D.I) PRINCIPI GENERALI
I principi base di valutazione delle immobilizzazioni materiali in un sistema a costi storici sono i seguenti:
D.I.a) Il valore originario di un’immobilizzazione materiale è costituito dal costo per l’impresa come di seguito definito. Esso include tutti i costi relativi all’acquisizione del cespite nel luogo e nelle condizioni di utilità, affinché esso costituisca bene duraturo per l’impresa.
Il valore di bilancio di un’immobilizzazione materiale può comprendere rivalutazioni del costo – come innanzi definito – se queste vengono effettuate in applicazione di leggi speciali [1]. I criteri di rivalutazione, le metodologie di applicazione ed i limiti di rivalutazione debbono conformarsi a quanto stabilito dalla legge speciale da cui la rivalutazione trae origine, nei limiti del valore recuperabile tramite l’uso (D.I.g e D.XIII). Non sono, invece, ammesse rivalutazioni effettuate al di fuori dell’applicazione di leggi speciali [2].
La rivalutazione delle immobilizzazioni materiali (a differenza del recupero di valore conseguente al venir meno delle ragioni di una precedente svalutazione) non costituisce componente del conto economico, ma deve essere accreditata alle riserve di patrimonio netto nell’esercizio in cui viene effettuata (voce A.III, “Riserve di rivalutazione”).
D.I.b) I conti accesi ai cespiti devono riflettere l’investimento nei beni in funzionamento o in costruzione. Tale obiettivo si raggiunge stabilendo degli oculati criteri di capitalizzazione, di rilevazione dei cespiti sostituiti e di stralcio dei cespiti alienati o rimossi. Tali criteri devono essere applicati rispettando il principio della competenza.
Un’accurata e chiara distinzione deve essere fatta fra oneri che costituiscono costi capitalizzabili come immobilizzazioni e spese che, se pur collegate con gli immobilizzi, rappresentano spese di competenza del periodo (ad esempio, riparazione e manutenzione ordinaria). I costi capitalizzabili sono soltanto quelli che si sostengono per l’acquisizione di nuovi cespiti (costi originari) o per apportare migliorie, modifiche, ristrutturazioni o rinnovamenti a cespiti esistenti (costi sostenuti durante il periodo in cui l’impresa ha la proprietà dei cespiti), sempre che si concretizzino in un incremento significativo e misurabile di capacità o di produttività o di sicurezza, ovvero prolunghino la “vita utile” dei vari cespiti.
Nel caso le modificazioni di cespiti preesistenti comportino l’eliminazione di una parte significativa del cespite originario e dalla loro sostituzione consegua un significativo e misurabile incremento di capacità o di produttività o di sicurezza, il costo e l’ammortamento relativi alla parte eliminata devono essere stornati dai conti. (D.III, D.IV e D.VI).
D.I.c) Il valore di un cespite esistente che include costi relativi a migliorie, modifiche, ristrutturazioni o rinnovamenti non può eccedere il valore recuperabile tramite l’uso, come definito nei successivi paragrafi D.I.g e D.XIII, per un’impresa in condizioni di funzionamento.
D.I.d) Il valore dei cespiti costruiti in economia ed il valore dei cespiti già esistenti, che include costi relativi a variazioni strutturali rilevanti effettuate in economia, non possono eccedere il loro prezzo di mercato (D.II.b).
D.I.e) Il valore dei cespiti deve essere rettificato dagli ammortamenti. L’ammortamento è un costo e deve essere stanziato in relazione alla residua possibilità di utilizzazione dei cespiti (intesa, secondo i principi contabili, come vita utile dei cespiti stessi) con un metodo sistematico e razionale indipendente dai risultati conseguiti nell’esercizio. (D.XI).
D.I.f) Le immobilizzazioni materiali destinate ad essere mantenute nell’organizzazione permanente dell’impresa vanno valutate al costo, comprensivo delle eventuali rivalutazioni (D.I.a), rettificato dai relativi ammortamenti (valore netto contabile) finché vi è evidenza che tale valore netto contabile potrà essere recuperato tramite l’uso. Quando si rilevano sintomi che facciano prevedere difficoltà di recupero del valore netto contabile, è necessario accertare se si è verificata una perdita duratura di valore. In tal caso, va rilevata una svalutazione e le immobilizzazioni vanno esposte al valore recuperabile tramite il loro uso, come definito per un’impresa in condizioni di funzionamento (D.XIII).
D.I.g) Le immobilizzazioni materiali destinate all’alienazione, quelle obsolete ed in generale quelle non più utilizzate o utilizzabili nel ciclo produttivo vanno valutate al minor valore tra il valore netto contabile e il valore netto di realizzo (D.XIII).
I principi generali di valutazione qui enunciati vengono trattati nei paragrafi successivi.
D.II) I VALORI ORIGINARI DA ISCRIVERE IN BILANCIO
I valori originari delle immobilizzazioni materiali da iscrivere in bilancio sono, salvo alcuni casi particolari che verranno trattati in modo specifico, i loro costi di acquisizione. Tale costo rappresenta, infatti, il valore economicamente corretto attribuibile alle immobilizzazioni materiali al momento della loro acquisizione, e, di conseguenza, la base per poter determinare le quote di ammortamento per la durata della loro vita utile [3]. Gli oneri finanziari vengono trattati in una sezione separata di questo documento (D.V).
D.II.a) Acquisto [4]
1. Il valore originario è comprensivo del costo di acquisto, degli oneri accessori d’acquisto e di tutti quegli eventuali altri oneri che l’impresa deve sostenere affinché l’immobilizzazione possa essere utilizzata.
2. Il costo di acquisto è rappresentato dal prezzo effettivo d’acquisto, di solito rilevato dal contratto o dalla fattura.
L’IVA non costituisce un elemento di costo, ma un credito verso l’erario, salvo il caso di IVA indetraibile. La capitalizzazione del costo aggiuntivo sostenuto a causa di acquisti di immobilizzazioni materiali in regime di IVA indetraibile è consentita nei limiti in cui l’aggiunta di tale costo al prezzo di acquisto non faccia sì che si ecceda il valore recuperabile tramite l’uso del bene. Gli sconti commerciali [5] si portano a riduzione del costo. Gli eventuali sconti cassa vengono di solito accreditati al conto economico tra i proventi finanziari a meno che non siano di ammontare rilevante, nel qual caso devono essere portati a riduzione del prezzo di acquisto.
