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Principi Contabili
Scritto da: Misterfisco

Il metodo del patrimonio netto 3 Principi contabili | Operazioni necessarie per l’applicazione del metodo del patrimonio netto

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3.3.a) DETERMINAZIONE DELLA COMPOSIZIONE DELLA DIFFERENZA FRA COSTO D’ACQUISTO E VALORE CONTABILE DELLA PARTECIPATA

a’) Di norma, all’acquisto di un’apprezzabile quota di partecipazione in una società, l’acquirente compie una valutazione della quota oggetto di scambio, principalmente sulla base di una situazione patrimoniale a valori contabili ricevuta dall’alienante o dagli organi della stessa società oggetto di negoziazione. La situazione suaccennata è soggetta ai seguenti procedimenti di rettifica [1].

Preliminarmente il costo d’acquisto della partecipazione va distribuito tra le attività e le passività in base ai loro valori correnti alla data di acquisto della partecipazione. Si applica, quindi, un procedimento di sviluppo o distribuzione del prezzo di acquisto della partecipazione al momento della sua acquisizione. I valori correnti da utilizzare sono, a seconda delle voci da valutare, il valore di mercato, il costo di sostituzione, il costo di sostituzione rettificato, eccetera [2]. Gli ammontari così attribuiti alle attività non possono comunque superare il loro valore netto di realizzo (per i beni destinati alla vendita) o il loro valore recuperabile tramite l’uso (per le immobilizzazioni). La determinazione di alcuni valori – in particolare quelli relativi alle immobilizzazioni materiali – comporta di solito il ricorso ad esperti indipendenti per l’effettuazione di perizie.

Nel caso di acquisto di una partecipazione, le principali linee generali per determinare i valori correnti da attribuire alle attività ed alle passività, ai fini della ricostruzione del prezzo di acquisto, sono le seguenti:

Crediti: vanno valutati al loro valore di presumibile realizzazione, tenuto anche conto degli effetti della loro eventuale attualizzazione, come indicato nel documento «I crediti».

Titoli: vanno valutati al loro valore netto di realizzo corrente.

Giacenze di magazzino: come regola generale, ad esse vanno attribuiti valori che consentano all’impresa acquirente di realizzare solo il profitto derivante dall’attività di vendita svolta successivamente al momento dell’acquisto della partecipazione. In particolare:

– per i prodotti finiti va adottato il prezzo di vendita meno i costi diretti di vendita e il ragionevole profitto attribuibile alla vendita stessa;

– per i prodotti in corso di lavorazione va utilizzato il prezzo di vendita dei corrispondenti prodotti finiti, detratti i costi di completamento, i costi diretti di vendita ed il ragionevole profitto della vendita e del completamento [3];

– per le materie prime va adottato il costo di sostituzione per quantità similari acquistate in normali circostanze.

Beni ammortizzabili: vanno valutati al valore corrente utilizzando, a seconda della tipologia e della fattispecie, i valori di mercato dei beni usati, il costo corrente di sostituzione detratto il deperimento e l’obsolescenza, il valore netto di realizzo per i cespiti che devono essere alienati, i valori attuali dei redditi ricavabili dai cespiti nei casi in cui questi siano determinabili ed abbiano validi fondamenti.

Avviamento: il valore eventualmente risultante dal bilancio della partecipata non può essere considerato in quanto esso è compreso nel maggior prezzo di acquisto da distribuire sulle attività e passività in base ai loro valori correnti.

Partecipazioni: se la partecipata possiede a sua volta delle partecipazioni, una parte del prezzo di acquisto va attribuita alle attività ed alle passività di tali partecipazioni in base ai loro valori correnti. L’eventuale quota di pertinenza dei soci di minoranza deve essere determinata in base al patrimonio netto contabile della partecipata e non in base al patrimonio netto a valori correnti; pertanto il maggior valore della partecipata va interamente attribuito alla controllante [4].

Terreni: vanno valutati al valore corrente.

Brevetti, marchi, ecc.: vanno valutati al loro valore corrente (come gli altri beni ammortizzabili).

Passività: da un punto di vista pratico generalmente i debiti a breve termine vanno valutati al loro valore di carico nell’impresa acquisita. Le passività a medio-lungo termine vanno valutate, come regola generale, al valore attuale determinato in base a tassi correnti d’interesse ed alla loro scadenza, escluse quelle che già comportano un congruo interesse passivo. I tassi correnti d’interesse sono rappresentati dai tassi di mercato al momento dell’acquisto della partecipazione, applicabili a passività con caratteristiche analoghe a quelle della partecipata. Pertanto, per i finanziamenti ordinari a medio e lungo termine, si utilizzeranno i tassi d’interesse applicati ai mutui ordinari con caratteristiche similari di durata pari a quella residua. Analogamente si procederà per i finanziamenti a tassi agevolati. Le imposte differite iscritte nel bilancio della partecipata vanno sostituite con le imposte differite risultanti dalla nuova situazione di partenza. Il fondo trattamento di fine rapporto non va attualizzato in quanto, in base alla vigente normativa, è già un valore attuale.

