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Saggi
22 Marzo 2014

Imposizione internazionale – 5 – E-Commerce

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Premessa:

in uno dei precedenti articoli abbiamo brevemente accennato a questa nuova forma di commercio elettronico con particolare riferimento alla “stabile organizzazione”.

Ora invece approfondiremo l’argomento andando ad individuare il suo trattamento fiscale sia in ambito nazionale che internazionale, in considerazione del fatto che la comunicazione telematica difficilmente trova frontiere fisiche.

 

Definizione:

Con il termine E – Commerce o commercio elettronico si intende ogni iniziativa commerciale e di supporto all’attività commerciale posta in essere per mezzo di un canale telematico internet, senza la contemporanea presenza fisica dei soggetti contraenti.

In un contesto come quello attuale in cui l’informatica pervade la maggior parte delle nostre azioni e dalla nostra vita quotidiana è doveroso chiederci quali siano i riflessi giuridici e fiscali dell’uso a scopo commerciale (ovvero per porre in atto un’attività commerciale vera e propria) della comunicazione virtuale e del trasferimento di dati, di beni e di servizi.

Si tratta di un settore dal vasto potenziale di sviluppo, perché consente scambi di beni e servizi  che vanno al di là delle grandi distanze geografiche, senza la necessità di spostarsi fisicamente.

Coinvolgendo spesso diversi Stati, appartenenti e non all’Italia o addirittura alla Comunità Europea si pongono alcuni problemi normativi da gestire di volta in volta.

Prima di analizzare nel dettaglio gli aspetti fiscali ed in particolare di quello che succede in ambito internazionale è opportuno precisare alcuni termini e classificare correttamente queste operazioni.

 

Esistono diverse tipologie di e – commerce.

Vediamole nel dettaglio:

– Business to Business  (B2B): riguarda le transazioni tra imprese; questo tipo di commercio ha lo scopo di incrementare gli affari tra aziende infatti si svolge unicamente tra imprese.

– Business to Consumer (B2C) destinato al consumatore finale: attraverso questo sistema di vendita gli operatori economici del commercio elettronico (business o imprese) offrono servizi e prodotti via internet al consumatore finale (consumer).

– Business to Public (B2P): ricomprende le transazioni tra imprese e pubblica amministrazione quali ad esempio il pagamento dei tributi o la gestione di gare d’appalto.

– Business to Administration (B2A): fa riferimento esclusivamente ai rapporti gestiti mediante reti telematiche fra le imprese e gli enti non commerciali.

– Consumer to Public (C2P): per la gestione da casa di pratiche telematiche tra privati e la Pubblica Amministrazione.

 

Un’altra distinzione particolarmente valida ed importante soprattutto da un punto di vista fiscale è quella tra:

  •    E – commerce indiretto: off line;
  •    E – commerce diretto: on line.

Nel primo caso il cliente effettua l’ordine telematicamente ma riceve materialmente il bene al proprio indirizzo (con vettore, corriere, servizio postale o altro).

Per certi aspetti questo tipo di e – commerce è assimilabile alla vendita per corrispondenza; tale assimilazione è importante soprattutto, come avremo modo di vedere più avanti, ai fini dell’applicazione delle imposte dirette ed indirette.

Nel secondo caso invece tutte le fasi dall’ordine al ricevimento della merce avviene on line (particolarmente usato questo strumento per lo scarico di file musicali, software, video, e-book).

Del commercio elettronico in più occasioni si è occupato anche la Comunità Europea e a tale proposito ha emanato varie direttive in materia tra cui, in ordine di importanza, la Direttiva 2003/31/CE che fissa i principi generali.

Tale Direttiva è stata recepita e attuata in Italia con il Decreto Legislativo 9 aprile 2003 n. 70.

Il suddetto Decreto stabilisce il principio che chi intende svolgere l’attività di e –commerce ha libero accesso a tale settore senza la necessità di ottenere preventive autorizzazioni.

Con specifico riguardo alla normativa Iva la Comunità Europea è intervenuta con la Direttiva 2002/38/CE che ha introdotto un nuovo e specifico regime IVA con particolare riferimento alle operazioni poste in essere da operatori commerciali non consumatori.