3. Gli oneri accessori d’acquisto comprendono tutti quegli eventuali altri oneri che l’impresa deve sostenere perché l’immobilizzazione possa essere utilizzata, esclusi gli oneri finanziari (per i quali vedasi D.V .). Rientrano, pertanto, fra i costi capitalizzabili i costi di trasporto, d’installazione, ecc.
4. Alcuni oneri accessori d’acquisto che concorrono a formare il valore originario e in quanto tali capitalizzabili sono, a titolo esemplificativo:
a) “Fabbricati”
– spese notarili per la redazione dell’atto di acquisto
– tasse per la registrazione dell’atto
– onorari per la progettazione dell’immobile
– costi per opere di urbanizzazione primaria e secondaria poste dalla legge obbligatoriamente a carico del proprietario
– compensi di mediazione
b) “Impianti e macchinario”
– spese di progettazione
– trasporti
– dazi su importazione
– spese di installazione
– spese ed onorari di perizie e collaudi
– spese di montaggio e posa in opera
– spese di messa a punto
c) “Mobili”
– trasporto
– dazi su importazione
5. Nel caso in cui oggetto di acquisto sia un’unità economico-tecnica, come per esempio uno stabilimento, può accadere che il prezzo si riferisca all’intera unità presa nel suo complesso e si pone il problema di determinare i valori delle singole immobilizzazioni che la compongono, al fine di distinguere le immobilizzazioni soggette ad ammortamento da quelle che non lo sono, nonché, per le prime, individuare la diversa durata della loro vita utile. In tal caso, i valori delle singole immobilizzazioni devono essere determinati in base ai prezzi di mercato, tenendo conto dello stato delle immobilizzazioni acquisite rispetto allo stato delle immobilizzazioni equivalenti, i cui eventuali prezzi di mercato costituiscono parametro di riferimento. La somma dei valori così attribuiti alle singole immobilizzazioni materiali potrebbe risultare superiore o inferiore al prezzo dell’intera unità economico-tecnica. Se risulta superiore occorrerà procedere ad una riduzione di tali valori su base proporzionale, al fine di ragguagliare l’ammontare complessivo dei valori delle varie immobilizzazioni al prezzo dell’intera unità. Ciò in conformità al principio generale per cui il valore originario delle immobilizzazioni non può eccedere il loro costo.
Se, invece, la somma dei valori attribuibili alle diverse immobilizzazioni risulta inferiore al prezzo dell’intera unità, la differenza va in aumento proporzionale ai valori di mercato delle singole immobilizzazioni [6], in quanto trattasi di un costo realmente sostenuto, sempre che la trattativa sia avvenuta tra parti indipendenti ed il valore sia recuperabile tramite l’uso (D.XIII).
D.II.b) Costruzioni in economia
1. Il valore originario deve comprendere tutti quei costi relativi alle costruzioni che l’impresa deve sostenere perché l’immobilizzazione possa essere utilizzata (vedasi la definizione disposta dall’art. 2426 CC, richiamata a pag. 8 del documento).
2. I cespiti totalmente o parzialmente costruiti in economia dall’impresa che svolge tale attività in modo continuativo con un apposito reparto vanno valutati al costo di fabbricazione inclusivo dei costi diretti (materiale e mano d’opera diretta, spese di progettazione, costi per forniture esterne, ecc.) e di una quota parte delle spese generali di fabbricazione, la quale è soggetta alle stesse regole per la determinazione della quota attribuibile alle rimanenze di magazzino.
Nel caso in cui l’attività di costruzione in economia abbia carattere occasionale, è accettabile escludere dalla valutazione le spese generali di produzione. Nel caso in cui l’attività di costruzione in economia abbia il detto carattere occasionale e venga capitalizzata una quota di spese generali di produzione, detta quota va determinata in modo da includere solo la parte dei costi che vengono sostenuti proprio in conseguenza del lavoro di costruzione, escludendo i normali costi o spese di periodo che verrebbero comunque sostenuti dall’impresa indipendentemente dalla costruzione in economia.
3. I costi di natura straordinaria, quali quelli relativi a scioperi, incendi o eventi connessi a calamità naturali (quali ad esempio: le alluvioni, i terremoti, ecc.), sostenuti durante la costruzione dei cespiti, non costituiscono costi capitalizzabili, bensì vengono addebitati al conto economico dell’esercizio in cui si sono verificati.
4. I cespiti costruiti in economia solitamente rappresentano impianti speciali di cui non esiste mercato. Se i cespiti sono anche disponibili sul mercato la valutazione si effettua al minore tra costo e prezzo di mercato.
D.II.c) Permuta [7]
1. Come regola generale, la permuta di un’immobilizzazione materiale con un’altra, qualora nell’aspetto sostanziale rappresenti un’operazione di acquisto-vendita, va effettuata sulla base dei valori di mercato dei beni permutati. Il valore di mercato del bene ricevuto in permuta rappresenta il valore da iscrivere in bilancio per il bene ricevuto. Il valore di mercato del bene dato in permuta rappresenta il valore con cui si determina l’utile o la perdita sul bene dato in permuta.
2. Vi sono dei casi in cui la permuta di un’immobilizzazione non rappresenta nell’aspetto sostanziale una compravendita, ma costituisce un mezzo per procurare la disponibilità di un bene simile, cioè avente analoghe caratteristiche funzionali, senza l’obiettivo del conseguimento di un ricavo. In tali casi, il valore originario dell’immobilizzazione acquisita deve essere tenuto pari al valore contabile dell’immobilizzazione ceduta, come nel caso di permuta di un’immobilizzazione materiale destinata alla produzione contro una similare immobilizzazione materiale da destinarsi anch’ essa alla produzione. Ciò naturalmente purché tale valore sia determinato in modo conforme a quanto statuito nel presente documento. Nel caso in cui l’immobilizzazione ceduta fosse sopravvalutata (o sottovalutata) a motivo di inadeguati (o eccessivi) ammortamenti occorre procedere alla determinazione del valore dell’immobilizzazione acquisita in base ai principi contabili statuiti nel presente documento. Tale tipo di permuta solitamente non costituisce un vero e proprio procedimento di compravendita [8].
D.II.d) Immobilizzazioni materiali acquisite a titolo gratuito
Le immobilizzazioni materiali acquisite in tutto o in parte a titolo gratuito (ad esempio, tramite donazioni) debbono essere iscritte all’attivo patrimoniale al momento in cui il titolo di proprietà delle stesse si trasferisce all’impresa.