Attività potenziali: ai fini della ricostruzione del valore dei beni acquisiti, è appropriato rilevare il valore attuale, a tassi d’interesse correnti, del beneficio fiscale derivante dal riporto a nuovo di perdite nei pochi casi in cui il realizzo di tale beneficio è assicurato, e cioè quando il riconoscimento delle perdite a nuovo da parte dell’amministrazione finanziaria è certo ed è possibile prevedere con ragionevolezza l’esercizio in cui potrà essere ottenuto. Tale situazione si ha, ad esempio, quando:

– la perdita è stata originata da un evento ben identificabile, eccezionale e non ricorrente;

– la partecipata ha conseguito utili per un lungo periodo di tempo;

– non vi è alcuna evidenza o dubbio che i benefici derivanti dal riporto della perdita a nuovo verranno disconosciuti;

– è ragionevolmente certo che in futuro verranno conseguiti utili in misura sufficiente ad assorbire le perdite riportate a nuovo nel periodo ammesso dalla legislazione fiscale.

Le attività e le passività potenziali, nonché il beneficio fiscale connesso a perdite, le quali, non essendosi verificate le suddette condizioni, non poterono essere rilevate anteriormente alla data di acquisto della partecipazione, ma si sono concretizzate nell’esercizio stesso in cui la partecipazione è stata acquistata, vanno considerate come rettifiche retroattive della distribuzione del prezzo di acquisto e quindi, nella maggior parte dei casi, come rettifica del valore dell’avviamento determinato alla data dell’acquisto. Invece le attività e passività potenziali, concretamente manifestatesi in esercizi successivi a quello in cui la partecipazione è stata acquistata, vanno rilevate nel conto economico di quegli stessi esercizi. Tali rettifiche vanno evidenziate nella nota integrativa.

Perdite derivanti da impegni e costi relativi alla chiusura di impianti industriali prevista alla data di acquisto della partecipazione : le perdite ed i costi suddetti vanno stimati in base al loro valore attuale, scontandoli a tassi d’interesse correnti.

Alla data d’acquisto della partecipazione, nell’assegnare i valori correnti alle attività ed alle passività, si deve tener conto degli effetti fiscali che possono scaturire da quei valori che non sono fiscalmente riconosciuti [5].

a”) Al termine di tali rettifiche extracontabili, se il valore netto della quota della partecipata spettante alla partecipante è ancora inferiore al prezzo di acquisto, possono trarsi due conclusioni:

– la differenza è attribuibile all’avviamento della stessa partecipata, a condizione che tale valore trovi riscontro in una ragionevole aspettativa di futuri sovraredditi;

– se e nella misura in cui non ricorra tale aspettativa, si è in presenza di una perdita [6]; essa va imputata al conto economico della partecipante, quale svalutazione della partecipazione (voce D.19.a), riducendo così il valore inizialmente iscritto al prezzo di acquisto.

Il maggior valore corrente o di funzionamento delle immobilizzazioni sarà ammortizzato extracontabilmente, nell’ambito cioè dell’unitario valore della partecipazione, riducendo il valore di questa coerentemente con l’art. 2426 , punti 2 e 6.

Se, invece, il valore rettificato della quota di partecipazione (al netto degli effetti fiscali) è superiore al prezzo di acquisto, occorre riconsiderare le rettifiche extracontabili operate in modo da ridurre i valori delle attività stimate nella ragionevole supposizione che essi siano inferiori al valore recuperabile tramite la vendita o l’uso. La riduzione delle attività stimate si effettua, dopo eventuali correzioni alle rettifiche operate in quanto il riesame ne rivela l’erroneità, con criterio proporzionale su tutti i valori delle attività immobilizzate, salvo quelle di inequivocabile valore e di rapido realizzo, quali i titoli. L’effettività e certezza del prezzo di acquisto della partecipazione, da una parte, e la considerazione che in una normale contrattazione commerciale fra operatori indipendenti il suddetto prezzo di acquisto rappresenta il valore di mercato del bene compravenduto, dall’altra parte, oltre al noto principio di prudenza, devono spingere all’abbandono dei valori correnti inizialmente attribuiti ai vari componenti il patrimonio della partecipata in modo da cercare la coincidenza fra i due suindicati valori: valore corrente della partecipazione e suo costo.

In questa fase di riesame dei valori di carico delle attività e passività della partecipata e delle rettifiche ad essi apportate possono emergere perdite o passività, di competenza dell’esercizio o di esercizi passati, che si manifesteranno negli esercizi futuri; in tal caso, nella suddetta situazione extracontabile della partecipata, verrà iscritto un fondo per rischi ed oneri [7]. Tale fondo verrà iscritto anche nel caso in cui la differenza sia da attribuire ad un badwill (avviamento negativo), ovvero ad una previsione di flussi negativi di redditi futuri. Tale fondo va utilizzato negli esercizi immediatamente successivi per fronteggiare le perdite che si sosterranno, ovvero, nel caso in cui le originarie previsioni di perdita non abbiano più a verificarsi, sarà riaccreditato a conto economico. Tale accredito deve avvenire in modo da realizzare l’effettiva correlazione con le perdite previste. Non è evidentemente conforme ai principi generali di bilancio l’utilizzo del fondo in modo totalmente soggettivo, ovvero per attuare politiche di bilancio.

