La principale normativa fiscale, per quanto concerne gli aspetti trattati in questo documento, viene qui di seguito brevemente richiamata.
NORME GENERALI SULLE VALUTAZIONI
1. Il criterio generale di valutazione delle immobilizzazioni materiali è il costo. Tale criterio è desumibile dal primo comma dell’art. 76 del DPR 22-12-1986, n. 917 , il quale stabilisce che:
«1. Agli effetti delle norme del presente capo che fanno riferimento al costo dei beni senza disporre diversamente:
a) il costo è assunto al lordo delle quote di ammortamento già dedotte e degli eventuali contributi;
b) si comprendono nel costo anche gli oneri accessori di diretta imputazione, esclusi gli interessi passivi e le spese generali. Tuttavia per i beni materiali ed immateriali strumentali per l’esercizio dell’impresa si comprendono nel costo, fino al momento della loro entrata in funzione e per la quota ragionevolmente imputabile ai beni medesimi, gli interessi passivi relativi alla loro fabbricazione, interna o presso terzi, nonché gli interessi passivi sui prestiti contratti per la loro acquisizione, a condizione che siano imputati nel bilancio ad incremento del costo stesso. Nel costo di fabbricazione si possono aggiungere con gli stessi criteri anche i costi diversi da quelli direttamente imputabili al prodotto; per gli immobili alla cui produzione è diretta l’attività dell’impresa si comprendono nel costo gli interessi passivi sui prestiti contratti per la loro costruzione o ristrutturazione;
c) il costo dei beni rivalutati s’intende comprensivo delle plusvalenze iscritte nello stato patrimoniale che hanno concorso a formare il reddito o che per disposizione di legge non concorrono a formarlo nemmeno in caso di successivo realizzo».
A norma dell’art. 76, comma 4, DPR n. 917/1986, «in caso di mutamento totale o parziale dei criteri di valutazione, il contribuente deve darne comunicazione all’ufficio delle imposte nella dichiarazione dei redditi o in apposito allegato». Il successivo comma 6 stabilisce:
«La rettifica da parte dell’ufficio delle valutazioni fatte dal contribuente in un esercizio ha effetto anche per gli esercizi successivi. L’ufficio tiene conto direttamente delle rettifiche operate e deve procedere a rettificare le valutazioni relative anche agli esercizi successivi». Le surriportate disposizioni, quali «norme generali sulle valutazioni» dei redditi di impresa, trovano applicazione in qualsiasi tipo di valutazione dei beni materiali, compresi quindi gli ammortamenti.
AMMORTAMENTO
1. Per quanto concerne gli ammortamenti ordinari, oltre a quanto detto nel precedente punto 1, i primi due commi dell’art. 67 del DPR n. 917/1986 , citato, stabiliscono che:
«1. Le quote di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali per l’esercizio dell’impresa sono deducibili a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene.
2. La deduzione è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro delle finanze pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ridotti alla metà per il primo esercizio. I coefficienti sono stabiliti per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi».
Il DM 31-12-1988 fornisce i coefficienti massimi d’ammortamento per settore d’impresa e, nell’ambito di tale settore, per tipo di cespite.
Inoltre, il quarto comma dello stesso articolo 67 stabilisce che:
«4. Se in un esercizio l’ammortamento è fatto in misura inferiore a quella massima indicata nel comma 2 le quote di ammortamento relative alla differenza sono deducibili negli esercizi successivi, fermi restando i limiti di cui ai precedenti commi. Tuttavia se l’ammortamento fatto in un esercizio è inferiore alla metà della misura massima il minore ammontare non concorre a formare la differenza ammortizzabile, a meno che non dipenda dalla effettiva minore utilizzazione del bene rispetto a quella normale del settore».
2. La legislazione fiscale ammette ammortamenti accelerati e ammortamenti anticipati. Il citato art. 67, al terzo comma, stabilisce infatti che:
«3. La misura massima indicata nel comma 2 può essere superata in proporzione alla più intensa utilizzazione dei beni rispetto a quella normale del settore. La misura stessa può essere elevata fino a due volte, per ammortamento anticipato nell’esercizio in cui i beni sono entrati in funzione per la prima volta e nei due successivi, a condizione che l’eccedenza, se nei rispettivi bilanci non sia stata imputata all’ammortamento dei beni, sia stata accantonata in apposita riserva che agli effetti fiscali costituisce parte integrante dell’ammortamento; nella ipotesi di beni già utilizzati da parte di altri soggetti, l’ammortamento anticipato può essere eseguito dal nuovo utilizzatore soltanto nell’esercizio in cui i beni sono entrati in funzione. Con decreto del Ministro delle finanze, la indicata misura massima può essere variata, in aumento o in diminuzione, nei limiti di un quarto, in relazione al periodo di utilizzabilità dei beni in particolari processi produttivi. Le quote di ammortamento stanziate in bilancio dopo il completamento dell’ammortamento agli effetti fiscali non sono deducibili e l’apposita riserva concorre a formare il reddito per l’ammontare prelevato dall’imprenditore o distribuito ai soci o imputato a capitale in eccedenza alle quote non dedotte».
