ??attivo, nella classe A) « Crediti verso soci ».
Il valore di bilancio del « Capitale » risulta perciò essere pari, nelle società azionarie, al prodotto tra il numero delle azioni sottoscritte ed il loro valore nominale unitario. Se esistono diverse categorie di azioni (ad es. ordinarie, privilegiate, di risparmio, ecc.), di queste deve darsi informazione nella nota integrativa (art. 2427, n. 17, Cod. Civ.).
L’accensione del conto « Capitale » avviene allâ??atto della costituzione della società. Le successive variazioni in aumento o in diminuzione possono essere rilevate secondo i criteri indicati al capitolo II: â??Le variazioni del capitale socialeâ?. Nel caso di aumento a pagamento, occorre che sia stata iscritta nel predetto registro lâ??attestazione degli amministratori che lâ??aumento è stato eseguito (art. 2444 Cod. Civ.).
II – Riserva da sopraprezzo delle azioni
Questa riserva accoglie lâ??eccedenza del prezzo di emissione delle azioni rispetto al loro valore nominale.
In tale riserva vanno ricomprese anche le differenze che emergono a seguito della conversione delle obbligazioni in azioni.
La riserva da sopraprezzo delle azioni non può essere ripartita ai soci, fino a che la riserva legale non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale (art. 2431 Cod. Civ.). Essa può essere utilizzata per la copertura di perdite, per lâ??aumento gratuito del capitale sociale, nonché per lâ??aumento della riserva legale.
III – Riserve di rivalutazione
Questa voce accoglie le riserve di rivalutazione che sono state o saranno previste da leggi speciali in materia.
IV – Riserva legale
La costituzione della riserva legale è resa obbligatoria dalla legge (art. 2430 Cod. Civ.), la quale stabilisce che deve essere accantonata almeno la ventesima parte degli utili netti annuali, sino a quando lâ??importo della stessa riserva non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale. Fino a tale limite, la riserva legale costituisce una riserva indisponibile. Essa può essere utilizzata (indipendentemente dallâ??entità raggiunta) solo per la copertura di perdite. In tal caso dovranno essere preventivamente utilizzate tutte le altre riserve disponibili ed indisponibili.
Nel caso in cui, per qualsiasi ragione, lâ??importo della riserva legale scenda al di sotto del limite del quinto del capitale sociale occorre provvedere al suo reintegro col progressivo accantonamento di almeno il ventesimo degli utili. Se è stato emesso un prestito obbligazionario ed il capitale è stato ridotto in conseguenza di perdite, la riserva legale deve continuare ad essere calcolata sullâ??ammontare del capitale sociale esistente al momento dellâ??emissione del prestito, finché la misura del capitale e della riserva legale non sia pari a quella delle obbligazioni in circolazione (art. 2412 Cod. Civ.).
V – Riserva per azioni proprie in portafoglio
Questa riserva nasce in occasione dellâ??operazione di acquisto di azioni proprie da parte della società, con la funzione di salvaguardare lâ??integrità del capitale e, dunque, di evitare che lâ??operazione di acquisto di azioni proprie si traduca in una distribuzione della parte indisponibile del Patrimonio netto. Essa può essere iscritta solo dopo che le azioni sono entrate nel patrimonio della società ed è destinata ad accogliere il valore delle azioni proprie iscritte allâ??attivo dello stato patrimoniale.
è indisponibile fino a che le stesse azioni non vengano trasferite o annullate (art. 2357-ter Cod. Civ.) .
Se lâ??importo delle azioni proprie in portafoglio si riduce per qualsiasi motivo, la corrispondente parte della suddetta riserva si rende libera e può, così, essere distribuita ai soci, oppure girata in aumento di una o più riserve disponibili.
VI – Riserve statutarie
Le riserve statutarie trovano il loro fondamento nelle disposizioni contenute nello statuto della società. Al pari della riserva legale, esse rientrano pertanto tra le riserve obbligatorie. Le condizioni, i vincoli e le modalità di formazione e movimentazione delle riserve in esame sono disciplinate dallo statuto.