Terminate le rettifiche, la partecipante disporrà di una situazione patrimoniale extracontabile che evidenzia un patrimonio netto sul quale calcolare la frazione di capitale acquistata. Se l’acquisto riguardasse l’intero capitale della partecipata, dalla situazione risulterebbe un valore di patrimonio netto pari al prezzo pagato; col metodo del patrimonio netto, quindi, salvo l’ipotesi di perdita per «cattivo affare», la partecipante iscriverà la partecipazione, nei conti accesi alle immobilizzazioni finanziarie, ad un valore pari al prezzo di costo (salvo quanto si dirà alla fine del presente paragrafo, sub a”’), conoscendone però la composizione quale differenza fra valori attivi e passivi, tenuto ovviamente conto della frazione di capitale posseduta.

In sostanza, al termine del procedimento di rettifica sopra descritto, la partecipante è in condizione di compilare un prospetto (bilancio) delle differenze fra prezzo di costo e patrimonio netto contabile della partecipata (più esattamente, degli scostamenti rispetto ai valori contabili dei singoli componenti patrimoniali attivi e passivi) e di determinarne la natura ai fini del loro trattamento contabile.

Questo prospetto verrà utilizzato per rettificare i risultati d’esercizio della partecipata a partire dal primo bilancio successivo all’acquisto.

a”’) Se, al termine del riesame e delle conseguenti rettifiche operate, permane ancora una differenza negativa (eventualità invero poco probabile), deve ritenersi che essa rappresenti uno sconto su prezzo ottenuto dalla partecipante al momento dell’acquisto o una fattispecie assimilabile, quale il compimento di un buon affare.

La partecipante allora iscriverà la partecipazione al maggior valore del patrimonio netto rettificato della partecipata (risultante dalla menzionata situazione contabile), rispetto al prezzo di costo, ma allocherà al passivo, tra le altre riserve, una «Riserva per plusvalori di partecipazioni acquisite», o dizione simile, indistribuibile [8].

3.3.b) TRATTAMENTO CONTABILE DELLA DIFFERENZA FRA COSTO D’ACQUISTO E VALORE CONTABILE DELLA PARTECIPATA

I maggiori e minori valori, la cui somma algebrica dà la differenza fra costo d’acquisto sostenuto dalla partecipante e valore contabile della partecipata, devono essere assoggettati allo stesso trattamento contabile dei valori dei vari elementi, attivi o passivi, ai quali essi si riferiscono.

Conseguentemente, sul maggior valore attribuito alle immobilizzazioni della partecipata, rispetto al loro valore contabile, dovrà essere calcolato l’ammortamento con aliquote determinate in base alla residua vita utile delle immobilizzazioni stesse ed applicate ai valori di riferimento. Il minor valore dei crediti comporterà la riduzione delle perdite su crediti che si manifesteranno sul maggior valore contabile [9]. Il maggior valore delle rimanenze verrà ridotto in relazione alla diminuzione delle stesse rimanenze sulle quali detto maggior valore era stato calcolato. Il maggior valore delle passività si decrementerà man mano che esse verranno rilevate e contabilizzate.

L’eventuale avviamento, quale differenza residuale, verrà ammortizzato con gli stessi criteri dall’art. 2426, n. 6, Codice civile [10].

Dal «bilancio» delle differenze, che emergono rispetto ai valori contabili della partecipata per giungere al maggior prezzo di costo, scaturiranno elementi positivi e negativi di reddito (molto più frequenti e consistenti i secondi, rispetto ai primi) che saranno utilizzati a rettifica del risultato d’esercizio della partecipata, come esposto nel successivo paragrafo.

3.3.c) RETTIFICHE DEL RISULTATO D’ESERCIZIO DELLA PARTECIPATA AI FINI DELLA DETERMINAZIONE DELLA PLUSVALENZA O DELLA MINUSVALENZA [11]

Poiché il metodo del patrimonio netto deve produrre gli stessi effetti del consolidamento, l’applicazione di tale metodo richiede analoghe rettifiche. Pertanto il risultato (utile o perdita) d’esercizio della partecipata, risultante dal bilancio, è soggetto alle seguenti rettifiche:

1. rettifiche derivanti dall’eventuale mancata applicazione delle norme di legge, integrate sul piano della tecnica dai principi contabili;

2. rettifiche derivanti dalla mancata applicazione di principi contabili uniformi a quelli applicati dalla partecipante [12];

3. rettifiche derivanti da eventuali eventi significativi verificatesi tra la data di chiusura dell’esercizio della partecipata e quello della partecipante nell’ipotesi in cui esse non coincidano e comunque nel rispetto di quanto disposto nel precedente paragrafo 3.2.e) ;

4. rettifiche derivanti dalla traduzione in moneta di conto dei bilanci espressi in valuta estera [13];

5. rettifiche derivanti da operazioni intersocietarie, descritte nel paragrafo successivo;

6. rettifiche derivanti dalle differenze fra i valori contabili e i valori che tengono conto del diverso prezzo di acquisizione (v. paragrafo precedente);

7. rettifiche derivanti dalla percentuale di capitale della partecipata posseduto dalla partecipante (v. successivo 3.3.e ).

3.3.d) IN PARTICOLARE, LE RETTIFICHE DERIVANTI DA OPERAZIONI INTERSOCIETARIE

La quota di utile o perdita di spettanza della partecipante si determina in base al risultato del bilancio della partecipata; tale risultato deve essere rettificato anche per eliminare gli effetti economici positivi o negativi emergenti da operazioni compiute tra la partecipante e la partecipata e non ancora realizzati con i terzi alla fine dell’esercizio.

