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Principi Contabili
Scritto da: Misterfisco

Titoli e partecipazioni Principi contabili | I. Titoli

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1. DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE

Una corretta classificazione dei titoli è fondamentale per una altrettanto corretta attribuzione di valore agli stessi; infatti la prima costituisce premessa alla seconda per la correlazione esistente nella fattispecie tra le due operazioni.

La classificazione contabile dei titoli nel comparto immobilizzato o non immobilizzato deve essere fondata su un criterio di distinzione di tipo «funzionale».

Essa è, di conseguenza, strettamente connessa con le decisioni degli amministratori, avuto riguardo ai programmi che intendono attuare nell’esercizio o negli esercizi successivi. Ne segue che appartengono alla categoria delle immobilizzazioni i titoli destinati, sempre per decisione degli amministratori, ad essere mantenuti nel patrimonio aziendale quale investimento durevole sino alla loro naturale scadenza; mentre specularmente appartengono alla categoria delle attività finanziarie non immobilizzate i titoli che, sempre per scelta degli amministratori, sono destinati ad essere negoziati [1].

E’ opportuno precisare che nelle scelte e decisioni per la iscrizione di un titolo in un comparto, piuttosto che nell’altro, non è significativo il fatto che l’acquisizione dei titoli rientri, o meno, tra le attività previste dallo statuto della società.

La qualificazione di un titolo come appartenente alla categoria delle «attività finanziarie immobilizzate» è subordinata perciò unicamente ad una decisione espressa in tal senso da parte degli amministratori.

Un titolo a reddito fisso di durata pluriennale, pur essendo duraturo per natura, può non esserlo per destinazione, mentre la natura può trovare conferma nella destinazione, in quanto il titolo è detenuto in forza di un vincolo contrattuale.

Un’obbligazione convertibile in azioni, mantenuta in portafoglio in vista di trasformarla in partecipazione immobilizzata, è duratura per natura e al tempo stesso per destinazione.

Considerata la delicatezza del problema insito nella scelta relativa alla classificazione, per gli effetti economici che ne possono derivare, la decisione deve essere basata su ragionevoli e fondate previsioni che il titolo non sarà negoziato o riscosso entro breve tempo, come sarà chiarito nei successivi paragrafi 6.2 e 6.4 .

Nell’assunzione della decisione devono essere considerati, tra gli altri, gli eventuali vincoli sul titolo, le condizioni di mercato, la capacità dell’azienda di mantenere stabile l’investimento.

In ogni caso, la decisione e la conseguente iscrizione in bilancio di un titolo tra le attività finanziarie immobilizzate deve risultare da una decisione dell’organo di amministrazione e deve essere appropriatamente motivata nella nota integrativa.

In coerenza con quanto sopra è da ritenere corretto che, in relazione alle proprie strategie aziendali, gli amministratori, nel rispetto del criterio della destinazione economica, destinino un portafoglio di titoli della medesima specie in parte ad investimento duraturo, ossia vincolato alle condizioni produttive, in parte ad attivo circolante, in quanto destinato alla negoziazione.

Poiché la classificazione dei titoli tra i valori «immobilizzati» e «non immobilizzati» può determinare l’adozione di criteri diversi di valutazione e, ancora, poiché uno dei postulati del bilancio richiede la costanza nel tempo dei criteri di classificazione e di valutazione, gli amministratori non possono «scegliere» la classificazione al solo scopo di attuare politiche di bilancio finalizzate ad un determinato risultato d’esercizio.

Il cambiamento di destinazione non può essere perciò deciso dagli amministratori a loro piacimento; può essere giustificato solo quando sono venute meno le ragioni che avevano indotto gli stessi amministratori ad immobilizzare un titolo, o viceversa.

Più precisamente: è possibile il trasferimento dei titoli da «immobilizzati» a «non immobilizzati» in un esercizio rispetto al precedente per effetto del verificarsi di situazioni non ricorrenti connesse con mutamenti significativi nelle condizioni esterne di mercato o interne di gestione.

Analoghe ragioni possono indurre gli amministratori a realizzare nel corso dell’esercizio successivo i titoli compresi alla fine del precedente esercizio nel comparto delle attività finanziarie immobilizzate.

In tal caso l’utile o la perdita derivante dalla vendita sono da considerare componenti straordinari di reddito.

L’intervenuto trasferimento di un titolo da un comparto all’altro va adeguatamente motivato nella nota integrativa; nella stessa deve essere altresì indicata l’influenza complessiva sul bilancio di tale trasferimento.

2. ISCRIZIONE IN BILANCIO DEI TITOLI IMMOBILIZZATI

I titoli detenuti in portafoglio quale investimento duraturo devono essere iscritti nello schema di stato patrimoniale previsto dall’art. 2424 c.c. nel gruppo III – Immobilizzazioni Finanziarie, voce 3) altri titoli.

Per il significato di «investimento duraturo» si rinvia al successivo paragrafo 6.2 .

