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Saggi
15 Marzo 2014

Imposizione internazionale – 4 – Il modello di convenzione O.C.S.E.

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Premessa:

Come abbiamo già avuto modo di dire nel precedente articolo il Modello di Convenzione O.C.S.E. è un modello “tipo” ovvero è uno schema raccomandato senza la pretesa di essere vincolante legalmente sia a livello nazionale che internazionale.

Il suo uso è quindi discrezionale, cioè gli Stati Membri sono liberi di applicarlo o meno, anche se gli stessi Stati Membri lo utilizzano generalmente appunto come modello base.

Incominciamo quindi il nostro viaggio nella scoperta degli elementi maggiormente importanti di questa Convenzione.

Intanto chiariamo che cosa si intende per O.C.S.E.: e’ l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), ovvero un’organizzazione internazionale di studi economici per i paesi membri, paesi sviluppati aventi in comune un sistema di governo di tipo democratico ed un’economia di mercato.

L’organizzazione svolge prevalentemente un ruolo di assemblea consultiva che consente un’occasione di confronto delle esperienze politiche, per la risoluzione dei problemi comuni, l’identificazione di pratiche commerciali ed il coordinamento delle politiche locali ed internazionali dei paesi membri.

L’OCSE conta 34 paesi membri:

I Paesi fondatori:

I Paesi che hanno aderito all’OECE/OCSE successivamente (elencati cronologicamente in ordine di adesione):

Ha sede a Parigi.

Il modello convenzionale O.C.S.E. è un modello “tipo” di regolamento tra gli appartenenti (come sopra indicati), vale a dire che è soltanto uno schema raccomandato senza vincoli legali sia a livello internazionale che nazionale.

E’ costituito da:

–        31 articoli suddivisi in 7 capitoli con i relativi commentari (estremamente utili ai fini interpretativi e a cui anche in altre occasioni abbiamo già fatto riferimento);

–        I 7 capitoli sono così attribuiti:

  • Capitolo I: campo di applicazione della Convenzione (articoli 1 e 2);
  • Capitolo II: definizioni generali (articoli da 3 a 5);
  • Capitolo III: imposizione dei redditi (articoli da 6 a 21) – tali articoli attengono alle disposizioni sostanziali. Tali disposizioni possono essere suddivise in tre gruppi:

a) norme che permettono la  tassazione del reddito in un solo Stato – rientrano in questo gruppo le norme che prevedono l’assoggettamento ad imposta (del reddito e del patrimonio) in un solo         Stato e nella maggior parte coincide con lo Stato di residenza. Quindi il reddito sarà tassabile in uno solo degli Stati, l’altro dovrà esentarlo dall’imposizione fiscale;

b) norme che permettono la tassazione del reddito in entrambi gli Stati –     con un limite massimo di ritenuta nel Paese della Fonte. Lo Stato della Fonte deve limitare la trattenuta alla fonte ad un massimo del 10%. Per esempio anche lo Stato di residenza può tassare gli interessi ma in tal caso, deve concedere un credito d’imposta per la ritenuta effettuata dallo stato della Fonte;

c) norme che permettono la tassazione del reddito in entrambi gli Stati –  senza limiti di imposizione nel Paese della Fonte. Tali norme prevedono l’assoggettamento ad imposta (sul reddito o sul patrimonio) in entrambi gli Stati contraenti, senza limiti.

Entrambi gli stati potranno quindi far valore la propria pretesa impositiva in relazione allo stesso reddito.

  • Capitolo IV: imposizione del patrimonio (articolo 22);
  • Capitolo V: metodi per l’eliminazione della doppia imposizione (articolo 23 A e B);
  • Capitolo VI: disposizioni speciali (articoli da 24 a 29);
  • Capitolo VII: disposizioni finali (articoli 30 e 31).

–        Osservazioni agli articoli degli Stati membri;

–        Riserve agli articoli degli Stati membri;

–        Posizioni di alcuni Stati terzi.

Il commentario al modello convenzionale dell’OCSE riveste una notevole importanza.