Se alla data di bilancio il titolo di proprietà non è stato ancora legalmente trasferito all’impresa, le immobilizzazioni ricevute a titolo gratuito vengono iscritte tra i conti d’ordine.
Le immobilizzazioni materiali ricevute a titolo gratuito debbono essere valutate in base al presumibile valore di mercato attribuibile alle stesse alla data di acquisizione, al netto degli oneri e dei costi – sostenuti e da sostenere – affinché le stesse possano essere durevolmente ed utilmente inserite nel processo produttivo dell’impresa. Il valore netto così determinato viene rilevato come provento straordinario, alla voce E.20 del conto economico; inoltre, se tale valore è rilevante, deve esserne data adeguata illustrazione nella nota integrativa.
Le immobilizzazioni materiali ricevute a titolo gratuito vengono ammortizzate con i medesimi criteri statuiti per le immobilizzazioni materiali acquisite a titolo oneroso.
D.II.e) Acquisizione di un’immobilizzazione materiale dando a parziale pagamento un’altra immobilizzazione materiale
Un’immobilizzazione materiale acquistata dando a parziale pagamento un’altra immobilizzazione materiale va valutata al suo valore di mercato, ossia al prezzo che si sarebbe pagato in una normale operazione d’acquisto (cioè senza che l’altra immobilizzazione fosse data a parziale pagamento). Sull’alienazione del bene dato a parziale pagamento va riconosciuto l’utile o la perdita.
D.II.f) Acquisizione di immobilizzazioni materiali durante la fase organizzativa e di avvio d’impresa
I principi di valutazione delle immobilizzazioni materiali acquisite durante la fase organizzativa e di avvio d’impresa coincidono con i principi enunciati con riferimento all’acquisizione di immobilizzazioni materiali nel corso di svolgimento della gestione corrente [9].
D.III) AMPLIAMENTO, AMMODERNAMENTO O MIGLIORAMENTO DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI DI UN’IMMOBILIZZAZIONE
I costi rivolti all’ampliamento, ammodernamento o miglioramento degli elementi strutturali di un’immobilizzazione, incluse, quindi, le modifiche e le ristrutturazioni effettuate in modo da aumentarne la rispondenza agli scopi per cui essa era stata acquisita, sono capitalizzabili se essi si traducono in un aumento significativo e misurabile di capacità o di produttività o di sicurezza o di vita utile. Nel caso in cui tali costi non producano i predetti effetti vanno considerati manutenzione ordinaria e conseguentemente addebitati al conto economico.
Variazioni rilevanti apportate a cespiti già esistenti a seguito delle predette operazioni comportano un’attenta valutazione dei costi ad esse relativi per determinare la parte che va capitalizzata e quella che va invece considerata manutenzione. In alcuni casi, tale valutazione può essere complessa e richiedere, quindi, l’ausilio di una perizia tecnica. Inoltre, le variazioni apportate a cespiti già esistenti possono comportare l’eliminazione di una parte significativa del cespite originario. In tal caso, si rende necessario effettuare lo storno del relativo costo e ammortamento per evitare una duplicazione di valori. Anche in questo caso, l’identificazione della parte eliminata e del relativo costo possono presentare difficoltà e richiedere, quindi, l’ausilio di una perizia tecnica.
Il valore risultante del cespite, se esso è destinato a far parte dell’organizzazione permanente dell’impresa, non può eccedere il valore recuperabile tramite l’uso (D.XIII), come definito per le imprese in funzionamento.
D.IV) RINNOVAMENTI
Il rinnovo comporta una sostituzione e può avere per oggetto un’immobilizzazione materiale che di per sè costituisca un’unità tecnico-contabile. La sostituzione di una siffatta immobilizzazione comporta la capitalizzazione del costo di acquisizione della nuova unità, mentre il valore netto contabile dell’unità sostituita deve essere stornato addebitando o accreditando l’eventuale minusvalenza o plusvalenza al conto economico.
Il rinnovo può, tuttavia, avere per oggetto una parte soltanto di un’immobilizzazione materiale. In questo caso i costi sostenuti, se hanno lo scopo di mantenere l’integrità originaria, costituiscono spese di manutenzione ordinaria, altrimenti rientrano, solo per la parte incrementativa, tra i costi di cui al precedente D.III.
D.V) ONERI FINANZIARI
Gli oneri finanziari di solito costituiscono spese dell’esercizio e vanno imputati direttamente al conto economico dell’esercizio in cui maturano [10].
Poiché le immobilizzazioni materiali costituiscono beni destinati all’organizzazione permanente delle imprese e producono redditi solo quando sono in funzione, gli oneri finanziari sostenuti per la loro acquisizione (acquisto e costruzione) possono essere capitalizzati nel valore da attribuire alle immobilizzazioni materiali nelle fattispecie e con i limiti che seguono. Va sottolineato che la capitalizzazione degli oneri finanziari non costituisce un mezzo di differimento di perdite e pertanto deve essere effettuata con oculatezza e nel rispetto delle condizioni e dei limiti qui di seguito indicati:
a) La capitalizzazione si riferisce agli interessi passivi sostenuti per capitali presi a prestito specificamente per l’acquisizione di immobilizzazioni.
b) Gli interessi capitalizzabili sono solo quelli maturati durante il “periodo di costruzione”. Tale termine viene qui usato per designare il periodo che va dall’esborso dei fondi ai fornitori dei beni e servizi relativi ai cespiti fino al momento in cui il cespite è pronto per l’uso; tale periodo include anche il tempo di montaggio e messa a punto, sempre che tali tempi siano normali.
Se scioperi, inefficienza od altre cause protraggono la costruzione oltre il periodo normale, gli oneri finanziari relativi al maggior tempo non possono essere capitalizzati, ma costituiscono costi del periodo in cui sono stati sostenuti.