I proventi dell’investimento, costituiti da interessi e cedole maturati nell’esercizio, devono essere rilevati secondo competenza economica mediante l’accertamento dei relativi ratei o risconti.

Gli interessi attivi devono essere iscritti nello schema di conto economico previsto dall’art. 2425 nel gruppo C) Proventi e oneri finanziari, voce b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni.

Nello stesso gruppo devono essere ricompresi gli interessi attivi su titoli riscossi monetariamente in via posticipata nell’esercizio successivo, ma imputabili economicamente pro-rata temporis all’esercizio, con contropartita contabile nella voce dell’attivo di stato patrimoniale D) Ratei e risconti.

Eventuali interessi attivi riscossi in via anticipata devono essere rettificati a fine esercizio per la quota non di competenza, iscrivendo l’importo della anzidetta rettifica nella voce del passivo dello stato patrimoniale E) Ratei e risconti.

Sempre secondo competenza economica devono essere iscritti in bilancio i premi o gli aggi a favore o a carico del sottoscrittore di titoli immobilizzati, nonché i premi percepiti per sorteggio di obbligazioni.

Gli utili o le perdite che derivano dalla negoziazione di titoli prima della naturale scadenza, quale differenza tra il valore contabile e il prezzo di cessione, possono essere iscritti, nello schema di conto economico previsto dall’art. 2425 c.c., a seconda che siano attribuibili alla gestione ordinaria o straordinaria della impresa, rispettivamente:

a) nel primo caso, nel gruppo C) Proventi e oneri finanziari, e più precisamente: se componenti positivi, nel conto 16) altri proventi finanziari, voce b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni; se componenti negativi, nella voce 17) interessi e altri oneri finanziari …;

b) nel secondo caso, nel gruppo E) Proventi e oneri straordinari, e più precisamente: se componenti positivi, nella voce 20) proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni; se componenti negativi nella voce 21) oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da realizzo.

Il realizzo di titoli immobilizzati è conseguente al cambiamento di destinazione economica del bene. Pertanto rappresenta un evento straordinario della gestione. L’utile o la perdita discendente dall’operazione deve essere perciò rilevato tra i proventi o gli oneri straordinari.

Le spese di cessione dei titoli (spese per bolli, registrazione ecc.) seguono la sorte, come rilevazione in bilancio, dell’iscrizione dell’utile o della perdita da realizzo dei titoli.

La svalutazione di titoli immobilizzati per effetto di durevole riduzione di valore rispetto al costo d’acquisto deve essere iscritta nel gruppo D) Rettifiche di valore di attività finanziarie, conto 19) svalutazioni, voce b) di immobilizzazioni finanziarie.

Il ripristino di valore, nel caso in cui sia venuta meno la ragione che aveva indotto gli amministratori a svalutare in precedenza un titolo immobilizzato, deve essere iscritta nel gruppo D) Rettifiche di valore di attività finanziarie, conto 18) rivalutazioni, voce b) immobilizzazioni finanziarie.

L’adozione di una differente classificazione in un esercizio rispetto a quello precedente, ovvero il trasferimento di un titolo dalla categoria delle attività finanziarie non immobilizzate alle immobilizzazioni finanziarie o viceversa comporta, in parallelo, l’adozione di un differente criterio di valutazione, con possibili effetti sul conto economico.

Il passaggio da titolo realizzabile a titolo immobilizzato, per le ragioni evidenziate al par. 2.6.4. , può generare un componente negativo di reddito solo nel caso in cui si proceda a svalutazione per perdita di valore durevole.

Il passaggio da titolo immobilizzato a realizzabile, sempre per le ragioni evidenziate al par. 2.6.4. , può generare un componente negativo di reddito in conseguenza dell’adozione, in luogo del costo, del valore desumibile dall’andamento del mercato, in quanto minore.

Il componente negativo di reddito deve essere iscritto nel conto economico nel gruppo D) Rettifiche di valore di attività finanziarie, conto 19) svalutazioni.

3. IL PREMIO O L’ONERE PER IL SOTTOSCRITTORE. LO SCARTO DI NEGOZIAZIONE [2]

Un titolo di debito può essere emesso – come è noto – alla pari, sotto la pari, sopra la pari, a zero coupon. Nel primo caso il prezzo di emissione o costo di acquisto coincide con il valore nominale o di rimborso del titolo; nel secondo caso il prezzo di emissione, ovvero la somma pagata dal sottoscrittore, è inferiore al valore nominale, generando per il sottoscrittore un premio di sottoscrizione (per l’emittente si è in presenza di un disaggio di emissione); nel terzo caso il prezzo di emissione è superiore al valore nominale, generando per l’acquirente un onere di sottoscrizione (per l’emittente si è in presenza di un aggio di emissione).

Nel caso di «zero coupon» il valore nominale è quello corrispondente al valore di rimborso alla scadenza, mentre il prezzo di emissione è pari al valore attuale che il mercato attribuisce al montante, espresso dal valore che sarà rimborsato alla scadenza.