E’ stato emanato, nel 1963, approvato all’unanimità dall’organizzazione internazionale nei confronti di tutti gli Stati membri ai sensi dell’art. 5 comma 1 lettera b) del trattato che ha istituito il modello O.C.S.E.

Non costituisce uno strumento giuridicamente vincolante.

E’ un documento interpretativo ed esplicativo.

Ciò nonostante il suo contenuto è particolarmente interessante tanto che anche le Amministrazioni Finanziarie dei singoli Stati prendono atto della sua importanza al fine di orientare il comportamento in ambito internazionale del contribuente.

In merito al ruolo interpretativo del commentario la dottrina è divisa tra chi ritiene il Commentario quale:

–  Mezzo interpretativo primario di cui all’art. 31 paragrafo 2 lettera b);

–  Mezzo interpretativo supplementare;

–  Attribuente significati speciali.

L’influenza del Commentario è quindi ampiamente riconosciuta sia in sede di applicazione delle convenzioni sia in sede giurisprudenziale; quindi pur non contenendo norme di diritto internazionale riveste una notevole importanza ai fini dell’interpretazione delle convenzioni concluse dagli stati.

L’articolo 26 del modello di convenzione dell’OCSE sancisce la cooperazione internazionale in materia fiscale.

Nel mese di marzo del 2009 il Consiglio federale ha pertanto deciso di riprendere detto articolo nel quadro delle negoziazioni delle nuove Convenzioni contro la Doppia Imposizione e di rivedere in tal senso quelle esistenti.

Il numero delle convenzioni in vigore secondo gli standard internazionali è in aumento.

Diversamente dalle Convenzioni bilaterali sottoscritte tra i vari Stati, il Modello O.C.S.E. e il suo Commentario non sono considerati strumenti giuridici vincolanti, non sono pertanto Fonti di diritto ai sensi dell’art. 38 dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia.

Entrambi i documenti, visti i loro contenuti e il fatto che trattino le relazioni internazionali sono comunque oggetto di Raccomandazione da parte del Consiglio dell’O.C.S.E..

Destinatari (applicazione soggettiva):

L’articolo 1 del Modello O.C.S.E. stabilisce che la Convenzione si possa applicare:

  • Alle persone residenti in uno degli Stati contraenti;
  • Alle persone residenti in entrambi gli Stati contraenti nel caso di doppia residenza.

Diventa pertanto importante ed indifferibile definire correttamente che cosa si intenda per persone, in quanto il termine come sopra indicato nell’articolo 1 della Convenzione appare troppo generico.

Inoltre c’è da precisare che alcuni Stati hanno scelto di applicare il contenuto del Modello O.C.S.E. ai cittadini (metodo estensivo) mentre altri Stati hanno deciso di applicarlo ai contribuenti (metodo riduttivo).

Chiaramente questa ulteriore distinzione complica ulteriormente definire gli ambiti di applicazione della Convenzione.

Per esempio un cittadino di uno Stato può non essere residente dello stesso.

Intanto appare importante chiarire che la Convenzione si applica anche alle Società di Capitale (quali persone giuridiche) e non solo alle persone fisiche.

Appare invece più complessa l’applicazione della Convenzione alle società di persone che pur essendo persone giuridiche ai fini dell’applicazione dell’imposta sul reddito hanno un trattamento particolare.

Infatti il reddito di queste società è imputato direttamente ai soci, tranne che per quanto concerne l’Irap.

Per riassumere comunque secondo l’art. 3 della Convenzione stessa le persone devono essere intese quali:

  • Persone fisiche;
  • Società (qualsiasi persona giuridica o ente considerato persona giuridica ai fini dell’imposizione fiscale);
  • Ogni altra associazione di persone.

Il commentario dell’art. 1 precisa che lo scopo delle Convenzioni è quello di favorire lo scambio di beni o servizi e il movimento di persone e capitali.

L’obiettivo è perseguito eliminando la doppia imposizione fiscale ma senza favorire l’elusione e l’evasione fiscale attraverso un uso improprio del contenuto dei trattati e delle Convenzioni siglate tra Stati.

La lotta all’elusione e all’evasione fiscale rimane infatti uno degli scopi del trattato a fianco delle norme domestiche dei singoli stati.