Il tempo che intercorre tra l’esborso dei fondi al fornitore e il momento in cui il cespite è pronto per l’uso, deve ovviamente essere significativo. Gli interessi relativi all’acquisizione di routine dei cespiti vanno di solito esclusi dalla capitalizzazione poiché il “periodo di costruzione” è relativamente breve. Se la costruzione di un cespite viene effettuata a stadi, gli interessi sono capitalizzabili per il “periodo di costruzione” di ciascuno stadio considerato separatamente dagli altri.
c) Il finanziamento è stato realmente utilizzato per l’acquisizione dei cespiti [11]. Nel caso in cui per il pagamento di immobilizzazioni materiali vengano utilizzati finanziamenti a breve, i quali di solito sono usati per finanziare le operazioni correnti, la determinazione della quota di finanziamento utilizzata per il pagamento dei cespiti si presenta complessa, in quanto non è possibile cogliere con immediatezza la relazione tra investimenti e relativi finanziamenti. In tal caso, l’impresa deve determinare con ragionevole approssimazione tramite appositi strumenti amministrativi, tra i quali i prospetti finanziari di flussi, l’ammontare di tali finanziamenti a breve utilizzati per il pagamento dei cespiti.
Ai fini di tale determinazione, va tenuto presente che le condizioni di equilibrio finanziario presuppongono che i finanziamenti a breve siano utilizzati per investimenti a breve e che i mezzi propri ed i finanziamenti a medio e lungo termine, con tale sequenza, siano destinati a finanziare prioritariamente le attività immobilizzate. Nel caso in cui l’impresa intenda capitalizzare gli oneri finanziari derivanti da finanziamenti a breve utilizzati per il pagamento di cespiti, che sono investimenti a lungo, la determinazione dell’ammontare di tali finanziamenti a breve deve essere effettuata rispettando la predetta sequenza.
Nel caso l’acquisizione dei cespiti sia effettuata parte con specifici prestiti a medio e lungo termine e parte con finanziamenti a breve, si deve assumere come sequenza che le acquisizioni dei cespiti sono state effettuate prima con i finanziamenti a medio e lungo termine specificatamente assunti per l’acquisizione delle immobilizzazioni e la parte residua con i finanziamenti a breve. Non è accettabile, ai fini del calcolo degli interessi da capitalizzare, considerare i finanziamenti a breve a fronte delle acquisizioni di cespiti in presenza di finanziamenti a medio e lungo termine specificatamente assunti a tal fine e non utilizzati o utilizzati per le operazioni di gestione corrente.
d) Il tasso d’interesse da utilizzarsi per la capitalizzazione è quello dell’interesse realmente sostenuto per il finanziamento a medio e lungo termine utilizzato per il pagamento delle immobilizzazioni materiali. Nel caso i finanziamenti a medio e lungo termine abbiano tassi diversi può essere appropriato usare la media ponderata dei tassi e per il periodo di costruzione indicato al punto b).
Sebbene nel caso in cui vengano utilizzati finanziamenti a breve sia accettabile usare il tasso dell’interesse realmente sostenuto, è più appropriato utilizzare il tasso del mercato per finanziamenti a medio o lungo termine, se minore di quello a breve, e considerare la differenza un costo dell’esercizio. Ciò in quanto l’utilizzo di finanziamenti a breve per investimenti a lungo è un elemento di squilibrio finanziario.
e) Gli utili e le perdite derivanti dall’oscillazione dei cambi relativi alla liquidazione dei costi sostenuti per l’acquisizione di immobilizzazioni materiali in base ad operazioni condotte in valuta estera, costituiscono rispettivamente proventi ed oneri di natura finanziaria – in quanto conseguenti a scelte discrezionali operate dalla direzione dell’impresa circa le modalità di liquidazione dei costi pattuiti per l’acquisto – e sono, pertanto, ininfluenti ai fini della determinazione del costo originario della immobilizzazione materiale.
Rispetto a tale norma generale, tuttavia, nel caso in cui le perdite su cambi derivino da contratti di finanziamento a medio o lungo termine in moneta estera specificamente stipulati per l’acquisizione di immobilizzazioni materiali, e tali perdite si riferiscano al cosiddetto “periodo di costruzione” dell’immobilizzazione stessa, è ammesso che dette perdite siano assimilate agli oneri finanziari sostenuti per l’acquisizione e, quindi, capitalizzate ad incremento del valore del cespite con un trattamento contabile similare a quello indicato in precedenza per gli interessi passivi.
Il caso, invece, degli utili su cambi relativi all’acquisto di immobilizzazioni materiali, rientra nella fattispecie generale oggetto di trattazione in un altro documento specifico.
f) Il valore, inclusivo dell’interesse, del cespite che è destinato a far parte dell’organizzazione permanente dell’impresa, non può superare il valore recuperabile tramite l’uso, come definito per le immobilizzazioni materiali di un’impresa in condizioni di funzionamento nella sezione D.XIII di questo documento.
Pertanto, l’impresa deve effettuare uno studio da cui risulti che la capitalizzazione degli interessi sostenuti è attuabile, in quanto si può ragionevolmente prevedere, sulla base degli elementi disponibili, che tale maggior costo potrà essere recuperato tramite flussi sufficienti di ricavi. Ovviamente tale studio, il cui approfondimento e formalizzazione dipenderanno dalla rilevanza degli oneri finanziari rispetto al bilancio di una data impresa, assume importanza determinante nel caso di imprese in situazioni di persistenza di perdite.
D.VI) MANUTENZIONI E RIPARAZIONI
a) Nel paragrafo D.I.b) è indicato che chiare distinzioni devono essere effettuate fra oneri che costituiscono costi capitalizzabili come immobilizzi e spese che, pur collegate con gli immobilizzi, rappresentino spese di periodo, come la riparazione e manutenzione ordinaria.
Costi di “manutenzione” sono quelli sostenuti per mantenere in efficienza le immobilizzazioni materiali onde garantire la loro vita utile prevista, nonché la capacità e la produttività originarie; costi di “riparazione” sono quelli sostenuti per porre riparo a guasti e rotture. Le manutenzioni possono essere oggetto di programmazione in dipendenza dei programmi di utilizzazione delle immobilizzazioni. Le riparazioni non possono essere programmate, ma, entro certi limiti, possono essere ragionevolmente previste.
Le manutenzioni e riparazioni, da un punto di vista pratico, costituiscono un’unica classe di costi afferenti le immobilizzazioni, identificate con il nome di “manutenzioni”, che, congiuntamente alle quote di ammortamento, concorrono ad esprimere il contributo che le immobilizzazioni offrono al raggiungimento dei risultati d’esercizio.