Questi titoli non comportano la corresponsione di interessi periodici, in quanto verranno corrisposti alla scadenza unitamente al rimborso del capitale. Il loro rendimento quindi di solito non è reso esplicito all’atto dell’emissione del titolo, bensì è rappresentato da un tasso implicito che permette il raccordo tra il valore attuale e il montante.

Il premio di sottoscrizione deve partecipare alla formazione del risultato d’esercizio secondo competenza economica per la durata di possesso del titolo, quale remunerazione integrativa a tasso costante del capitale investito rispetto a quello prodotto dagli interessi espliciti.

Tuttavia per motivi di praticità e a condizione che non si verifichino significativi effetti distorsivi è consentita la ripartizione del premio di sottoscrizione in rate costanti per la durata di possesso del titolo.

La quota del premio di competenza di ciascun esercizio, determinata secondo la metodologia sopra indicata, va iscritta nel conto economico nella voce C) 16) b) Titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni, con contropartita contabile nell’attivo dello stato patrimoniale nella voce D) Ratei e risconti attivi.

Nella nota integrativa deve essere menzionato che la suddetta voce è costituita da due componenti, interessi e premio su obbligazioni iscritti nella medesima voce allo scopo di esprimere in modo congiunto l’intera remunerazione dell’investimento. Non è perciò conforme a corretti principi contabili accreditare l’intero importo del premio al momento del rimborso del titolo.

Del pari, l’onere per il sottoscrittore del titolo deve partecipare alla formazione del reddito secondo competenza economica per la durata del titolo medesimo. Nel richiamare le precisazioni fatte a proposito del premio per il sottoscrittore, anche in questo caso l’onere aggiuntivo rispetto al valore nominale (onere per il sottoscrittore) va iscritto in conto economico nel gruppo C) Proventi e oneri finanziari, conto 17) interessi e altri oneri finanziari, con contropartita contabile nel passivo dello stato patrimoniale nella voce D) Ratei e risconti passivi.

I titoli senza cedola (zero coupon), ossia i titoli completamente senza interesse esplicito, devono essere iscritti all’atto della sottoscrizione al costo sostenuto.

Sempre per rispettare il principio della competenza economica, alla fine di ogni esercizio e per l’intera durata del prestito, va resa esplicita la remunerazione dell’investimento mediante l’attualizzazione dell’interesse, iscrivendo il componente positivo di reddito accertato nel conto economico nel gruppo C) Proventi e oneri finanziari, conto 16) b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni, con contropartita contabile nell’attivo dello stato patrimoniale nella voce D) Ratei e risconti attivi.

I premi sorteggiati sui titoli obbligazionari, ovvero ricevuti per effetto di estrazione a sorte, possono essere in denaro o in natura. Nel caso in cui il premio sia in denaro il valore corrispondente va iscritto nel conto economico quale provento straordinario.

Nel caso in cui il premio sia in natura va seguita la medesima metodologia contabile, previa attribuzione al bene del suo valore di mercato all’atto del possesso.

Nel caso in cui venisse deciso il cambiamento di destinazione del titolo, ossia da «immobilizzato» a «non immobilizzato», in quanto si intende realizzarlo, oppure si venga a conoscenza che il titolo verrà rimborsato anticipatamente, la ripartizione o imputazione contabile del premio per il sottoscrittore, ovvero dell’onere, l’ammontare del rateo o risconto residuo va imputato al valore del titolo, procedendo al raffronto di questo con il valore di mercato.

La contabilizzazione pro-rata temporis per i soli titoli immobilizzati riguarda lo scarto di negoziazione, ossia la differenza tra il costo d’acquisto sul mercato del titolo (escludendo la parte riferibile ai dietimi di interessi maturati) e il valore di rimborso finale.

L’iscrizione in bilancio dello scarto di negoziazione deve essere effettuata secondo lo stesso criterio previsto in precedenza per lo scarto di emissione.

4. DEFINIZIONE E ISCRIZIONE IN BILANCIO DELLE OBBLIGAZIONI PROPRIE

Sono obbligazioni proprie immobilizzate quelle in portafoglio dell’emittente a seguito di acquisto sul mercato, per le quali l’organo amministrativo, per politica della società o per ragioni di mercato, ha assunto la decisione di mantenerne il possesso per estinguerle in via anticipata, oppure sino alla scadenza in base al piano d’ammortamento.

Si suggerisce che le obbligazioni proprie in portafoglio siano iscritte nel passivo dello stato patrimoniale nel gruppo D) Debiti, 1) obbligazioni, a diretta deduzione del debito per il loro valore nominale.

Ciò allo scopo di evitare artificiosi gonfiamenti di attività e passività. Nella nota integrativa va tuttavia fatta menzione del debito complessivo e delle obbligazioni proprie.

Poiché la società emittente, di solito, acquista sul mercato le obbligazioni da rimborsare solo se esse hanno un costo inferiore al nominale, la suddetta operazione comporta il riconoscimento nel conto economico di un utile al momento dell’acquisto per l’annullamento. Detto utile, che risulta dalla differenza fra valore nominale delle obbligazioni proprie acquistate e costo di acquisto delle obbligazioni sul mercato (inclusivo delle spese accessorie), va iscritto nel conto economico fra i proventi finanziari nel caso in cui la società non abbia sostenuto un disaggio di emissione.

