La disciplina fiscale delle attività finanziarie è fondata sulla preliminare individuazione, in analogia al codice civile, di due grandi classi di valori:
– le attività finanziarie immobilizzate (nelle quali rientrano anche le partecipazioni in società collegate e controllate);
– le attività finanziarie appartenenti all’attivo circolante, in quanto destinate ad essere negoziate.
Da questa fondamentale separazione discendono le norme sulla valutazione fiscale dei titoli e delle partecipazioni.
Per quanto riguarda le immobilizzazioni finanziarie l’art. 53, comma 2-bis, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), considera immobilizzazioni finanziarie i titoli e le partecipazioni «iscritti come tali nel bilancio»: v’è quindi una sorta di «pregiudiziale civilistica» in ordine alla qualificazione fiscale delle attività finanziarie: queste ultime, se risultano iscritte in bilancio come immobilizzazioni, sono considerate tali anche dal diritto tributario.
Sotto il profilo fiscale, inoltre, gli aspetti di maggiore rilievo riguardano la deducibilità delle minusvalenze derivanti dalla svalutazione delle partecipazioni immobilizzate. La normativa è da ricostruire nell’interazione degli artt. 61 e 66 del TUIR.
Va premesso che, in generale, il principale parametro di riferimento è costituito dal costo fiscalmente riconosciuto, che può essere interpretato:
– nel caso di beni non fungibili (ad esempio, una partecipazione in una società a responsabilità limitata) come costo specifico;
– nel caso di beni fungibili come costo determinato secondo uno dei noti metodi applicativi (media ponderata, LIFO o FIFO).
L’art. 61 del TUIR prevede che la valutazione dei titoli che costituiscono attivo circolante segua quanto disposto in proposito dall’art. 59 , vale a dire dalla norma che disciplina la valutazione delle giacenze di magazzino. Pertanto, premesso che le variazioni delle rimanenze finali dei beni in questione rispetto alle esistenze iniziali, concorrono a formare il reddito dell’esercizio, le valutazioni fiscalmente consentite e considerate minimali, sono:
1. la valutazione a costi specifici;
2. la valutazione al costo LIFO, FIFO o medio ponderato.
Le valutazioni effettuate con metodi diversi dal LIFO a scatti annuali sono utilizzabili solo se l’impresa adotti già uno dei citati criteri per la valutazione civilistica delle rimanenze.
A fronte della normativa civilistica che impone di svalutare le immobilizzazioni finanziarie in ipotesi di durevole riduzione di valore delle attività, le norme fiscali fissano precise regole sulla determinazione della minusvalenza deducibile in sede di calcolo del reddito imponibile.
In particolare le minusvalenze riguardanti le immobilizzazioni finanziarie sono deducibili per un importo non superiore alla differenza tra il costo fiscalmente riconosciuto e quello risultante:
– per i titoli quotati in mercati regolamentati italiani o esteri, dalla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo semestre;
– per le azioni e titoli similari non quotati, secondo il cosiddetto metodo del «confronto dei patrimoni netti» della partecipata, quali essi risultano rispettivamente dall’ultimo bilancio disponibile e dell’ultimo bilancio regolarmente approvato anteriore alla data in cui le azioni sono state acquistate;
– per gli altri titoli, secondo il valore normale di titoli aventi analoghe caratteristiche, quotati in mercati regolamentati italiani o esteri, oppure, in mancanza, in base ad altri elementi determinabili in modo obiettivo.
Le stesse norme si applicano alla svalutazione dei titoli che non costituiscono immobilizzazioni, con la sola differenza che il periodo di riferimento per il calcolo della media aritmetica delle quotazioni dei titoli quotati è di un mese anziché sei mesi.
Le disposizioni dell’art. 61 del TUIR si applicano anche alla valutazione delle quote di partecipazione in società o enti non rappresentati da titoli; in tal modo il comma 5-bis del citato articolo sancisce, ponendo termine a controverse interpretazioni, l’inclusione delle quote delle società a responsabilità limitata nell’ambito valutativo della norma in commento.