Così come abbiamo avuto modo di esaminare nel corso del precedente articolo sulla Stabile Organizzazione diventa, ai fini fiscali, quanto mai importante definire il luogo di esercizio dell’attività o comunque il luogo che rileva ai fini dell’IVA e delle imposte sui redditi.

La suddetta Direttiva Comunitaria a tal fine definisce che nel caso di transazioni commerciali telematiche rese da:

–        Soggetti non residenti nella C.E. verso persone della C.E.;

–        Soggetti della C.E. verso soggetti residenti in paesi esteri

 

L’imposizione deve aver luogo nel paese del beneficiario attuando così la prevalenza del paese di destinazione.

Se confrontiamo il trattamento normativo tra la tipologia B2C e B2B possiamo trovare sostanziali differenze in quanto nel primo caso i soggetti non sono sullo stesso piano (impresa contro consumatore finale), pertanto la norma ha cercato tutela a favore del soggetto più debole (consumatore finale).

Giuridicamente non esiste una definizione di commercio elettronico, le possiamo però desumere da una serie di normative attinenti al commercio in genere oltre che agli orientamenti dettati anche dalla Comunità Europea.

Proviamo quindi ad analizzare gli ambiti giuridici e gli aspetti fiscali dell’e – commerce.

Innanzitutto è bene precisare che la distinzione fra commercio indiretto o diretto, unitamente alle caratteristiche dei soggetti coinvolti nella transazione commerciale (soggetti IVA o consumatori privati), è determinante al fine di consentire una corretta individuazione dell’applicazione dell’Iva alle diverse fattispecie.

Per quanto attiene il commercio elettronico indiretto non vi sono particolari problemi; il mezzo telematico con il quale si attua la compravendita è considerato a tutti gli effetti semplicemente uno dei tanti canali distributivi al quale il cliente si può affidare per ordinare il proprio prodotto.

Si configura quindi una normale cessione di beni dove internet viene definito “un canale alternativo di offerta”; giusta definizione contenuta nella Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 133/E del 2004.

Trattandosi di operazioni assimilate alla vendita per corrispondenza sono esonerate dall’obbligo di emissione della fattura, dello scontrino fiscale o della ricevuta, le quali dovranno essere emesse solo a seguito di richiesta contestuale all’acquisto da parte dell’acquirente.

Potremmo trovarci di fronte a varie situazioni, quali ad esempio:

Operazioni poste in essere da soggetti italiani verso altri soggetti italiani (operazioni interne o nazionali).

In questo caso entrambi gli operatori sono residenti in Italia, o con stabile organizzazione in Italia, si applicherà pertanto il contenuto dell’articolo 2 del D.P.R. 633/72 e successive modifiche ed integrazioni trattandosi a tutti gli effetti di “cessioni di beni”.

Se l’azienda vende contemporaneamente a privati ed ad aziende, deve tenere una contabilità separata delle transazioni elettroniche rispetto a quelle tradizionali.

Per tali operazioni si rinvia alla disciplina generale dell’Iva di cui al D.P.R. 633/72, sono infatti a tutti gli effetti cessioni di beni o prestazioni di servizi seppure rese telematicamente e in quanto tali riconducibili all’ambito di applicazione IVA.

 

Operazioni poste in essere da soggetti italiani verso soggetti residenti in altri paesi UE (operazioni intracomunitarie)

Se tali operazioni sono effettuate nei confronti di soggetti passivi UE, si realizzeranno delle cessioni il cui regime è espressamente disciplinato dalla normativa sulle cessioni comunitarie, (articoli 40, comma 4, lett. b per gli acquisti comunitari; art. 41, comma 1, lettera b per le cessioni comunitarie, del D.L. n. 331 del 1993).

Qualora tali cessioni siano effettuate nei confronti di soggetti intracomunitari privati o che beneficiano del regime derogatorio, sono applicabili le disposizioni previste per le vendite a distanza.

Ovvero:

–   se il cedente residente, sia nell’anno precedente che in quello in corso, ha effettuato in uno Stato membro vendite a distanza di ammontare inferiore a 100.000 euro (o al minor limite stabilito nell’ambito della disciplina interna di ciascun Stato membro), le cessioni sono imponibili in Italia.