Nel caso in cui sia stato sostenuto un disaggio di emissione di obbligazioni, l’utile deve risultare dalla differenza fra il valore nominale del titolo, dedotta la quota relativa del disaggio di emissione, ed il costo di acquisto [3].

Gli interessi per le cedole maturate in ciascun esercizio, trattandosi di interessi di spettanza dell’emittente del titolo, sono iscritti nel conto economico a deduzione degli interessi passivi maturati nell’esercizio sulle obbligazioni in circolazione. Per l’iscrizione dell’eventuale premio e onere per il sottoscrittore si rinvia a quanto in proposito indicato nel paragrafo 3 .

5. IL FUNZIONAMENTO IN CONTABILITA’ DEL CONTO TITOLI IMMOBILIZZATI

Il corso può essere: tel quel o corrente, secco, ex-cedola.

Il corso tel quel o corrente indica il prezzo che effettivamente il compratore deve pagare al venditore; si compone di due parti: una è rappresentata dal capitale investito con l’acquisto del titolo, cioè dal suo costo puro o valore capitale, l’altra dal rateo di interessi maturati dall’ultimo giorno di godimento.

Il corso è secco quando esso indica il solo valore capitale.

Dunque il corso tel quel o corrente è dato dal corso secco aumentato dagli interessi maturati dall’ultimo giorno di godimento.

Il corso è ex-cedola o ex-coupon quando il titolo viene quotato con staccata la cedola in corso di maturazione; in questo caso sarà il venditore a riscuotere la cedola alla prossima scadenza; di conseguenza deve bonificare al compratore il rateo di interessi per i giorni che decorrono dal giorno di vendita alla prossima scadenza; se ne deduce che il corso ex-cedola è uguale al valore capitale (corso secco) diminuito dal rateo di interessi, dal giorno di quotazione alla prossima scadenza.

Si raccomanda che il conto «titoli immobilizzati» funzioni in contabilità a struttura bifase. I titoli all’atto dell’acquisto sono registrati al valore capitale (corso secco); mentre al momento della vendita si procede allo scarico del valore rilevato in precedenza.

Il rateo d’interessi è accolto in distinti conti di reddito.

In tal modo all’atto del realizzo del titolo si evidenzia la plusvalenza o la minusvalenza derivante dall’operazione.

Questa metodologia contabile consente di offrire in modo trasparente le diverse componenti economiche utili per la rappresentazione in bilancio secondo corretti principi contabili delle operazioni su titoli.

6. LA VALUTAZIONE AL COSTO DEI TITOLI IMMOBILIZZATI

6.1 Il criterio del costo e suo significato

Il criterio base di valutazione dei titoli immobilizzati è il costo di acquisto, compresivo degli oneri accessori. Gli oneri accessori sono rappresentati di solito da costi di intermediazione bancaria e finanziaria, ovvero commissioni e spese, imposte di bollo e spese per consulenze specifiche, in quanto di imputazione diretta e di ammontare significativo.

I titoli di debito, quotati o non quotati, in quanto immobilizzati vanno valutati titolo per titolo, ossia attribuendo a ciascun titolo il costo specificamente sostenuto.

Eventuali interessi passivi corrisposti a fronte di una dilazione di pagamento non possono essere considerati oneri accessori.

Il costo, come sopra precisato, costituisce il limite massimo di valutazione.

Qualora in sede di redazione del bilancio sia accertata una perdita durevole di valore, oppure sia deciso il cambio di destinazione economica del titolo, ossia da titolo immobilizzato a titolo da negoziare, il criterio del costo deve essere sostituito da un valore minore, come sarà precisato in seguito nei paragrafi 6.2 e 6.4 .

6.2 La svalutazione rispetto al costo d’acquisto: la perdita durevole di valore

Considerata la caratteristica di titolo immobilizzato, il suo valore, espresso dal costo d’acquisto, non deve essere modificato nel caso in cui nei successivi esercizi, nei quali è detenuto in portafoglio, si verifichino fluttuazioni temporanee al ribasso.

Ciò significa che la valutazione in via continuativa al costo muove dal presupposto che il contesto di riferimento sia caratterizzato da normali condizioni di mercato e/o di svolgimento dell’emittente il titolo.

Il costo non può essere mantenuto, in conformità a quanto dispone l’art. 2426 , punto 3), se il titolo alla data di chiusura dell’esercizio risulta durevolmente di valore inferiore al valore di costo.

Né il testo della legge (art. 2426 c.c.) né la relazione che lo accompagna forniscono compiute definizioni dei concetti di perdita di valore e di durevolezza. Poiché interpretazioni diverse su tali espressioni possono condurre a svalutare, o meno, il valore di carico di un titolo, considerata l’esigenza che i criteri di valutazione non siano arbitrari e siano, al tempo stesso, di uniforme applicazione – come si evince da più parti della relazione accompagnatoria al D.Lgs. n. 127/1991 – si ritiene necessaria una loro definizione.