Lo statuto può prevedere la costituzione di diverse tipologie di riserve; in tal caso, dell?ammontare relativo a ciascuna deve essere data informazione nella nota integrativa.
Riguardo alla disponibilità, le riserve statutarie si pongono in una posizione intermedia tra la riserva legale e quelle facoltative.
VII – Altre riserve
Le riserve di più comune utilizzo possono avere una destinazione generica o specifica. Solitamente sono alimentate in sede di destinazione di utile netto risultante dal bilancio approvato. Esse sono:
– Riserva straordinaria o facoltativa. In assenza di specifica destinazione deliberata dall?assemblea ordinaria, la riserva straordinaria è di tipo generico ed il suo utilizzo è sottoposto alle formalità richieste per il futuro atto di destinazione. L?assemblea può discrezionalmente individuare una specifica destinazione per la riserva di cui trattasi, rimanendo ferma la possibilità che tale destinazione sia successivamente variata con deliberazione dell?assemblea ordinaria.
– Riserva per rinnovamento impianti e macchinari. Essa è costituita nella prospettiva della sostituzione degli impianti e macchinari attualmente in uso.
– Riserva ammortamento anticipato. Essa è costituita, qualora l?assemblea ordinaria recepisca la proposta degli amministratori di avvalersi dell?ammortamento anticipato dei cespiti (ex art. 67, comma 3, TUIR) .
– Riserva per acquisto azioni proprie. Essa può essere costituita, nei casi nei quali l?assemblea deliberi il futuro acquisto di azioni proprie, in misura corrispondente al corrispettivo massimo autorizzato per l?acquisto, ai sensi dell?art. 2357, comma 1, Cod. Civ. .
Le altre riserve iscrivibili alla voce VII del Patrimonio netto hanno origine e scopi distintamente indicati di seguito.
– Riserva da deroghe ex art. 2423 Cod. Civ. Essa è si costituisce nei casi eccezionali in cui l?applicazione di una disposizione degli articoli del Codice Civile, riguardante le regole di redazione del bilancio d?esercizio, sia incompatibile con il principio di rappresentazione veritiera e corretta. In tali casi, gli eventuali utili derivanti dall?esercizio obbligatorio della deroga, ai sensi dell?art. 2423, comma 4, Cod. Civ., devono essere iscritti in una riserva non distribuibile, se non in misura pari agli importi recuperati tramite l?ammortamento od il realizzo.
Nella nota integrativa si dovrà indicare sia il motivo della deroga ed i suoi effetti sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico, sia il divieto di distribuzione della stessa ai sensi dell?art. 2423, comma 3.
– Riserva azioni della società controllante. Tale riserva accoglie l?importo delle azioni della società controllante possedute dalla controllata, ai sensi dell?art. 2359-bis Cod. Civ.
– Riserva non distribuibile da rivalutazione delle partecipazioni. E? una riserva che deriva dall?applicazione del metodo del Patrimonio netto alla valutazione delle partecipazioni . L?iscrizione può avvenire soltanto nel bilancio successivo a quello in cui i rispettivi componenti positivi di reddito hanno contribuito all?emersione di un utile e nella misura in cui detto utile si è manifestato (art. 2426, n. 4, Cod. Civ.). Va precisato in Nota integrativa che tale riserva non è distribuibile.
– Versamenti in conto aumento di capitale. E’ una riserva di capitale, con un preciso vincolo di destinazione, che accoglie gli importi di capitale sottoscritti dai soci, in ipotesi di aumento di capitale scindibile, quando la procedura di legge per l?aumento del capitale sia ancora in corso alla data di chiusura del bilancio.
– Versamenti in conto futuro aumento di capitale. E? una riserva di capitale avente uno specifico vincolo di destinazione. Accoglie infatti i versamenti effettuati dai soci in via anticipata, in vista di un futuro aumento di capitale.