3. Il quinto comma dell’art. 67 citato afferma che:
«5. In caso di eliminazione di beni non ancora completamente ammortizzati dal complesso produttivo, il costo residuo è ammesso in deduzione».
4. Inoltre, al sesto comma dell’articolo citato, si stabilisce che:
«6. Per i beni il cui costo unitario non è superiore a 1 milione di lire è consentita la deduzione integrale delle spese di acquisizione nell’esercizio in cui sono state sostenute».
5. Per quanto riguarda le manutenzioni, il settimo comma del citato art. 67 dispone quanto segue:
«7. Le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili; per le imprese di nuova costituzione il limite percentuale si calcola, per il primo esercizio, sul costo complessivo quale risulta alla fine dell’esercizio; per i beni ceduti nel corso dell’esercizio la deduzione spetta in proporzione alla durata del possesso ed è commisurata, per il cessionario, al costo di acquisizione. L’eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi. Per specifici settori produttivi possono essere stabiliti, con decreto del Ministro delle finanze, diversi criteri e modalità di deduzione. Resta ferma la deducibilità nell’esercizio di competenza dei compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni, del cui costo non si tiene conto nella determinazione del limite percentuale sopra indicato».
REGISTRO BENI AMMORTIZZABILI
Le società, gli enti e gli imprenditori commerciali indicati nel primo comma dell’art. 13 del DPR 29-9-1973, n. 600 devono compilare il registro dei beni ammortizzabili entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione (art. 16, DPR n. 600/1973 ).
I commi dal secondo al quinto dell’art. 16 del DPR n. 600/1973 stabiliscono:
«Nel registro devono essere indicati, per ciascun immobile e per ciascuno dei beni iscritti in pubblici registri, l’anno di acquisizione, il costo originario, le rivalutazioni, le svalutazioni, il fondo di ammortamento nella misura raggiunta al termine del periodo d’imposta precedente, il coefficiente di ammortamento effettivamente praticato nel periodo d’imposta, la quota annuale di ammortamento e le eliminazioni dal processo produttivo.
Per i beni diversi da quelli indicati nel comma precedente le indicazioni ivi richieste possono essere effettuate con riferimento a categorie di beni omogenee per anno di acquisizione e coefficiente di ammortamento. Per i beni gratuitamente devolvibili deve essere distintamente indicata la quota annua che affluisce al fondo di ammortamento finanziario.
Se le quote annuali di ammortamento sono inferiori alla metà di quelle risultanti dall’applicazione dei coefficienti stabiliti ai sensi del secondo comma dell’art. 67 del DPR 917/86, il minor ammontare deve essere distintamente indicato nel registro dei beni ammortizzabili.
I costi di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione di cui al settimo comma del citato art. 67, che non siano immediatamente deducibili, non si sommano al valore dei beni cui si riferiscono ma sono iscritti in voci separate del registro dei beni ammortizzabili a seconda dell’anno di formazione».
Stabilisce l’art. 75, comma 6, DPR n. 917/1986 , che i componenti negativi di reddito, «di cui è prescritta la registrazione in apposite scritture contabili ai fini delle imposte sui redditi, non sono ammessi in deduzione se la registrazione è stata omessa o eseguita irregolarmente, salvo che si tratti di irregolarità meramente formali».
PERMUTA
Dispone l’art. 54, comma 2, DPR n. 917/1996 , con riferimento alla cessione dei cosiddetti beni strumentali, che «se il corrispettivo della cessione è costituito da beni ammortizzabili e questi vengono iscritti in bilancio allo stesso valore al quale si erano iscritti i beni ceduti si considera plusvalenza soltanto il conguaglio in denaro eventualmente pattuito».
PLUSVALENZE TASSABILI IN PIU’ ESERCIZI
Il quarto comma dell’art. 54 del DPR n. 917/1986 stabilisce, fra l’altro, che le plusvalenze realizzate mediante le cessioni a titolo oneroso di beni patrimoniali o il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni, concorrono a formare il reddito per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate ovvero, se i beni sono stati posseduti per un periodo non inferiore a tre anni, a scelta del contribuente, in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto.
CONTRIBUTI A FONDO PERDUTO
L’art. 55 del DPR n. 917/1986 , richiamando il precedente art. 53, comma 1, lett. e) ed f) , stabilisce, fra l’altro, che sono considerate sopravvenienze attive i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, esclusi i contributi spettanti in base a contratto e i contributi in conto esercizio spettanti a norma di legge esclusivamente in conto esercizio.
Tali proventi concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui sono stati incassati o in quote costanti nell’esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi ma non oltre il nono; tuttavia il loro ammontare, nel limite del 50% e se accantonato in apposita riserva, concorre a formare il reddito nell’esercizio e nella misura in cui la riserva sia utilizzata per scopi diversi dalla copertura di perdite d’esercizio o i beni ricevuti siano destinati all’uso personale o familiare dell’imprenditore, assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.
In base all’art. 76, comma 1, lett. a), del DPR n. 917/1986 l’ammortamento va calcolato sul costo al lordo degli eventuali contributi.