Trattasi anzitutto di situazione che il compilatore del bilancio deve accertare in modo accurato, in quanto due sono i problemi ad essa connessi:

1) individuare il carattere duraturo della perdita di valore;

2) determinare quale deve essere il valore inferiore al costo, ovvero la misura della rettifica allo stesso.

Le condizioni per procedere alla svalutazione sono identificabili in ragioni economiche gravi che abbiano carattere di permanenza temporale.

Allorché si manifestino variazioni negative, espresse dal mercato o dalla gestione dell’azienda emittente i titoli, tali da indurre gli amministratori a ritenere con ragionevolezza e fondatezza che si sono modificate in modo presumibilmente durevole le condizioni che fino a quel momento avevano fatto ritenere il costo quale criterio di valutazione corretto, si deve abbandonare il costo.

Va precisato anzitutto in proposito che, trattandosi di titoli immobilizzati, non può essere considerato motivo di abbattimento del costo un improvviso e generalizzato ribasso del valore di mercato; questo può costituire solo elemento segnaletico di un’eventuale perdita durevole di valore. Il ribasso del mercato non costituisce perciò tout court obbligo di svalutazione. Infatti la disciplina civilistica per i titoli immobilizzati, diversamente dai titoli appartenenti all’attivo circolante, per i quali è prevista l’adozione a fine esercizio del minore tra il costo d’acquisto e il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, non prevede il richiamo a quest’ultimo principio [4].

L’unico riferimento per svalutare un titolo immobilizzato è rappresentato da una perdita duratura di valore; in tal caso incorre l’obbligo della riduzione di valore.

I riferimenti per considerare durevole la perdita di valore devono essere:

– per i titoli quotati, un significativo ribasso nel listino che ha espresso un carattere di persistenza temporale e l’assenza di elementi che lascino fondatamente ritenere probabile un’inversione di tendenza.

Come già precisato poc’anzi il ribasso, anche significativo nel listino, non è di per sé «perdita durevole di valore»; può solo essere segnale di allarme, che impone di indagare se vi sia stato un deterioramento delle condizioni dell’emittente.

Per i titoli per i quali non è disponibile il valore di mercato vanno utilizzati tutti i dati e le informazioni di cui si può venire a conoscenza allo scopo di accertare il deterioramento delle condizioni economico-patrimoniali della società emittente con connessi rischi di illiquità o di insolvenza della stessa, che possono compromettere la capacità di corrispondere gli interessi da parte dell’emittente medesima o il realizzo del titolo da parte del possessore, o ancora, la capacità di rimborso del titolo alla scadenza da parte della società emittente.

Gli anzidetti accertamenti devono essere effettuati anche per i titoli quotati.

La discrezionalità tecnica degli amministratori nelle valutazioni prospettiche sulla durevole diminuzione del valore del titolo deve essere caratterizzata in ogni caso da prudenza.

Accertata in sede di formazione del bilancio la perdita durevole di valore del titolo, questo deve essere svalutato, rettificando il costo storico per allinearlo al minor valore di mercato o di realizzo.

Chiarito il problema relativo alla individuazione del carattere duraturo della perdita di valore, si affronta ora quello relativo al valore inferiore al costo a utilizzare.

Per quanto riguarda il valore inferiore al costo da assumere nel processo valutativo del titolo immobilizzato occorre distinguere tra titoli quotati, o meno.

Per i titoli quotati il valore di listino di fine esercizio non è rilevante. Per questi il minor valore può essere utilmente stabilito con riferimento alla media dei prezzi di mercato di un congruo periodo antecedente la data di chiusura dell’esercizio (per es. ultimi sei mesi), unitamente alle indicazioni successive alla chiusura dell’esercizio offerte dal mercato e alle condizioni economiche dell’emittente accertate tra la data di chiusura dell’esercizio e quella di formazione del bilancio.

Per i titoli non quotati il minor valore è determinato in relazione alle negative condizioni economiche dell’emittente, accertate entro la data di formazione del bilancio, espresse dall’andamento del mercato, tenuti presenti anche i corsi di borsa di titoli similari.

Possono essere significativi in tal senso eventuali prezzi negoziati sul mercato se riferiti a partite significative di titoli e formati in data recente.

La riduzione di valore del titolo potrebbe essere stimata in parte duratura e in parte temporanea. In questa circostanza solo la prima costituisce elemento per ridurre il valore di costo.

La riduzione di valore rispetto al costo deve essere iscritta, come già precisato, in conto economico nel gruppo D) Rettifiche di valore di attività finanziarie, punto 19) svalutazioni, voce b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni.

L’anzidetta rettifica di valore deve essere interamente imputata all’esercizio in cui è accertata; non può perciò essere differita agli esercizi successivi che intercorrono fino alla scadenza del titolo o del suo prevedibile realizzo.