In sede di eliminazione di componenti positivi o negativi dal conto economico della partecipata si deve tuttavia tenere conto di quelli già riflessi nel conto economico della partecipante; non si procede, infatti, all’eliminazione nella misura in cui i componenti relativi alla partecipata si elidono con quelli che sono presenti nel conto economico della partecipante.

Il conto economico della partecipante può rilevare a fine esercizio, per esempio:

– interessi passivi su finanziamenti ricevuti dalla partecipata;

– interessi attivi su finanziamenti concessi alla partecipata;

– costi per acquisti di beni-merce dalla partecipata, interamente sospesi nelle rimanenze finali di magazzino;

– ricavi di beni-merce venduti alla partecipata;

– ammortamenti di beni strumentali acquistati dalla partecipata;

– plusvalenze derivanti dalla vendita di beni strumentali alla partecipata.

I suddetti componenti negativi o positivi di reddito non devono subire alcuna rettifica nella redazione del suo bilancio d’esercizio. Infatti a tali componenti negativi e positivi corrispondono nel conto economico della partecipata in tutto o in parte, rispettivamente, componenti positivi e negativi; i componenti positivi e negativi della partecipante devono essere conservati fino alla concorrenza dei corrispondenti ed opposti valori che hanno concorso a formare il risultato d’esercizio della partecipata, al fine di ottenere così una loro neutralizzazione [14]; devono essere invece eliminati nella misura in cui esprimono utili o perdite interni non riflessi già nel conto economico della partecipante.

Con riferimento agli esempi suindicati, quindi:

– gli utili lordi su vendite di beni-merce, rilevati dalla partecipante, dovranno essere eliminati solo se e nella misura in cui i corrispondenti costi risultino sospesi dalla partecipata tra le rimanenze finali;

– le plusvalenze derivanti dalla vendita di beni strumentali alla partecipante, contabilizzate dalla partecipata, dovranno essere eliminate solo per la parte eccedente gli ammortamenti calcolati dalla partecipante stessa sulla componente di costo che rappresenta l’utile interno (quindi sulla plusvalenza stessa) [15];

– l’ammortamento, sostenuto dalla partecipata sulla quota di costo del bene strumentale acquistato dalla partecipante, dovrà essere eliminato solo per la parte calcolata sulla plusvalenza da quest’ultima realizzata, in quanto utile interno.

In nessun caso devono essere annullati gli utili o le perdite conseguiti o sostenute dalla partecipata, in relazione ad operazioni poste in essere nei confronti di altre società del gruppo, il cui valore non è iscritto tra le partecipazioni nel bilancio della partecipante: così è per esempio per le operazioni intercorse con la controllante della partecipante, mentre l’eliminazione – con le limitazioni dianzi evidenziate – deve essere fatta in relazione a transazioni fra società consorelle, il cui valore è indicato nella voce «partecipazioni» della loro partecipante.

L’eliminazione dei risultati economici interni va solitamente effettuata sulla base dell’utile o della perdita lorda, senza considerare, cioè, le spese generali, amministrative e di vendita, che l’impresa deve comunque sostenere (c.d. spese di periodo).

Operate le eliminazioni suindicate, occorre ovviamente ricalcolare le imposte sul reddito della partecipata al fine di assumere, nel bilancio della partecipante, l’utile o la perdita al netto degli oneri fiscali determinati con il criterio della competenza.

Gli utili o le perdite, rispettivamente, conseguiti o sostenute dalla partecipata, possono essere conservati, ancorché rappresentanti «risultati interni», solo nell’ipotesi che ricorrano tutte le seguenti condizioni [16]:

– che derivino da operazioni che sono ricorrenti per la partecipata;

-che derivino da operazioni concluse a normali condizioni di mercato;

– che l’eliminazione comporti costi sproporzionati rispetto alla rilevanza dei valori da determinare.

L’applicazione di questa deroga deve essere evidenziata nella nota integrativa.

3.3.e) IN PARTICOLARE, LE RETTIFICHE DERIVANTI DALLA PERCENTUALE DI CAPITALE DELLA PARTECIPATA POSSEDUTO DALLA PARTECIPANTE

Il risultato di bilancio della partecipata, al termine delle rettifiche extracontabili considerate nei paragrafi precedenti, deve essere assunto nel bilancio della partecipante in misura corrispondente alla frazione di capitale posseduto. Con maggiore precisione tale risultato va moltiplicato per la percentuale di partecipazione della partecipante nella ripartizione degli utili, sia detto risultato un utile o una perdita d’esercizio.

Se per effetto della perdita d’esercizio il patrimonio netto della partecipata si è azzerato, la partecipante assumerà nel proprio bilancio le perdite eccedenti il valore della partecipazione solo se esista un obbligo giuridico alla copertura di dette perdite.

3.3.f) TRATTAMENTO CONTABILE DEL RISULTATO D’ESERCIZIO DELLA PARTECIPATA QUALE PLUSVALENZA O MINUSVALENZA NEL BILANCIO DELLA PARTECIPANTE

Come accennato nel paragrafo 1, la IV direttiva, all’art. 59 , prevede come prima ipotesi l’imputazione al conto economico della partecipante del risultato d’esercizio della partecipata, debitamente rettificato. Tale imputazione è altresì preferita dai principi contabili internazionali.

Il legislatore italiano (art. 2426, co. 1, n. 4, 3° cpv.) disciplina solo gli aspetti patrimoniali che scaturiscono nei successivi esercizi, in tema di rappresentazione e valutazione, dall’applicazione del metodo del patrimonio netto, ma non vieta l’imputazione al conto economico.