Ciò è tanto più vero quando si pensa che diverse Convenzioni estendono il campo di applicazione della disciplina sullo scambio di informazioni alla lotta allegazione e all’elusione fiscale.

Tali informazioni possono essere detenute da Banche, Istituzioni finanziarie, delegati, agenti e fiduciari).

Di fatto quindi il così detto “segreto bancario” seppure previsto e tutelato dalla normativa nazionale, non potrà costituire un limite allo scambio dell’informazione (art. 26 paragrafo 5 del Modello Convenzionale così come modificato nel 2012).

In tema di gerarchia delle Fonti a tale proposito è utile ricordare che l’art. 117 della Costituzione afferma che ”la podestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”.

Le Convenzioni quindi:

–        Limitano l’applicazione delle disposizioni nazionali:

–        Non creano podestà tributaria ma ripartiscono quella prevista dalle norme interne;

–        Producono effetti sia sullo Stato della Fonte, sia sullo Stato della Residenza;

–        Si applica il concetto di prevalenza della norma più favorevole al contribuente.

A tale ultimo proposito l’art. 169 del T.u.i.r. indica che “… le disposizioni del presente Testo Unico si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione …”.

Ancora l’art. 175 del D.P.R. 29.09.1973 n. 600 indica che “… nell’applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui redditi sono fatti salvi gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia …”.

 

Il concetto di residenza ai fini dell’applicazione soggettiva:

La residenza assolve la funzione primaria di criterio di collegamento di un soggetto (persona fisica o giuridica) rispetto ad uno Stato.

Il concetto di residenza si differenzia da quello di cittadinanza e di nazionalità.

La prima infatti esprime una relazione tra una persona ed uno stato; la seconda invece esprime una relazione di appartenenza ad un determinato gruppo sociale.

La definizione di “residenza” ai fini della sua rilevanza per l’applicazione del Modello Convenzionale è affidata all’articolo 4.

Generalmente i soggetti residenti sono tassati sulla base mondiale mentre i soggetti non residente sono tassati su base territoriale,

Abbiamo poi un’ulteriore situazione (U.K. e Spagna) che per i residenti applicano il criterio della tassazione dei redditi prodotti all’estero solo al momento in cui gli stessi redditi “entrano” in patria.

Con il termine “residente” l’articolo 4 stabilisce che si debba intendere quei soggetti che in base alle leggi fiscali in vigore in un determinato Stato saranno assoggettati a tassazione in relazione al proprio domicilio – residenza, sede amministrativa.

I criteri adottati per stabilire la residenza sono, a cascata:

–          l’abitazione permanente;

–         il domicilio (inteso come centro d’affari e di interessi);

–         la dimora abituale;

–         la cittadinanza.

Qualora nessuno di questi elementi sia così chiaro da definire la residenza gli Stati interessati dovranno risolvere amichevolmente la questione.

La residenza fiscale è definita dall’art. 2 comma 2 del T.u.i.r. ed è distinta a seconda che si tratti di persone fisiche o di persone giuridiche.

Per le persone fisiche si parla di residenza quando per la maggior parte dell’anno solare:

–     sono iscritte alle anagrafi delle popolazioni residenti;

–     hanno nel territorio dello Stato il domicilio, così come indicato all’art. 43      del Codice civile;

–    hanno nel territorio dello Stato la residenza, così come indicato all’art. 43   del Codice civile.

Questi tre requisiti non devono coesistere contemporaneamente.

Affinché infatti si possa parlare di residenza è sufficiente che se ne verifichi anche uno solo.

Con il termine maggior  parte dell’anno solare (ovvero per la maggior parte del periodo di imposta) si intende un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di un anno di 365 giorni e di 184 giorni nell’arco di un anno di 366 giorni (giorni quindi calcolati secondo il così detto anno civile e quindi per la loro effettiva durata).

Tale periodo non deve essere obbligatoriamente continuativo.

Non sono comunque considerati iscritti nelle anagrafi:

a) i cittadini che si recano all’estero per cause di durata limitata non superiore a 12 mesi;

b) i cittadini che si recano all’estero per l’esercizio di occupazioni stagionali.

