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Principi Contabili
Scritto da: Misterfisco

Lavori in corso su ordinazione La contabilizzazione dei lavori in corso su ordinazione nella legislazione civilistica e fiscale | Norme fiscali

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La normativa fiscale, ai fini delle imposte dirette, in materia di lavori in corso di esecuzione su ordinazione è sostanzialmente contenuta nel comma 5 dell’art. 59 del T.U.I.R. 22 dicembre 1986 n. 917 per quelli di durata infrannuale e nell’art. 60 del T.U.I.R. stesso, per quelli di durata ultrannuale.

Le disposizioni contenute nel comma 5 dell’art. 59 fanno riferimento a prodotti in corso di lavorazione e servizi in corso di esecuzione, anche se non su ordinazione, e per esse si rinvia al Documento Principi Contabili n. 13.

Diversa è la disciplina fiscale per le opere, forniture e servizi di durata ultrannuale, contenuta nell’art. 60 e di essa si pongono in luce, nel seguito, gli aspetti salienti.

I. CRITERI DI VALUTAZIONE E CLASSIFICAZIONE

L’art. 60 del T.U.I.R. dispone che ai fini della determinazione del reddito imponibile la valutazione dei lavori eseguiti, se di durata ultrannuale, sia fatta «sulla base dei corrispettivi pattuiti».

Il T.U.I.R. fa riferimento ad un sistema contabile impostato a costi, ricavi e rimanenze, laddove queste ultime costituiscono componenti di reddito negative come rimanenze iniziali e positive come rimanenze finali. Le rimanenze riflettono il valore delle opere eseguite fin dall’inizio di esecuzione del contratto, al netto delle opere valutate sulla base dei corrispettivi liquidati a titolo definitivo. I corrispettivi, quando a tale titolo liquidati, si comprendono nei ricavi d’esercizio, mentre quelli liquidati a titolo d’acconto vengono rilevati tra le passività.

Nella prassi talune società ritengono che la rilevazione, quale rimanenza, dell’intero ammontare dei lavori eseguiti non liquidati in via definitiva, al lordo degli acconti ricevuti, costituisca un semplice riferimento del legislatore fiscale e che quindi non rappresenti un presupposto necessario per l’applicazione della normativa in oggetto. Di conseguenza, considerati (specie nei contratti con la pubblica amministrazione) i tempi lunghi per la formale determinazione in via definitiva dei lavori eseguiti e la sostanziale certezza dei corrispettivi liquidati attraverso gli stati di avanzamento, viene spesso seguita, al fine di privilegiare la sostanza rispetto alla forma, la prassi di considerare il fatturato a titolo di acconto quale ricavo escludendolo naturalmente dalle rimanenze. Ciò naturalmente a condizione che i prospetti allegati alla dichiarazione dei redditi contengano le necessarie informazioni e si raccordino ai valori di bilancio.

Il quinto comma del medesimo art. 60, così come integrato dall’art. 9 del D.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42 , ammette che, in deroga a quanto sopra, i lavori in corso di esecuzione siano valutati al costo, alla duplice condizione che lo stesso criterio di valutazione sia adottato in bilancio per tutte le opere, forniture e servizi e che la richiesta di autorizzazione presentata dal contribuente all’Ufficio Imposte sia stata accolta positivamente ovvero per silenzio.

La normativa fiscale non fa alcun riferimento ai lavori di durata infrannuale, per i quali quindi è prevista la valutazione del costo.

II. METODOLOGIE DI APPLICAZIONE DEI CRITERI DI VALUTAZIONE

Valutazione sulla base dei corrispettivi pattuiti – a) La norma fiscale non precisa il metodo da adottare per determinare, rispetto al totale, il valore complessivo della parte dei lavori eseguita da rilevarsi come rimanenza finale, limitandosi ad indicare che, per la parte di essi coperta da stati di avanzamento, la valutazione è fatta in base ai corrispettivi liquidati.