Si raccomanda che nella nota integrativa siano indicati:

– le ragioni della adozione del valore inferiore al costo;

– gli elementi che hanno costituito base o riferimento per l’adozione del valore minore.

Poiché il titolo, dopo l’intervenuta svalutazione, è iscritto in bilancio al netto della rettifica, per comodità si suggerisce di annotare contabilmente (ad es. mediante un fondo apposito), o in via extracontabile, la rettifica, quale dato di memoria, nel caso in cui si dovesse in seguito procedere a rivalutare il titolo in precedenza svalutato.

6.3 Il ripristino di valore

Nel caso in cui vengano meno le ragioni che avevano indotto l’organo amministrativo ad abbandonare il criterio del costo, per assumere nella valutazione dei titoli immobilizzati un valore inferiore, si deve procedere alla rivalutazione del titolo fino alla concorrenza, al massimo, del costo originario.

Più precisamente, se l’impresa in un determinato esercizio ha svalutato un titolo, e se in un esercizio successivo sono cessate, in tutto o in parte, le cause della svalutazione, gli amministratori in sede di formazione del bilancio devono ripristinare, in tutto o in parte, il valore iscritto in precedenza [5].

Il ripristino di valore può essere perciò parziale o totale rispetto al valore contabile precedente, con la conseguenza che, qualora le ragioni dell’originaria svalutazione vengano meno, anziché per intero in un unico momento, solo gradualmente in più esercizi successivi, il ripristino di valore dovrà essere attuato per l’ammontare corrispondente.

In ogni caso il processo di ripristino di valore non può superare il costo originario e può essere attuato solo in funzione del riassorbimento di svalutazioni effettuate obbligatoriamente in precedenza.

Il ripristino di valore deve essere iscritto, come già precisato, nel conto economico nel gruppo D) Rettifiche di valore di attività finanziarie, punto 18) rivalutazioni, voce b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni.

6.4 Il cambiamento di destinazione

I titoli possono essere oggetto, durante il periodo di possesso da parte dell’impresa, di una destinazione economica diversa rispetto a quella attribuita in precedenza dall’organo di amministrazione; nel senso che un titolo, iscritto nel bilancio relativo al precedente esercizio tra le attività finanziarie non immobilizzate, viene rilevato in sede di redazione del bilancio tra le immobilizzazioni finanziarie; oppure, al contrario, un titolo in precedenza classificato tra le immobilizzazioni finanziarie viene iscritto tra le attività finanziarie non immobilizzate.

Iniziamo dalla prima ipotesi.

Il passaggio, sotto l’aspetto contabile, da titolo rientrante nelle attività finanziarie non immobilizzate alle immobilizzazioni può discendere da decisione presa dall’organo amministrativo di non negoziabilità futura del titolo (anche fino alla naturale scadenza), oppure da vincolo posto sullo stesso in dipendenza di impegno assunto a garanzia o cauzione a favore di un terzo; il trasferimento non può in ogni caso essere giustificato da politiche di bilancio finalizzate ad obiettivi legati al risultato d’esercizio.

Quanto alla valutazione, poiché per effetto del cambiamento di destinazione, i titoli hanno assunto la caratteristica di immobilizzazioni finanziarie (per le quali il criterio di valutazione è il costo di acquisto, rettificato in diminuzione nell’ipotesi di perdita durevole di valore), il criterio da utilizzare è il costo, purché questo non esprima un valore superiore al valore nominale del titolo. In presenza di perdita durevole di valore si deve procedere alla svalutazione del titolo.

La seconda ipotesi è rappresentata – come detto – dal cambiamento di destinazione opposto, ossia da titolo immobilizzato a titolo realizzabile.

Analogamente, poiché il titolo è destinato alla negoziazione deve essere valutato, nello stesso esercizio in cui si procede al cambiamento di classificazione, con il criterio previsto per i titoli non immobilizzati.

I differenti criteri di valutazione e di classificazione adottati per effetto dell’intervenuto cambiamento di destinazione del titolo devono essere indicati nella nota integrativa. Si richiamano in proposito i punti f) e g) del successivo paragrafo 8 .

7. LA VALUTAZIONE DEI TITOLI NON IMMOBILIZZATI

7.1 Il costo dei titoli e delle partecipazioni non immobilizzati

Come disposto dall’art. 2426 c.c., i titoli non immobilizzati devono essere valutati al minore fra costo e valore di realizzazione, desumibile dall’andamento del mercato.

Il costo di acquisto (o di sottoscrizione) del titolo è costituito dal prezzo pagato, al quale devono essere aggiunti i costi accessori. Non si comprende nel costo il rateo degli interessi maturati alla data di acquisto, che deve essere contabilizzato come tale. In altri termini per prezzo di costo di un titolo quotato a reddito fisso si intende il prezzo corrispondente alla quotazione del titolo al corso secco; per prezzo di costo di titoli azionari si intende il prezzo pattuito con la controparte oppure, se quotati ed acquistati sul mercato, il prezzo pagato in sede di liquidazione borsistica. L’onere finanziario per pagamento dilazionato, sia esso esplicito o implicito, deve essere trattato come tale e quindi imputato al conto economico secondo competenza e non ad incremento del costo di acquisto.