Non c’è dubbio che, se si riflette la valutazione delle partecipazioni col metodo del patrimonio netto non solo nello stato patrimoniale, ma anche nel conto economico della partecipante, si ottiene un’informazione corretta e completa della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico d’esercizio della partecipante nel rispetto della clausola generale fissata dall’art. 2423 , co. 2, Codice civile.

Si ritiene pertanto di indicare un trattamento contabile preferito (benchmark) ed un trattamento contabile alternativo (allowed alternative treatment) ai fini della determinazione della plusvalenza o minusvalenza nel bilancio della partecipante.

f’) Metodo del patrimonio netto integrale (benchmark) – L’utile o la perdita d’esercizio della partecipata, debitamente rettificato, è imputato nel conto economico della partecipante secondo il principio di competenza economica (v. paragrafo 3.2.e ), quindi nello stesso esercizio al quale il risultato si riferisce.

L’utile viene imputato tra le «Rettifiche di valore di attività finanziarie: rivalutazioni: a) di partecipazioni», quindi nella voce D.18.a., ed ha quale contropartita l’incremento nello stato patrimoniale della posta «Immobilizzazioni finanziarie: partecipazioni», quindi delle voci B.III.1.a oppure B.III.1.b.

Di converso la perdita viene imputata tra le «Rettifiche di valore di attività finanziarie: svalutazioni: di partecipazioni» (voce D.19.a) e comporta una riduzione delle «Immobilizzazioni finanziarie: partecipazioni», sopra indicate.

Il risultato d’esercizio della partecipata concorre così alla formazione del risultato d’esercizio della partecipante.

Se il risultato netto della partecipata è un utile e quello della partecipante, comprensivo dell’utile della partecipata, è una perdita o un utile di importo inferiore al primo, la plusvalenza derivante dall’applicazione del metodo del patrimonio netto viene ad essere in tutto o in parte assorbita dalla «perdita propria» della partecipante. Il conto economico della partecipante evidenzierà, infatti, un risultato al quale ha concorso la plusvalenza «da metodo del patrimonio netto», che, quindi, è stata in tutto o in parte compensata con la «perdita propria» della partecipante. L’obbligo di accantonamento ad una riserva indistribuibile della plusvalenza, intesa quale aumento di valore dell’immobilizzazione rispetto all’esercizio precedente e pari pertanto alla «rivalutazione» imputata al conto economico, deve intendersi imposto dall’art. 2426, n. 4, ult. cpv., solo con riferimento alla plusvalenza non assorbita. Pertanto, nel caso in cui la plusvalenza sia superiore all’utile netto della partecipante (assorbimento parziale con la «perdita propria») o nel caso in cui l’utile netto della partecipante sia superiore alla plusvalenza (che pertanto non ha subito alcun assorbimento), la plusvalenza stessa è soggetta al citato divieto di distribuzione e quindi, in sede di approvazione del bilancio e conseguente destinazione dell’utile d’esercizio, deve, per la parte non assorbita, essere iscritta in una riserva non distribuibile, distintamente indicata nell’ambito delle «Altre riserve» (A.VII): per es. «Riserva non distribuibile da rivalutazione delle partecipazioni».

Tale riserva può tuttavia essere utilizzata, fin dall’esercizio della sua iscrizione e senza necessità di rispettare ordini di priorità rispetto ad eventuali altre riserve distribuibili, a copertura della perdita di esercizi precedenti o successivi.

Un esempio chiarirà quanto sopra esposto.

Si supponga che la partecipata evidenzi un utile d’esercizio rettificato di lire 1.000 e che il conto economico della partecipante, senza tenere conto di tale risultato, presenti ricavi per 2.000 e costi per 2.600. Il conto economico della partecipante può così rappresentarsi:

– valore della produzione2.000- costi di produzione(2.600)- differenza(600)- rivalutazione partecipazione1.000- utile d’esercizio400

La plusvalenza da metodo del patrimonio netto è stata assorbita per lire 600 dalla perdita propria della partecipante e le residue lire 400 devono essere iscritte, in sede di approvazione del bilancio, in una riserva non distribuibile. Se la società disponesse di altre riserve distribuibili, da queste potrebbero essere prelevati eventuali dividendi.

Nel caso invece:

– valore della produzione2.600- costi della produzione(2.000)- differenza(600)- rivalutazione partecipazione1.000- utile d’esercizio1.600

Detto utile, per la parte corrispondente alla plusvalenza da metodo del patrimonio netto, deve essere accantonato dall’assemblea a riserva non distribuibile, mentre per le residue lire 600 è liberamente distribuibile.

E’ evidente che prima dell’iscrizione a riserva non distribuibile, ricorrendone i presupposti, il 5 per cento dell’utile d’esercizio deve essere accantonato a riserva legale (art. 2430 cod. civ.).

f”) Metodo del patrimonio netto con rappresentazione solo patrimoniale (allowed alternative treatment). – L’utile della partecipata, debitamente rettificato, viene iscritto, a titolo di plusvalenza derivante dall’applicazione del metodo del patrimonio netto, ad aumento della posta «Immobilizzazioni finanziarie: participazioni» (B.III.1.a oppure b), con contestuale iscrizione per pari importo di una riserva denominata «Riserva non distribuibile da rivalutazione delle partecipazioni», o dizione simile, nell’ambito delle «Altre riserve» di cui alla voce A.VII del passivo dello stato patrimoniale. Detta riserva è utilizzabile dall’assemblea della partecipante, a partire dalla data di approvazione del bilancio, per la copertura della perdita dell’esercizio o di esercizi precedenti o futuri.