In pratica, si fa spesso riferimento alla distinzione tra manutenzione ordinaria e manutenzione straordinaria. La prima è quella costituita dalle manutenzioni e riparazioni menzionate nei paragrafi precedenti, che rappresentano spese di natura ricorrente che si sostengono per pulizia, verniciatura, riparazione, sostituzione di parti deteriorate dall’uso, ecc., spese, cioè, che servono a mantenere i cespiti in un buono stato di funzionamento. Le spese di manutenzione ordinaria costituiscono costi dell’esercizio in cui sono state sostenute.
La seconda è costituita da costi che comportano un aumento significativo e tangibile di produttività o di vita utile del cespite e, pertanto, tali costi rientrano tra quelli capitalizzabili.
Poiché tale distinzione rientra in quella più ampia tra spese capitalizzabili o meno, di cui al paragrafo D.I.b), è opportuno utilizzare il termine “manutenzione” per riferirsi solo alla manutenzione ordinaria ed in sostituzione del termine generico di manutenzione straordinaria utilizzare il termine più appropriato del lavoro svolto: miglioramento, ampliamento, modifiche, sostituzioni, ecc.
b) I materiali per manutenzione, esclusi i pezzi di ricambio trattati separatamente, includono spesso materiali di basso costo unitario e di uso ricorrente che vengono rilevati come spese al tempo dell’acquisto in quanto hanno un carico a conto economico similare nel tempo ed il costo del controllo amministrativo sarebbe antieconomico rispetto al valore del materiale stesso. I materiali di consumo di maggior costo vengono invece capitalizzati tra le rimanenze di magazzino, nel qual caso si devono seguire i principi contabili per esse statuiti.
D.VII) PEZZI DI RICAMBIO
Il criterio di contabilizzazione dei pezzi di ricambio dipende dalla rilevanza degli ammontari, dalle quantità giacenti, dalla loro velocità di rotazione, dai programmi di approvvigionamento, dagli utilizzi per i vari cespiti, ecc. Il criterio di capitalizzazione seguito deve però assicurare il rispetto dei postulati di bilancio e dei principi contabili relativi alle immobilizzazioni materiali ed alle rimanenze di magazzino.
I pezzi di ricambio possono classificarsi in:
– Pezzi di basso costo unitario e basso valore totale e di uso ricorrente. Essi vengono solitamente rilevati come spese al tempo dell’acquisto. Trattasi cioè di pezzi che originano un carico pressoché costante al conto economico, in accordo con l’art. 2426, n. 12 CC, e il cui valore a fine esercizio non è significativo. Per essi, infatti, il costo del controllo amministrativo analitico sarebbe antieconomico rispetto al valore complessivo del materiale stesso.
– Pezzi di ricambio di rilevante costo unitario e di uso non ricorrente che costituiscono però una dotazione necessaria dell’impianto. Trattasi di pezzi solitamente non usati per lungo tempo, e talvolta mai usati, ma che è necessario mantenere per assicurare la continuità di funzionamento dell’impianto. Tali materiali vanno classificati tra le immobilizzazioni materiali e ammortizzati sulla vita del cespite cui si riferiscono, o sulla loro vita utile basata su una stima dei tempi di utilizzo, se inferiore.
– Pezzi di rilevante costo unitario e di uso molto ricorrente. Trattasi cioè di pezzi che verranno utilizzati in breve tempo, ma che a fine esercizio hanno valore globale significativo e, pertanto, vengono capitalizzati. Tali pezzi vengono inclusi tra le rimanenze di magazzino e scaricati in base al consumo e devono seguire i principi contabili delle rimanenze di magazzino.
D.VIII) RIVALUTAZIONE DELLE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI
Le immobilizzazioni materiali possono essere rivalutate solo nei casi in cui leggi speciali, generali o di settore lo richiedano o lo permettano. Non sono ammesse rivalutazioni discrezionali o volontarie delle immobilizzazioni materiali ovvero rivalutazioni che non derivino dall’applicazione di leggi speciali [12].
I criteri seguiti per procedere alla rivalutazione, le metodologie adottate per la sua applicazione ed i limiti entro cui la rivalutazione viene effettuata devono conformarsi a quanto stabilito dalla legge speciale in base alla quale la rivalutazione viene effettuata.
Se la legge speciale non stabilisce criteri, metodologie e limiti da adottare per effettuare la rivalutazione, tutti questi elementi debbono comunque essere determinati in conformità al principio generale di rappresentazione veritiera e corretta del bilancio.
La rivalutazione di un’immobilizzazione materiale trova il suo limite massimo nel valore d’uso dell’immobilizzazione stessa che non può in nessun caso essere superato [13]. Il valore d’uso delle immobilizzazioni oggetto di rivalutazione deve essere oggettivamente determinato, con le medesime modalità applicabili all’accertamento della congruità del costo originario (D.I.g. e D.XIII).
La rivalutazione di un’immobilizzazione materiale non può avere l’effetto di modificare la stimata residua vita utile del bene cui viene applicata, che prescinde dal valore economico del bene (D.XI.3). L’ammortamento dell’immobilizzazione materiale rivalutata deve continuare ad essere determinato coerentemente con i criteri precedentemente applicati al costo originario della medesima.
L’effetto netto della rivalutazione (ad esempio, la rivalutazione del costo originario dell’immobilizzazione materiale dedotto l’importo della corrispondente rivalutazione degli ammortamenti) non costituisce elemento di ricavo e, pertanto, viene accreditato in apposita voce delle riserve di patrimonio netto, alla voce A.III “Riserve di rivalutazione”.
D.IX) PERDITA DI IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI O RIPARAZIONI DI DANNI AD IMMOBILIZZAZIONI DOVUTE AD EVENTI INDIPENDENTI DALL’IMPRESA
Le immobilizzazioni materiali perdute per incendio od altri eventi indipendenti dall’impresa vanno considerate come alienate e va, pertanto, riconosciuta la sopravvenienza passiva che emerge da tale evento tra gli Oneri straordinari (voce E 21). A fronte di tale perdita, l’impresa rileverà come sopravvenienza attiva tra i Proventi straordinari (voce E 20) l’eventuale rimborso di terzi (ad esempio, il risarcimento del danno da parte di un assicuratore). Se il terzo, a seguito dell’evento, reintegra il cespite perduto con un cespite similare o equivalente (allo stesso stato d’uso, di funzionalità, ecc.) non va rilevata alcuna sopravvenienza.
I costi sostenuti per l’acquisizione del nuovo cespite vanno capitalizzati, mentre le spese sostenute per riparare i danni provocati dai predetti eventi alle immobilizzazioni vanno addebitate al conto economico.