Gli oneri accessori sono esclusivamente quelli direttamente imputabili all’operazione di acquisto. A titolo di esempio essi possono essere costituiti da costi di intermediazione, bolli, spese bancarie.

La configurazione di costo tecnicamente più corretta è quella del costo specifico, che presuppone l’individuazione e l’attribuzione ai singoli titoli dei costi specificamente sostenuti per l’acquisto dei medesimi. Individuazione ed attribuzione, però, non sono spesso praticamente attuabili, soprattutto nel caso di rilevanti volumi di titoli fungibili e di elevata velocità di rotazione. Pertanto, dal punto di vista pratico, vengono effettuate delle ipotesi sul flusso dei titoli e dei costi sostenuti, cui corrispondono altrettanti metodi o criteri o configurazioni di costo.

Pertanto, come previsto anche dal codice civile, è possibile per i titoli fungibili, in alternativa al costo specifico, utilizzare uno dei seguenti metodi di configurazione del costo: media ponderata, LIFO e FIFO.

Le predette configurazioni di costo sono trattate nel Documento n. 13 relativo a Le giacenze di magazzino.

Il costo di acquisto così determinato non è più soggetto a modifiche, salvo quelle derivanti da rettifiche di valore per tener conto di un minor valore di realizzo o di successivi ripristini. Nel caso dei titoli ad interesse implicito (es. BOT e zero coupon) il costo storico, come detto (vedasi par. 3 ), deve essere periodicamente, e comunque in sede di bilancio, incrementato indirettamente con l’iscrizione di un rateo per la quota maturata di interesse. Il nuovo costo così ricalcolato, tenendo conto del rateo di interessi, sarà poi comparato con il valore di realizzazione.

7.2 Il valore di realizzazione

Come disposto dal Codice Civile, il costo dei titoli non immobilizzati deve essere ricondotto al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore. Il codice non fornisce indicazioni circa l’identificazione del mercato e l’andamento dello stesso. Questi aspetti sono affrontati nel seguito per dare contenuti tecnici al concetto generale enunciato dalla norma.

Il valore di mercato, da confrontare con il costo, è costituito dal valore di quotazione per titoli quotati in mercati organizzati, ufficiali o meno, purché questi ultimi, per volumi trattati e per caratteristiche di affidabilità, possano effettivamente esprimere quotazioni sufficientemente attendibili. Qualora i volumi da valutare siano rilevanti, il valore di mercato potrebbe comunque non essere significativo [6].

Per i titoli non quotati il valore di mercato è costituito dalla quotazione di titoli similari per affinità di emittente, durata e cedola. In mancanza di titoli similari il valore di mercato è rappresentato dal valore nominale, rettificato per tener conto del rendimento espresso dal mercato con riferimento a titoli di pari durata e di pari affidabilità di emittente.

Nonostante le difficoltà pratiche per identificare un valore di mercato per titoli non quotati, in particolare per quelli rappresentativi di partecipazioni nel capitale di imprese o per quelli di difficile negoziazione, è necessario che i redattori di bilancio utilizzino tutte le informazioni disponibili o reperibili per poter stimare il valore di realizzazione. La scarsa negoziabilità di un titolo è infatti indicativa di un valore di realizzazione potenzialmente basso e non può quindi giustificare il mantenimento acritico del valore di costo.

Il mercato, come sopra definito, esprime valori diversi nel corso del tempo. Occorre perciò stabilire il riferimento temporale espressivo di un «andamento» del mercato alla data di bilancio.

Si possono considerare in astratto due possibilità: una fissa, cioè la data di fine esercizio (o quella di quotazione più prossima); la media delle quotazioni del titolo relative a un determinato periodo, più o meno ampio.

Il dato puntuale di fine esercizio rappresenta la scelta che meno è influenzata da fattori soggettivi e corrisponde a quanto previsto dai principi contabili internazionali. Tuttavia la quotazione di una giornata può essere influenzata da fattori, spesso esogeni, relativi a situazioni transitorie riferibili al singolo titolo o al mercato mobiliare nel suo complesso o addirittura, se i volumi trattati sono scarsi, può essere «influenzata» dagli operatori. Per queste ragioni le quotazioni di fine anno non sono considerate rappresentative dell’«andamento del mercato», come previsto dal legislatore.

La media delle quotazioni passate, per un periodo sufficientemente ampio, quale l’ultimo mese, è giudicata meglio rappresentativa [7]. Tuttavia, in un mercato fortemente caratterizzato da quotazioni in flessione, l’assunzione della media artimetica dei valori registrati nell’ultimo mese non esprime l’andamento del mercato; occorre allora tenere conto di valori medi inferiori, come quello riferito all’ultima settimana.