– Versamenti in conto capitale o Versamenti a copertura perdite. Si tratta, a prescindere dalla differente denominazione, di riserve di capitale che accolgono il valore di nuovi conferimenti operati dai soci, pur in assenza dell?intendimento di procedere a futuri aumenti di capitale. Nel caso dei versamenti a copertura perdite, il conferimento viene effettuato, di norma, dopo che si sia manifestata una perdita; in relazione alla copertura di tale perdita, la riserva che viene a costituirsi presenta una specifico vincolo di destinazione.
è da ritenersi non corretto il comportamento secondo il quale i versamenti in conto perdite effettuati dai soci durante l?esercizio transitano direttamente nel conto economico.
– Riserva da riduzione capitale sociale. Accoglie la differenza tra l?ammontare della riduzione operata nel capitale sociale e la perdita coperta, o la parte della riduzione del capitale esuberante che non venga restituita ai soci ma accantonata a riserva (art. 2445 Cod. Civ.).
– Riserva avanzo di fusione. Com?è noto, l?avanzo di fusione può essere un avanzo « da concambio » o un avanzo « da annullamento ».
Al primo la dottrina attribuisce la natura di riserva di capitale. Il secondo può costituire sia una riserva di capitale sia una posta rettificativa del valore del patrimonio netto della società incorporata. Ciò dipende dall?origine dell?avanzo e dalla sua natura economica.
In proposito, si fa rinvio al documento su « Fusioni, Scissioni e Conferimenti », in corso di elaborazione da parte della Commissione.
– Riserva contributi in conto capitale. E’ una riserva di capitale costituibile solo nel caso in cui il contributo in c/capitale sia effettivamente destinato ad integrare il patrimonio netto e non concorra né direttamente né indirettamente alla formazione del reddito d?esercizio.
– Riserva da conversione in Euro. Si rinvia al principio contabile n. 27, Introduzione dell?Euro quale moneta di conto.
– Riserve da condono fiscale. Le leggi sul condono fiscale hanno previsto la possibilità di iscrivere nel Patrimonio netto riserve tassate costituite in esercizi precedenti.
Tali leggi hanno dato luogo alle seguenti riserve:
– Riserva da condono ex L. 19 dicembre 1973, n. 823;
– Riserva da condono ex L. 7 agosto 1982, n. 516;
– Riserva da condono ex L. 30 dicembre 1991, n. 413.
VIII – Utili (perdite) portati a nuovo
In questa voce vengono iscritti i risultati economici di esercizi precedenti, che non siano stati distribuiti, accantonati ad altre riserve o le perdite non ripianate.
IX – Utile (perdita) dell?esercizio
Questa voce accoglie il risultato netto del periodo, così come risulta dall?ultima voce del conto economico. Nei casi in cui durante il corso dell?esercizio siano stati distribuiti acconti sui dividendi (quando ciò è consentito ai sensi dell?art. 2433-bis Cod. Civ.), oppure sia stata già parzialmente ripianata la perdita del periodo, da un punto di vista formale si perde la citata coincidenza tra l?importo della voce di conto economico e quella del patrimonio netto. In tali circostanze, per il principio della rappresentazione veritiera e corretta, è opportuno procedere ad una esplicita ricostruzione delle variazioni intervenute, come riportato di seguito.
In ossequio all?art. 2423-ter, comma 3, in ciascuno dei due casi è utile aggiungere una voce specifica:
a) Nel caso di copertura della perdita, nello stato patrimoniale si ha:
IX – Utile (perdita) dell?esercizio:
Perdita dell?esercizio (10)
Copertura parziale 4
Perdita residua (6)
b) Nel caso di acconti sui dividendi, nello stato patrimoniale si ha:
IX – Utile (perdita) dell?esercizio:
Utile dell?esercizio 10
Acconti su dividendi (4)
Utile residuo 6