D.X) FONDI DI RINNOVAMENTO
L’inflazione fa sì che la sostituzione di un’immobilizzazione materiale, che costituisca un’unit? tecnico-contabile, comporti generalmente costi di importo superiore a quelli sostenuti originariamente per l’acquisizione dell’immobilizzazione. Per far fronte a tali maggiori costi, si ritiene opportuno talvolta accantonare con addebiti a conto economico (oltre alle normali quote di ammortamento del costo di acquisizione di un’immobilizzazione) anche delle quote di “rinnovamento” e così costituire un particolare fondo destinato a coprire la differenza di costo tra immobilizzazione nuova ed immobilizzazione vecchia.
Il problema delle conseguenze della progressiva diminuzione del potere d’acquisto della moneta sui bilanci delle imprese costituir? oggetto di uno specifico documento. Va, però, rilevato che la costituzione di fondi di rinnovamento mediante accantonamenti a carico dell’esercizio contrasta con i postulati di un bilancio di esercizio in un sistema contabile a valori storici, in quanto non si può ammortizzare un costo che non sia stato ancora sostenuto. La necessit? di far fronte ai maggiori oneri derivanti dalla progressiva perdita di potere d’acquisto della moneta dovrebbe piuttosto essere tenuta presente in sede di deliberazione circa la destinazione dell’utile d’esercizio costituendo apposite riserve di utile nell’ambito del patrimonio netto, le quali dovrebbero quindi essere denominate “riserve per il rinnovamento impianti” o con dizioni similari, ma non fondi.
Diversa è, invece, la situazione di fondi rinnovamento che vengono stanziati da imprese che allo scadere di concessioni devono devolvere gli impianti gratuitamente ed in perfette condizioni di funzionamento. In tali situazioni, si rende necessario addebitare al conto economico quelle quote necessarie per assicurare la costituzione di un fondo che consenta di ripristinare gli impianti allo stato in cui devono essere restituiti. Tali stanziamenti vanno effettuati sulla base di elementi oggettivi e valida documentazione (perizie tecniche, ecc.) e vanno iscritti tra i Fondi per rischi e oneri – Altri [14].
D.XI) AMMORTAMENTO [15]
1. L’ammortamento, in un sistema contabile a valori storici, è la ripartizione del costo (come definito nel codice civile) di un’immobilizzazione materiale (per l’ammortamento dei fabbricati civili vedi D.XI.5) tra gli esercizi della sua stimata vita utile.
Esso non costituisce un procedimento di valutazione dei cespiti nè un procedimento per creare fondi per la sostituzione dell’immobilizzazione materiale.
L’ammortamento deve essere sistematico, e la quota imputata a ciascun esercizio deve riferirsi alla residua possibilit? di utilizzazione dell’immobilizzazione. La sistematicit? è definita nel piano di ammortamento, che deve essere funzionale alla residua possibilit? di utilizzazione dell’immobilizzazione. A tal fine, la redazione del piano richiede la conoscenza dei seguenti elementi:
a) valore da ammortizzare;
b) residua possibilit? di utilizzazione;
c) criteri di ripartizione del valore da ammortizzare.
2. Valore da ammortizzare: il valore da ammortizzare è la differenza tra il costo dell’immobilizzazione, determinato secondo i principi contabili enunciati in questo documento, e il suo presumibile valore residuo al termine del periodo di vita utile. Il valore residuo dell’immobilizzazione al termine del periodo di vita utile deve essere aggiornato periodicamente dopo essere stato stimato al momento della preparazione del piano di ammortamento in base ai prezzi realizzabili sul mercato attraverso la cessione di immobilizzazioni simili sia per le loro caratteristiche tecniche sia per il processo di utilizzazione cui sono state sottoposte. Tale valore va considerato al netto delle spese di rimozione. Detto valore di realizzo è spesso così esiguo rispetto al valore da ammortizzare che di esso non si tiene conto [16].
3. Residua possibilit? di utilizzazione: la residua possibilit? di utilizzazione è legata non alla “durata fisica” delle immobilizzazioni, bensì alla loro “durata economica”, cioè al periodo in cui si prevede che il cespite sar? di utilit? per l’impresa. Tale periodo è normalmente inferiore alla “durata fisica” e deve essere ragionevolmente stimato sulla base dei seguenti fattori:
– deterioramento fisico legato al trascorrere del tempo;
– grado di utilizzo;
– esperienza relativa alla durata economica dei cespiti sia dell’impresa, sia del settore industriale in cui questa opera;
– stime dei produttori del cespite;
– perizie;
– obsolescenza, sia del cespite (ricorrenza dei cambiamenti tecnologici, nuove tecnologie prevedibili al momento della stima, ecc.) sia del prodotto per cui viene adoperato;
– correlazione con altri cespiti: se un cespite viene acquisito per migliorare un altro cespite originario, ma non ne prolunga in modo apprezzabile la vita, il nuovo cespite deve essere ammortizzato sulla residua possibilit? di utilizzazione del cespite originario;
– piani aziendali per la sostituzione dei cespiti;
– fattori ambientali;
– condizioni di utilizzo, quali i turni di produzione, il corretto utilizzo, il livello tecnico del personale addetto, i luoghi di utilizzo (aperti o chiusi, umidi o asciutti) ecc.;
– politiche di manutenzione e riparazione: un’inadeguata manutenzione può ridurre la durata economica del cespite, una manutenzione diligente può prolungarla, ma non indefinitamente;
– fattori economici o legali che impongono limiti all’uso del cespite [17].
Poiché la residua possibilit? di utilizzazione dei cespiti è la risultante di vari fattori, l’ammortamento è un costo ricorrente che va registrato nella sua interezza anche se l’impresa ha subito una perdita o se il cespite non è stato sfruttato nei volumi previsti.
Il piano inizialmente predisposto deve prevedere un suo riesame periodico per verificare che non siano intervenuti cambiamenti tali da richiedere una modifica delle stime effettuate nella determinazione della residua possibilit? di utilizzazione. Se quest’ ultima va modificata, il valore contabile dell’immobilizzazione (valore originario al netto degli ammortamenti fino a quel momento effettuati) al tempo di tale cambiamento va ripartito sulla nuova vita utile residua del cespite [18], e tale modifica deve essere motivata nella nota integrativa.