E’ ammessa la riduzione di valore, effettuata in sede di valutazione, applicando il metodo sopra esposto relativamente ai titoli ivi indicati, ma emessi da società ed enti residenti in Stati non appartenenti all’Unione Europea, qualora siano in vigore accordi che consentano all’amministrazione finanziaria di acquisire le informazioni necessarie per l’accertamento delle condizioni descritte al suddetto punto d) (art. 61, comma 3-bis).
Si segnala inoltre l’art. 10 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, il quale dispone: «è consentito all’amministrazione finanziaria disconoscere i vantaggi tributari conseguiti in operazioni di …valutazione di partecipazioni… poste in essere senza valide ragioni economiche allo scopo esclusivo di ottenere fraudolentemente un risparmio d’imposta». Nel caso in cui i titoli, sia immobilizzati che no, fossero oggetto di cessione in virtù di contratti di riporto o di «pronti contro termine» con obbligo del cessionario di rivendita a termine, anche fiscalmente (art. 61, comma 1-bis TUIR) non si determinerebbero variazioni delle rimanenze dei titoli stessi in capo al cedente a pronti.
In tema di aumenti di capitale gratuiti l’art. 44, comma 2 del TUIR recita: «In caso di aumento del capitale sociale mediante passaggio di riserve o altri fondi a capitale le azioni gratuite di nuova emissione e l’aumento gratuito del valore nominale delle azioni o quote già emesse non costituiscono utili per i soci. Tuttavia se e nella misura in cui l’aumento è avvenuto mediante passaggio a capitale di riserve o fondi diversi da quelli indicati nel comma 1, la riduzione del capitale esuberante successivamente deliberata è considerata distribuzione di utili; la riduzione si imputa con precedenza alla parte dell’aumento complessivo di capitale derivante dai passaggi e capitale di riserve o fondi diversi da quelli indicati nel comma 1, a partire dal meno recente, ferme restando le norme delle leggi in materia di rivalutazione monetaria che dispongono diversamente».
Il comma 4 dell’art. 61 del TUIR prevede che, in caso di aumento del capitale mediante passaggio di riserve a capitale da parte della società emittente, il numero delle azioni ricevute gratuitamente deve essere aggiunto al numero di quelle già possedute in proporzione alla quantità delle singole voci della corrispondente categoria. Il valore unitario in tal caso si determina, per ciascuna voce, dividendo il costo complessivo delle azioni già possedute per il numero complessivo delle azioni.
La partecipante, se effettua dei versamenti alla partecipata a fondo perduto o in conto capitale, ovvero se attua rinunce a crediti nei confronti della partecipata stessa, deve aggiungere l’importo di tali operazioni al costo delle azioni possedute in proporzione alla quantità delle singole voci della corrispondente categoria; tuttavia è consentita la deduzione dei versamenti e delle remissioni di debito effettuati a copertura di perdite per la parte che eccede il patrimonio netto della società partecipata risultante dopo la copertura. Inoltre, ai fini della determinazione del valore minimo dei titoli non quotati, non si tiene conto dei versamenti e delle remissioni di debito fatti a copertura di perdite della società partecipata (art. 61, comma 5).
A sensi dell’art. 97 del TUIR i soprapprezzi di emissione delle azioni o quote e gli interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote non concorrono alla formazione del reddito.
L’art. 99 del TUIR disciplina la riduzione del capitale mediante annullamento di azioni proprie come segue: «in caso di riduzione del capitale sociale mediante annullamento di azioni proprie, acquistate in attuazione della relativa deliberazione o precedentemente, la differenza positiva o negativa tra il costo delle azioni annullate e la corrispondente quota del patrimonio netto non concorre alla formazione del reddito». Per quanto riguarda i prestiti obbligazionari, l’art. 98 TUIR prevede: «per le società e gli enti che hanno emesso obbligazioni o titoli similari la differenza tra le somme dovute alla scadenza e quelle ricevute in dipendenza dell’emissione è deducibile in ciascun periodo d’imposta per una quota determinata in conformità al piano d’ammortamento del prestito».