La perdita della partecipata, debitamente rettificata, viene imputata al conto economico della partecipante tra le «rettifiche di valore di attività finanziarie: svalutazioni: di partecipazioni» (D.19.a) e porta ad una corrispondente riduzione della posta «Immobilizzazioni finanziarie: partecipazioni» (B.III.1.a oppure b) [17].

Si riprendono gli esempi numerici indicati per illustrare il benchmark.

1a ipotesi2a ipotesivalore della produzione2.0002.600costi della produzione(2.600)(2.000)risultato d’esercizio(600)600

ferma restando, in ambedue le ipotesi, l’iscrizione nella voce Partecipazione di una plusvalenza da patrimonio netto di 1.000, direttamente portata ad apposita «Altra riserva».

Nella prima ipotesi la perdita d’esercizio potrà essere coperta mediante utilizzo della plusvalenza iscritta nelle Altre riserve: la plusvalenza si ridurrà così a lire 400. Nella seconda ipotesi l’utile di L. 600 è liberamente distribuibile, mentre l’intera plusvalenza deve essere mantenuta nelle Altre riserve e non è distribuibile.

Si noti che, al termine di ambedue i metodi (economico o solo patrimoniale) di contabilizzazione della plusvalenza da metodo del patrimonio netto, coincidono gli importi iscritti a riserva non distribuibile, le perdite coperte e gli utili distribuibili. La preferenza è decisamente per il metodo economico o integrale in quanto esso permette alla partecipante di rappresentare nello stato patrimoniale il patrimonio netto della partecipata, rettificato per riflettere il maggior costo sostenuto, e nel conto economico il risultato d’esercizio della partecipata, anch’esso rettificato, e quindi consente una rappresentazione completa dell’investimento; il metodo solo patrimoniale dà invece una rappresentazione parziale dell’investimento medesimo.

3.3.g) TRATTAMENTO DEI DIVIDENDI

g’) I dividendi distribuiti dalla partecipata costituiscono per la partecipante componenti positivi di reddito. Tuttavia, se erano stati già rilevati dalla partecipante quali utili prodotti dalla partecipata, essi non possono essere imputati nel conto economico, pena un’evidente duplicazione.

Occorre pertanto distinguere l’ipotesi in cui sia stato applicato il metodo di contabilizzazione nel conto economico (benchmark) da quella in cui abbia trovato applicazione il metodo di rappresentazione solo patrimoniale (allowed alternative treatment).

Nel primo caso i dividendi, rilevati quali crediti verso imprese controllate o collegate (poste C.II.2 oppure 3) al momento della delibera di distribuzione, devono essere portati per pari importo a riduzione della corrispondente voce «Partecipazioni»; in sostanza la voce «Partecipazioni», a suo tempo incrementata degli utili della partecipata, diventa attivo circolante per la parte esigibile di tali utili. Nel secondo caso, poiché gli utili prodotti dalla partecipata erano stati direttamente iscritti a riserva senza interessare il conto economico, all’atto della delibera della partecipata di distribuzione di dividendi, la partecipante imputerà al conto economico un «provento finanziario: da partecipazione» (voce C.15), a fronte del credito verso la partecipata, e contemporaneamente ridurrà per pari importo sia la posta Partecipazioni, sia le «Altre riserve: riserva indistribuibile».

Vale appena il caso di ricordare che i dividendi delle partecipazioni in società di capitali vanno contabilizzati secondo il principio di competenza al sorgere del relativo diritto di credito, sebbene esso non sia ancora esigibile per non essere spirato il giorno a partire dal quale i suddetti dividendi sono messi in pagamento.

Presso società controllanti, aventi pieno dominio sull’assemblea della controllata, si sta affermando la prassi di contabilizzare il dividendo della controllata già nell’esercizio in cui esso «matura»: ciò sulla base della proposta di distribuzione deliberata dagli amministratori della controllata, antecedente a quella degli amministratori della controllante che approvano il progetto di bilancio. Si ritiene che il trattamento contabile descritto sia corretto, in quanto fa prevalere la sostanza sulla forma.

g”) A norma dell’art. 56, co. 2, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 , gli utili derivanti dalla partecipazione in società di capitali «concorrono a formare il reddito d’impresa nell’esercizio in cui sono percepiti»; fiscalmente vengono, quindi, imputati con il criterio di cassa. Nell’esercizio in cui gli utili percepiti concorrono alla formazione del reddito imponibile, questo è aumentato del credito d’imposta, che viene altresì portato in detrazione dall’irpeg dovuta (artt. 14 , co. 2 e 4, e 92 , D.P.R. cit.).