Come indicato nella risoluzione 9/2492 del 31 gennaio 1981 , che appare applicabile anche alla normativa del T.U.I.R. del 1986, il contribuente «dovrà desumere, in base agli elementi in suo possesso, la quantità di lavoro eseguito». A tal fine il Ministero chiarisce che può essere adottata una qualsivoglia metodologia, purché rispecchi il principio contenuto nella legge di delega, in base al quale la determinazione dei redditi derivanti dall’esercizio di imprese commerciali va effettuato determinando il reddito imponibile secondo i principi di competenza economica e purché vengano chiaramente illustrati i criteri adottati. Al riguardo il Ministero chiarisce altresì che in alcuni casi possono essere soddisfacenti alcuni metodi di determinazione quali quello basato sulla rilevazione della percentuale delle opere (o della parte di opere) effettivamente eseguite, o quello basato sui costi sostenuti rispetto al totale.

b) L’art. 60 del T.U.I.R. dispone che «delle maggiorazioni di prezzo richieste in applicazione di disposizioni di legge o di clausole contrattuali si tiene conto, finché non siano state definitivamente stabilite, in misura non inferiore al 50 per cento.

Tali disposizioni non sono innovative rispetto a quelle precedenti, rispetto alle quali alcune circolari e risoluzioni ministeriali avevano precisato che:

– Le maggiorazioni di prezzo in questione comprendono quelle richieste a titolo di revisione prezzi, di riserve, di maggiori corrispettivi per aumenti o variazioni delle opere ordinati dal committente durante l’esecuzione dei lavori, o per qualsiasi altro titolo che trovi il suo fondamento in clausole contrattuali o in disposizioni di legge aventi carattere integrativo alla disciplina pattizia. Tali maggiorazioni devono essere computate in misura non inferiore al 50 per cento se risultano semplicemente richieste oppure devono essere contabilizzate tra i ricavi al 100 per cento se già definitivamente accettate dal committente [1].

– Per converso, le richieste di maggiorazione di prezzo che non trovano fondamento in clausole contrattuali o in disposizioni di legge aventi carattere integrativo della disciplina pattizia assumono rilevanza fiscale se e quando vengano accettate dal committente.

c) Il valore che si viene a determinare secondo quanto indicato ai precedenti punti a) e b) può essere ridotto per rischio contrattuale, a giudizio del contribuente, in misura non superiore al 2 per cento elevato al 4 per cento per opere eseguite all’estero, se i corrispettivi sono dovuti da non residenti.

La riduzione della valutazione, nei limiti anzidetti, appare consentita a condizione ovviamente, che esse venga contabilizzata nel bilancio e non è soggetta ad un giudizio di congruità da parte dell’Amministrazione Finanziaria in ordine all’esistenza ed alla concretezza dei relativi rischi contrattuali.

d) L’ammontare dei corrispettivi proporzionalmente corrispondenti al valore complessivo, al netto delle somme riscosse, concorre alla determinazione dell’accantonamento per rischio di cambi, ancorché tali corrispettivi non siano contabilizzati come crediti nel bilancio.

Valutazione al costo – Per la determinazione del costo si può ritenere vada fatto riferimento a quanto disposto per la valutazione dei beni alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa (art. 76 del T.U.I.R.).

III. ALLEGATI ALLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI

Il n. 6 dell’art. 60 del T.U.I.R. prevede che «alla dichiarazione dei redditi deve essere allegato, distintamente per ciascuna opera, fornitura o servizio, un prospetto recante l’indicazione degli estremi del contratto, delle generalità e della residenza del committente, della scadenza prevista, degli elementi tenuti a base per la valutazione e della collocazione di tali elementi nei conti dell’impresa». Il contenuto e le modalità di compilazione di tale prospetto sono illustrate nella circolare n. 36/9/1918 del 22 settembre 1982 .

Sommario Principi contabili

Fonte: Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti

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