Per quanto attiene alle società e agli enti il luogo di residenza viene normalmente assunto nel luogo di sede amministrativa o legale.

Per quanto riguarda le persone giuridiche si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta come sopra già definito hanno nel territorio dello Stato:

–      la sede legale così come indicata nell’atto costitutivo;

–     la sede dell’amministrazione desumibile dalla presenza di uffici amministrativi i cui indirizzi siano riportati nella corrispondenza e nei documenti fiscali ;

–     l’oggetto principale della propria attività definita ed  individuata secondo quanto stabilito dall’articolo 73 commi 4 e 5 del T.u.i.r. ovvero “ … l’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o alla statuto; se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata …”. Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dello Statuto.

 

Il concetto di domicilio ai fini dell’applicazione soggettiva:

Per definire il domicilio di un soggetto occorre far riferimento all’ubicazione della sua sede di affari, della sede economica e sociale della persona.

Il domicilio può prescindere dalla presenza fisica o meno della persona stessa.

 

Ambito di applicazione (applicazione oggettiva):

Dell’ambito oggettivo della Convenzione O.C.S.E. si occupa l’art. 2 del Modello stesso che stabili il quale stabilisce che il  Modello di Convenzione O.C.S.E. si applica:

–  Alle imposte sui redditi;

–  Alle imposte sul patrimonio;

–  Alle imposte ad esse similari;

–  Alle imposte successivamente introdotte in aggiunta o in sostituzione a quelle predette.

L’applicazione della Convenzione non è condizionata dalla modalità operativa del prelievo.

Come abbiamo già avuto modo di dire in diverse occasioni lo scopo del modello Convenzionale O.C.S.E. e delle altre convenzioni bilaterali che si basano su quest’ultimo modello base, è molteplice.

 

Le sue funzioni possono così essere riassunte:

1) eliminare la doppi imposizione fiscale a livello internazionale.

Tale funzione è evidenziata nelle disposizioni relative al campo di applicazione e ai metodi adottati (dell’esenzione e del credito d’imposta).

Ci si pone quindi l’obiettivo di contenere e se possibile eliminare i conflitti e le distorsioni di natura fiscale che producano effetti negativi sugli investimenti e più in genere sugli scambi commerciali tra gli operatori economici.

2) risolvere le controversie.

La Convenzione O.C.S.E. prevede la possibilità di addivenire alla risoluzione delle controversie di natura applicativa ed interpretativa attraverso una procedura amichevole, di mediazione tra il diritto interno ed il diritto internazionale.

Si accede quindi ad un meccanismo bilaterale che è diretta emanazione del modello O.C.S.E. a cui entrambe le parti “contendenti” la podestà impositiva fanno riferimento.

3) prevenire e combattere l’evasione fiscale.

Tale ultima funzione, ma non ultima per importanza, si riferisce ai redditi trasnazionali.

Si tratta di un obiettivo indiretto della convenzione essendo lo stesso un suo punto di forza della collaborazione tra i vari stati contraenti che permettono un costante scambio di informazioni.

Questo ancora più in maniera forte e presente a seguito delle modifiche intervenute nel 2012 quando il modello di Convenzione O.C.S.E. è stato aggiornato nel suo articolo 26 che definisce lo standard internazionale sullo scambio, appunto, delle informazioni.

Lo scambio delle informazioni tra Stati abbiamo già visto assume rilevanza per la gestione fiscale del contribuente.

Le modifiche apportate consente lo scambio di informazioni:

–    su richiesta: per un caso determinato, tenuto conto che dovrebbero essere utilizzate, in primo luogo, le normali fonti di informazioni disponibili secondo la procedura fiscale interna prima di presentare una richiesta di informazioni all’altro Stato;

–    automaticamente: quando le informazioni riguardanti una o più categorie di reddito aventi origine in uno degli Stati contraenti e percepiti nell’altro Stato contraente sono trasmesse sistematicamente all’altro Stato, pur in assenza di richieste specifiche;

–   spontaneamente, nel caso di uno Stato che ha acquisito, nel corso di alcuni controlli informazioni che ritiene di interesse di un altro Stato.

 

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