Il codice civile (art. 2423 bis , co. 1, n. 3) e i principi contabili (in particolare il documento «Bilancio d’esercizio. Finalità e postulati») impongono, invece, che costi e ricavi – nessuno escluso – vengano imputati col criterio di competenza. In base a tale criterio ogni accadimento di gestione deve essere rilevato contabilmente nell’esercizio nel quale esso si verifica, e nello stesso esercizio sono rilevate tutte le variazioni patrimoniali, economiche e finanziarie correlate a tale accadimento. Pertanto, anche gli oneri tributari devono essere imputati al conto economico con il criterio di competenza; essi, cioè, devono essere riflessi nello stesso conto economico nel quale affluiscono costi e ricavi generati dagli accadimenti di gestione soggetti ad imposizione fiscale, ai quali detti oneri sono commisurati, ancorché il presupposto d’imposta venga dalla norma collegato ad un evento finanziario successivo: in fattispecie la percezione dell’utile [18].

Nell’esercizio nel quale viene deliberata la distribuzione dei dividendi da parte della società partecipata, ancorché essi potranno essere riscossi nell’esercizio successivo, la partecipante dovrà non solo contabilizzarli secondo quanto precedentemente esposto alla lett. a), a seconda del metodo utilizzato, ma considerare nello stesso esercizio i relativi effetti fiscali, quindi l’irpeg di competenza e il relativo credito d’imposta.

Un esempio chiarirà l’assunto; si ipotizzi, dopo che nell’esercizio x la partecipata ha evidenziato un utile rettificato di y, che nell’esercizio x + 1 essa deliberi la distribuzione di un dividendo di 320 alla partecipante, dividendo che verrà posto in pagamento nell’esercizio x + 2; si consideri inoltre che la partecipante, senza tenere conto dei dividendi, abbia un utile prima delle imposte di L. 1.000.

met.p.n. integr.met.p.n. patr.solo crit. fisc.utile prima delle imposte1.000 [19] 1.3201.000dividendi deliberati e imputati =(320)(320)imponibile ilor1.0001.0001.000dividendi delib. ma non percep.320320credito d’imposta 9/16180180utile che sarà soggetto ad irpeg1.5001.500irpeg sul redd. d’esercizio 37% [20]

(555)(555)credito d’imposta180180ilor sul redd. d’esercizio 16,2%(162)(162)imposte sul reddito d’esercizio(537)(537)utile prima delle imposte1.0001.320—

utile dell’esercizio463783reddito imponibile1.000imposte sul redd. imponib. 53,2%532imposte sul redd. d’esercizio(537)imposte differite [21]

(5)Nell’esercizio successivo (x + 2) i dividendi percepiti per 320 saranno assoggettati ad irpeg secondo il seguente conteggio:dividendi percepiti320credito d’imposta 9/16180imponibile irpeg500irpeg 37%(185)credito d’imposta180imposta dovuta (accantonata nel precedente eserc.)5 [22]

g”’) Se la partecipata possiede una partecipazione nella partecipante, legittimamente assunta nei limiti indicati all’art. 2359 bis , co. 1, Codice civile, e quest’ultima ha assegnato parte dei propri utili alla partecipata, riducendo così il proprio patrimonio netto, il risultato d’esercizio della partecipata – che comprende tali dividendi e che la partecipante assume nel proprio conto economico col metodo del patrimonio netto – non deve essere depurato dei suddetti dividendi. Essi vanno a reintegrare il patrimonio netto della partecipante.

3.3.h) VARIAZIONI DEL PATRIMONIO NETTO DELLA PARTECIPATA DI NATURA NON ECONOMICA

Se il patrimonio netto della partecipata aumenta, in conseguenza di contributi ricevuti in conto capitale o per rivalutazione monetaria disposta in forza di leggi speciali, o diminuisce, per riduzione del capitale sociale o distribuzione di riserve, in misura corrispondente dovrà essere rispettivamente aumentato o ridotto nello stato patrimoniale della partecipante il valore della partecipazione e quello della riserva indistribuibile.

Ovviamente tali variazioni non sono imputate nel conto economico della partecipante.

3.3.i) ADOZIONE DEL METODO DEL PATRIMONIO NETTO IN ESERCIZIO SUCCESSIVO A QUELLO D’ACQUISTO DELLA PARTECIPAZIONE

Si esamina ora il caso in cui la società intende modificare il criterio di valutazione ed adottare il metodo del patrimonio netto [23].

Si possono ipotizzare due fattispecie, a seconda che la partecipante disponga o meno della situazione patrimoniale (extracontabile), che è stata redatta all’atto di acquisto della partecipata tenendo conto del costo sostenuto, distribuito tra attività e passività, mediante rettifica dei valori contabili sulla base dei loro valori correnti, con la metodologia descritta nel precedente paragrafo 3.3.a .

i’) Nell’ipotesi in cui tale situazione patrimoniale (extracontabile) sia disponibile, la differenza fra costo di acquisto e valore contabile della partecipata deve essere trattata secondo quanto indicato nel precedente paragrafo 3.3.b ; ai risultati economici degli esercizi, a partire da quello dell’acquisto della partecipazione, vanno apportate le rettifiche indicate nel paragrafo 3.3.c [24]. Con questa metodologia la partecipante viene a disporre della situazione patrimoniale rettificata della partecipata alla data di chiusura dell’ultimo bilancio; in sostanza essa ottiene la situazione patrimoniale extracontabile che avrebbe redatto se avesse applicato fin dall’acquisto il metodo del patrimonio netto.

Da tale situazione può emergere o un valore del patrimonio netto della partecipata superiore al valore contabile della posta partecipazione – differenza positiva – o un valore inferiore – differenza negativa (v. figura seguente).