Quando, tuttavia, il dato di mercato antecedente la chiusura dell’esercizio preso a riferimento è manifestamente incoerente con l’andamento relativo al periodo compreso fra la chiusura dell’esercizio e la data di formazione del bilancio, nel senso che il mercato evidenzia quotazioni in flessione, occorre tener conto anche di questo andamento nel formulare, nel rispetto sempre del principio della prudenza, un valore di realizzazione. Se, invece, la flessione del mercato nel periodo successivo alla chiusura dell’esercizio è così consistente da essere ritenuta evento eccezionale, tale fatto è da considerare evento dell’esercizio successivo; di conseguenza non si deve tener conto di ciò nelle valutazioni di fine esercizio. Di essi si deve, comunque, dare notizia in nota integrativa.

Nel caso di titoli che dovrebbero essere ridotti al valore di mercato alla chiusura dell’esercizio, ma che vengono successivamente venduti ad un prezzo superiore, il valore di mercato è rappresentato dal prezzo di vendita. Ciò a condizione che la vendita ed il trasferimento della proprietà siano stati effettuati entro la data di preparazione del bilancio, che l’acquirente sia a tutti gli effetti un soggetto economico indipendente, che non vi siano pattuizioni aggiuntive che modificano i termini della vendita e, in particolare, che il cedente non si sia impegnato in contropartita ad acquisti futuri di altri beni a prezzi predeterminati.

Come per le rimanenze di merci, la svalutazione dei titoli al minor valore di realizzazione deve essere effettuata singolarmente, per ogni specie di titolo, e non per aggregati più o meno omogenei o addirittura per l’intero comparto.

La rettifica di valore è imputata, a seconda dei casi, alla voce di conto economico 19) b) del gruppo C): svalutazioni di partecipazioni, oppure alla voce 19) c): svalutazioni di titoli che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie. Il valore del titolo così rettificato sostituisce il valore di costo e rappresenta il valore contabile cui far riferimento nelle successive operazioni di vendita o di acquisto per determinare il risultato economico della vendita o per contribuire a formare il nuovo costo secondo la configurazione adottata (media ponderata, LIFO, FIFO).

E’ tuttavia indispensabile mantenere in contabilità traccia del costo originario; infatti, venuti meno, in tutto o in parte, i presupposti della rettifica (o anche di più rettifiche in anni precedenti) per effetto della ripresa del valore di mercato, la rettifica stessa deve essere annullata fino, ma non oltre, al ripristino del costo. Il ripristino di valore è imputato a conto economico alle voci 18) a) e 18) b) del gruppo D), speculari a quelle a cui venne imputata la svalutazione.

8. LE INFORMAZIONI COMPLEMENTARI DA INSERIRE NELLA NOTA INTEGRATIVA

8.1 Titoli immobilizzati

Le informazioni richieste negli artt. 2426 e 2427 c.c. devono essere integrate sul piano della tecnica mediante l’applicazione di corretti principi contabili.

In tal senso la nota integrativa deve fornire le seguenti informazioni:

a) il criterio di valutazione adottato per i titoli immobilizzati;

b) i titoli immobilizzati emessi da consociate;

c) il trattamento contabile del premio o dell’onere per il sottoscrittore di titoli immobilizzati e dello scarto di emissione;

d) i movimenti dei titoli immobilizzati, specificando: il costo, le precedenti svalutazioni e rivalutazioni; le acquisizioni, gli spostamenti da una ad altra voce, le alienazioni avvenute nell’esercizio, le svalutazioni o le rivalutazioni effettuate nell’esercizio;

e) la composizione delle voci «proventi straordinari» e «oneri straordinari» del conto economico, quando il loro ammontare sia apprezzabile nel caso in cui tra queste siano compresi valori generati da titoli immobilizzati;

f) i titoli, con relativo importo, che hanno costituito oggetto di cambiamento di destinazione e le relative ragioni;

g) se il cambiamento nella classificazione ha comportato, di riflesso, l’adozione di un criterio di valutazione diverso rispetto all’esercizio precedente, deve essere indicata l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico, ossia la differenza quantitativa originata dal cambiamento nella valutazione;

h) le eventuali restrizioni alla disponibilità dei titoli;

i) le ragioni, nel caso di «perdita durevole» di valore del titolo, dell’adozione di valore inferiore al costo o al valore contabile precedente e gli elementi che hanno costituito base o riferimento per l’adozione del valore minore;

l) nel caso di «ripristino di valore» occorre indicare l’ammontare della rivalutazione, la ragione, le conseguenze fiscali.

8.2 Titoli e partecipazioni che non costituiscono immobilizzazioni Le informazioni richieste dal Codice Civile (vedasi par. 5.1) devono essere integrate con le seguenti notizie:

a) nel caso di ammontari molto rilevanti un’analisi dei titoli raggruppati per principali tipologie (es. titoli di Stato a reddito fisso o variabile, obbligazioni societarie, titoli espressi in moneta estera, ecc.);

b) gli ammontari significativi di titoli non quotati;

c) il metodo di costo adottato (costo specifico, medio, FIFO o LIFO);

d) il mercato cui si è fatto riferimento per comparare il costo.

Sommario Principi contabili

Fonte: Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti

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