4. Criteri di ripartizione del valore da ammortizzare: i criteri di ammortamento devono assicurare una razionale e sistematica imputazione del valore dei cespiti durante la stimata vita utile dei medesimi [19].
Come gi? richiamato, l’avverbio “sistematicamente” non richiede necessariamente l’applicazione del metodo a quote costanti, con esclusione di quello a quote decrescenti; tuttavia, il metodo preferibile per il calcolo dell’ammortamento rimane il primo. Esso si fonda sull’ipotesi semplificatrice che l’utilit? del bene oggetto di ammortamento si ripartisce nella stessa misura su ogni anno di vita utile del bene stesso. Il metodo di ammortamento a quote costanti è il più diffuso, di facile applicazione e facilita il processo di interpretazione dei bilanci agevolandone i confronti. L’ammortamento a quote costanti è ottenuto ripartendo il valore da ammortizzare per il numero degli anni di vita utile.
I metodi a quote decrescenti si basano sull’ipotesi che l’impresa tragga dalle immobilizzazioni una maggiore utilit? nei primi anni della loro vita, sia perché la loro efficienza tecnica tende a diminuire con il passare del tempo, sia perché i costi di manutenzione tendono ad aumentare per il processo di invecchiamento dei cespiti stessi. Tali metodi permettono di ammortizzare circa i due terzi del valore originario di un’immobilizzazione nella prima met? della sua vita utile e comunque rispettano l’ammortamento totale lungo la durata di vita utile del cespite [20].
Vi sono due procedimenti per l’applicazione della metodologia a quote decrescenti. Il primo procedimento, detto “logaritmico”, consiste nell’applicare la percentuale ottenuta da una formula [21] sul valore contabile netto del cespite all’inizio del periodo per determinare la quota di ammortamento del periodo. Poiché la percentuale è applicata sul valore contabile netto all’inizio di ogni periodo e non sul valore originario da ammortizzare, si originano quote di ammortamento decrescenti.
Con il secondo procedimento, detto “aritmetico” (o “americano”), il tasso d’ammortamento da applicare al valore originario in ciascun esercizio è pari al rapporto tra il numero di anni residui di vita utile (con riferimento all’inizio dell’esercizio in considerazione) e la somma dei numeri che rappresentano gli anni dell’intera vita utile stimata del cespite [22].
Per alcune categorie di immobilizzazioni (presenti soprattutto nelle industrie estrattive, minerarie e petrolifere) potrebbe essere più opportuno calcolare l’ammortamento con il metodo “a quote variabili in base ai volumi di produzione”. Questo metodo consiste nell’attribuire a ciascun esercizio la quota di ammortamento di competenza determinata dal rapporto tra le quantit? prodotte nell’esercizio e le quantit? di produzione totale prevista durante l’intera vita utile della immobilizzazione.
Anche il criterio di ammortamento prescelto deve essere riesaminato qualora non più rispondente alle condizioni originarie previste nel piano di ammortamento; eventuali modifiche devono essere, come richiesto dalla normativa vigente, motivate nella nota integrativa.
5. Fabbricati civili [23]: i fabbricati civili aventi carattere accessorio rispetto a quelli strumentali e indirettamente strumentali all’impresa sono assimilati ai fabbricati industriali e conseguentemente debbono essere ammortizzati. I fabbricati civili rappresentanti un’altra forma di investimento possono non essere ammortizzati, tuttavia se ammortizzati il piano di ammortamento deve rispondere alle medesime caratteristiche delle altre immobilizzazioni materiali.
6. Inizio dell’ammortamento: l’ammortamento inizia nel momento in cui il cespite è disponibile e pronto per l’uso. La regola di utilizzare la met? dell’aliquota normale d’ammortamento per i cespiti acquistati nell’anno è accettabile se la quota d’ammortamento ottenuta non si discosta significativamente dalla quota calcolata a partire dal momento in cui il cespite è disponibile e pronto per l’uso.
7. Cespiti da ammortizzare: tutti i cespiti vanno assoggettati ad ammortamento salvo i fabbricati civili, nel caso in cui si eserciti la facolt? prevista al punto precedente, e quei cespiti la cui utilit? non si esaurisce, come i terreni. Tuttavia, nel caso in cui il valore dei fabbricati incorpori anche quello dei terreni sui quali essi insistono, il valore dei terreni va scorporato ai fini dell’ammortamento sulla base di stime. In quei casi, invece, in cui il terreno ha un valore in quanto vi insiste un fabbricato, se lo stesso viene meno il costo di bonifica può azzerare verosimilmente quello del terreno, con la conseguenza che anch’ esso va ammortizzato.
8. I cespiti completamente ammortizzati, ma ancora funzionanti, devono essere esposti in nota integrativa con evidenziazione del costo originario e degli ammortamenti accumulati.
9. L’ammortamento va calcolato anche sui cespiti temporaneamente non utilizzati. L’ammortamento va sospeso invece per i cespiti che non verranno utilizzati per lungo tempo, obsoleti o da alienare; il valore di tali cespiti dovr? essere ridotto a quello di netto realizzo.
10. Le migliorie apportate ai beni immobili di terzi, presi in affitto dall’impresa, vanno ammortizzate nel più breve periodo scelto tra quello in cui le migliorie stesse possono essere utilizzate e quello di durata residua dell’affitto. Se esistono situazioni obiettive che fanno ritenere che il contratto sar? rinnovato, anche il periodo di rinnovo deve essere considerato nel determinare la durata dell’ammortamento, sempre che la maggior durata dell’affitto sia inferiore al periodo di previsto utilizzo delle migliorie.
D.XII) ALIENAZIONI
Per le immobilizzazioni materiali che vengono alienate è necessario effettuare:
1. L’accreditamento al conto immobilizzazioni per il valore di carico contabile dell’immobilizzazione ceduta.
2. L’addebitamento al corrispondente fondo ammortamento del valore ammortizzato, ossia della parte di fondo ammortamento che si riferisce al cespite ceduto.
3. L’addebitamento al conto finanziario del prezzo del cespite ceduto.
4. L’imputazione al conto economico dell’eventuale differenza tra valore residuo e valore di eliminazione, che costituisce la perdita subita ovvero l’utile realizzato.
D.XIII) RECUPERABILITA’ DEI VALORI DELLE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI
1) I postulati del bilancio d’esercizio concorrono a stabilire che i costi possono essere sospesi e registrati tra le attivit? se si può ragionevolmente prevedere, sulla base degli elementi disponibili, che tali costi verranno recuperati tramite l’uso o la vendita dei beni o servizi cui essi si riferiscono; in altri termini, deve esservi l’aspettativa che l’impresa ricever? utilit? o benefici futuri da tali costi [24].