1a ipotesi2a ipotesi 1.200 1.000diff. positivadiff. negativa 800quota patrimonio netto partecipata (rettificato)voce partecipazione nella Partecipantequote patrimonio netto partecipata (rettificato)

Nell’ipotesi di differenza positiva (per es. patrimonio netto rettificato della partecipata 1200, valore di carico della partecipazione nella partecipante 1000) si è in presenza di una «plusvalenza», la quale dà luogo, nei conti della partecipante, ad un corrispondente aumento della posta «partecipazione» e, quale contropartita, all’iscrizione di una riserva non distribuibile [25]; indi la partecipante assumerà il risultato d’esercizio rettificato della partecipata secondo la metodologia descritta al paragrafo 3.3.f .

Nel caso di differenza negativa (per esempio, patrimonio netto rettificato della partecipata 800, valore di carico 1000), si è in presenza di una minusvalenza, attribuibile a risultati d’esercizio negativi della partecipata, che non hanno dato luogo ad una rettifica del costo per perdita durevole di valore; in tal caso, ancorché la rettifica non abbia avuto luogo in considerazione della previsione di temporaneità della perdita, il valore della partecipazione deve essere ridotto imputando a conto economico la conseguente svalutazione (voce D.19.d) [26].

i”) La partecipante, nell’ipotesi in cui non disponga della situazione patrimoniale extracontabile della partecipata redatta a valori correnti all’atto dell’acquisto, deve confrontare il valore contabile iscritto nella voce Partecipazioni all’inizio dell’esercizio col patrimonio netto della partecipata alla stessa data; tale patrimonio netto sarà stato previamente assoggettato alle rettifiche indicate al precedente paragrafo 3.3.c ai numeri 1-4 e 7.

Si possono presentare due ipotesi, a seconda che la differenza fra il patrimonio netto (rettificato) della partecipata e il valore contabile della partecipata iscritto nella voce «partecipazioni» del bilancio della partecipante sia positiva o negativa (vedasi figura riportata nella lett. i’) del presente paragrafo).

Nella prima ipotesi si traggono le medesime conclusioni tratte nella precedente lett. i’). Si è cioè in presenza di una plusvalenza, la quale dà luogo ad un corrispondente incremento della voce «partecipazioni» iscritta nelle «immobilizzazioni finanziarie» della partecipante e ad un corrispondente accredito delle riserve non distribuibili. In questo modo il patrimonio netto (rettificato) della partecipata coinciderà con la voce «partecipazioni» iscritta nello stato patrimoniale della partecipante.

Il risultato d’esercizio della partecipata verrà assunto dalla partecipante dopo le rettifiche conseguenti ad operazioni intersocietarie verificatesi durante l’esercizio (v. par. 3.3.c , n. 5).

Nella seconda ipotesi, la differenza è negativa (patrimonio netto extracontabile inferiore al valore di carico) e costituisce:

– una minusvalenza, attribuibile ai negativi risultati d’esercizio della partecipata non utilizzati per ridurre il costo della partecipazione nella supposizione di non essere in presenza di una perdita durevole, ed allora occorre svalutare la partecipazione stessa;

– o, allorché è comprovato che non può trattarsi di minusvalenza, un avviamento non ancora ammortizzato, e in questo caso esso va considerato quale rettifica extracontabile al bilancio di apertura della partecipata, cioè del bilancio di apertura dell’esercizio al termine del quale la partecipante ha deciso di passare dal criterio del costo a quello del patrimonio netto [27].

Ottenuta comunque la corrispondenza fra patrimonio netto eventualmente rettificato e valore di carico nella partecipante, questa assumerà il risultato d’esercizio della partecipata rettificato con le note tecniche del metodo qui esaminato.

3.3.l) ABBANDONO DEL METODO DEL PATRIMONIO NETTO

Il metodo del patrimonio netto deve essere abbandonato allorché la partecipante abbia perso l’influenza notevole sulla partecipata oppure quando la partecipazione non costituisca più un’immobilizzazione essendo stata iscritta nell’attivo circolante in previsione di una cessione a breve termine; può essere abbandonato anche nel caso in cui la partecipazione rappresenti un bene posseduto al solo scopo di trarre dall’investimento un utile di natura finanziaria in forma sistematica.

La modificazione dei criteri di valutazione non può invece essere arbitraria, in quanto i principi contabili tutelano l’uniformità dei criteri medesimi e la loro costante applicazione nel tempo [28].

Nel caso di giustificato abbandono del metodo del patrimonio netto, il valore risultante nel bilancio dell’esercizio precedente viene assunto quale valore di costo. Esso, nella determinazione del valore da iscrivere nel bilancio dell’esercizio in cui si verifica il cambiamento di criterio, viene ridotto per eventuali perdite durevoli di valore [29] se la partecipazione permane tra le immobilizzazioni finanziarie oppure viene confrontato con il valore corrente di mercato ai fini di adottare il minore dei due se la partecipazione è iscritta nell’attivo circolante.

Tuttavia, nell’ipotesi in cui l’abbandono del metodo del patrimonio netto sia giustificato dalla destinazione della partecipazione ad attivo circolante e il valore determinato in applicazione del suddetto metodo sia inferiore sia al prezzo di costo, sia al valore corrente desumibile da quotazioni regolamentate, è consentito iscrivere la partecipazione al valore corrente [30].

Sommario Principi contabili

Fonte: Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti

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