2) Le immobilizzazioni materiali destinate ad essere mantenute nell’organizzazione permanente dell’impresa vanno valutate al costo rettificato dal relativo ammortamento (valore netto contabile), finché vi è evidenza che tale valore netto contabile potr? essere recuperato tramite l’uso.
Quando sussistono sintomi che facciano prevedere difficolt? per il recupero del valore netto contabile tramite l’uso, è necessario accertare se si sia verificata una perdita durevole di valore, che va rilevata tramite una svalutazione.
La necessit? di effettuare una svalutazione del valore delle immobilizzazioni materiali può derivare da errori di progettazione o di costruzione, ovvero da cambiamenti tecnologici, da cambiamenti dei prodotti ecc. Possono, cioè, determinarsi particolari situazioni in cui l’utilit? o funzionalit? delle immobilizzazioni materiali risulti menomata per l’impresa in base alla destinazione delle medesime (cioè l’uso o l’alienazione), per cui è ragionevole prevedere che: 1) per le immobilizzazioni materiali in uso, i flussi di ricavi dell’impresa non saranno sufficienti durante la vita utile residua dei cespiti a coprire tutti i costi e le spese incluso il relativo ammortamento, ovvero 2) per le immobilizzazioni destinate ad essere alienate, il valore netto contabile non potr? essere realizzato tramite la vendita.
In base al principio generale della prudenza, le perdite connesse ai predetti eventi debbono essere rilevate in bilancio al momento in cui si possono ragionevolmente prevedere. Le situazioni problematiche vengono di solito messe in evidenza da vari sintomi quali: eccesso di capacit? produttiva, mancato sfruttamento degli impianti, perdite ricorrenti, ecc.
Dette situazioni vanno vagliate attentamente.
La decisione della svalutazione deve essere oculata e documentata. La svalutazione va effettuata quando esistono obiettive condizioni di irrecuperabilit? del valore del cespite.
Il fatto che un’impresa sia stata per pochi esercizi in perdita non significa necessariamente che il valore dei cespiti non possa essere recuperato, nè d’altra parte la svalutazione deve essere effettuata con lo scopo di aumentare artificiosamente i risultati degli esercizi futuri. In ogni caso, la svalutazione deve risultare da uno studio documentato basato su elementi oggettivi (perizie di esperti, piani futuri di impiego delle immobilizzazioni materiali, ecc.). Uno studio di tale natura va effettuato anche in una situazione di persistenza delle perdite, a supporto del fatto che non si rende necessario apportare la svalutazione in quanto si prevede che trattasi di una situazione transitoria, ovvero si rende opportuno posporre la decisione della svalutazione, in quanto le condizioni del momento non sono tali da poter far concludere che ci si trova di fronte ad una diminuzione duratura di valore [25].
Allorché dallo studio emerga che la svalutazione deve essere effettuata, il valore residuo in bilancio dopo la svalutazione dei cespiti che verranno mantenuti come parte dell’organizzazione permanente dell’impresa sar? il valore recuperabile tramite l’uso (e non un valore arbitrariamente inferiore), cioè quel valore che, sulla base degli elementi disponibili, si può ragionevolmente prevedere potr? essere recuperato tramite flussi di ricavi dell’impresa sufficienti a coprire tutti i costi e le spese, incluso l’ammortamento.
Se le immobilizzazioni materiali sono destinate all’alienazione, esse vanno valutate al minore tra il valore netto contabile ed il valore netto di realizzo, cioè al minor valore che potr? essere realizzato dall’alienazione, al netto di tutti i costi per smantellamento, ecc. (valore netto di realizzo). Tale trattamento contabile si applica a tutti i cespiti obsoleti ed in generale ai cespiti non più utilizzati o utilizzabili nel ciclo produttivo.
Qualora in un periodo successivo a quello in cui si sia operata una svalutazione si evidenzi che i motivi della svalutazione stessa sono venuti meno, il valore svalutato non può essere mantenuto in bilancio, ma deve essere ripristinato totalmente o parzialmente il valore di costo eliminando gli effetti conseguenti la svalutazione. Il ripristino di valore va iscritto nel conto economico tra i Proventi e oneri straordinari alla sottoclasse 20 – Proventi.
D.XIV) IMBALLAGGI DA RIUTILIZZARSI
Gli imballaggi da riutilizzarsi, se di ammontare rilevante, vanno capitalizzati ed ammortizzati sulla base della loro vita utile. Va, altresì, effettuato uno stanziamento basato su elementi oggettivi e documentabili anche per la parte che si prevede non verr? restituita dalla clientela [26].
D.XV) TEMPO DI RILEVAZIONE DEI COSTI DA CAPITALIZZARE, DELLE ALIENAZIONI, DELLE SVALUTAZIONI E DEGLI AMMORTAMENTI
I costi da capitalizzare, le alienazioni, le svalutazioni e gli ammortamenti vanno rilevati secondo il principio della competenza.
D.XVI) COSTANZA DI APPLICAZIONE DEI PRINCIPI E DEI METODI DI VALUTAZIONE DELLE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI
La capitalizzazione dei costi e lo stanziamento degli ammortamenti devono essere effettuati nel tempo con costanza di applicazione dei principi.
Quando tali principi ed i relativi criteri, metodi e procedimenti di applicazione vengono cambiati nell’ambito di quelli enunciati in questo documento, detti cambiamenti devono essere appropriatamente contabilizzati [27]. La nota integrativa deve motivare la deroga, consentita in casi eccezionali, e indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.
Il trattamento contabile del cambiamento dei criteri costituir? oggetto di un documento separato. Va, tuttavia, anticipato che il cambiamento della vita utile dei cespiti per avvenuti mutamenti nelle condizioni originarie di stima (D.XI.3) costituisce un cambiamento di stime contabili che sono necessarie nel procedimento formativo del bilancio; esso ha natura diversa dal cambiamento dei principi contabili. I cambiamenti di stime contabili che hanno effetto su una pluralit? di esercizi comportano la motivazione e l’indicazione nella nota integrativa del fatto del cambiamento e dell’effetto, se significativo, della diversa quota di ammortamento sul risultato dell’esercizio in cui il cambiamento è avvenuto.