–  se l’ammontare delle vendite nell’altro Stato membro è invece superiore alla suddetta soglia, il soggetto italiano dovrà nominare un rappresentante fiscale nello Stato estero ovvero identificarsi direttamente nell’altro Stato ai fini dell’assolvimento dell’IVA.

 

Operazioni poste in essere da soggetti italiani verso soggetti residenti in paesi NON UE (operazioni internazionali).

Se le operazioni sono effettuate nei confronti di soggetti passivi extra UE si realizzeranno importazioni/esportazioni extracomunitarie (artt. 67 e ss. del DPR n. 633/72 per le importazioni; art. 8 del DPR n. 633/72 per le esportazioni).

Ai fini della fatturazione quindi l’azienda emetterà sempre fatture senza IVA, trattandosi in questo caso di cessioni all’esportazione, sia che siano dirette a privati, sia che siano dirette ad aziende.

Sarà cura dell’azienda stipulare accordi con distributori affidabili, dato che essi agiranno per conto del venditore come spedizionieri doganali.

Se le vendite on – line all’estero rappresentano almeno il 10% del volume di affari dell’azienda, queste possono essere considerate elementi costitutivi dello status di esportatore abituale. I corrispettivi sono dunque validi per l’attivazione di un plafond da utilizzarsi per l’acquisto e l’importazione di beni o servizi senza applicazione dell’IVA.

Il reddito prodotto dalle transazioni in Rete deve essere considerato come interamente tassabile in Italia.

Imposizione diretta:

L’individuazione delle norme fiscali in materia di imposte sul reddito da applicare in relazione ai proventi realizzati con l’attività di e – commerce può non essere sempre facile e automatica.

A volte infatti può essere difficile individuare i soggetti che partecipano alla transazione, oppure l’utilizzo di indirizzi di posta elettronica o di domini che non forniscono alcuna indicazione precisa riguardo i soggetti che effettuano l’operazione.

In tal senso assumono ruolo fondamentale i concetti di residenza, di stabile organizzazione, fortemente vincolati alla presenza fisica del soggetto nel commercio tradizionale, che dovranno però essere rivisitati in funzione delle nuove modalità attraverso le quali si svolge il commercio elettronico.

La difficoltà maggiore è legata all’adattamento del concetto di stabile organizzazione al fenomeno rappresentato dell’E – commerce.

Il Modello Convenzionale dell’O.C.S.E. ci viene in aiuto affermando che mentre il server, in presenza di particolari condizioni, può essere considerato stabile organizzazione in base all’art. 5 del modello stesso e al paragrafo 10 del relativo commentario, il sito Web, non rappresentando un bene materiale, non costituisce una sede fissa d’affari.

Il server – per contro – in base al citato paragrafo 10, può essere considerato una stabile organizzazione anche in assenza di personale addetto al funzionamento e alla manutenzione dell’apparecchiatura stessa.

Per alcuni Paesi è necessario, per configurare la presenza di una stabile organizzazione, che il server – anche senza l’ausilio di personale addetto – svolga l’attività caratteristica dell’impresa.

Per altri Paesi, sono le funzioni “chiave” dell’impresa che devono essere svolte tramite il server.

Il documento, passando in rassegna differenti punti di vista, consente di individuare le fattispecie sensibili da valutare volta per volta in relazione delle differenti legislazioni dei Paesi in cui si trova collocato il server.

Infine, un ulteriore problema è legato alla natura del reddito prodotto. Infatti, il corrispettivo della transazione potrebbe costituire un ricavo ovvero royalties. Con la R.M. 169/E del 30.07.97 l’Amministrazione finanziaria – aderendo all’orientamento espresso dall’OCSE – chiarisce che l’acquisto di software non comporta pagamento di royalties, mentre l’acquisto dei diritti di riproduzione e commercializzazione rientra nel campo applicativo della ritenuta.

Per quanto attiene invece il commercio elettronico diretto, che ricordiamo essere quello  in cui tutte le fasi si svolgono telematicamente in assenza quindi di una consegna materiale e fisica del bene acquistato, le operazioni rappresenteranno sempre, ai fini Iva una prestazione di servizi e come tale quindi dovrà essere disciplinata.

I criteri di territorialità (uno dei presupposti che rendono  una operazione interessante ai fini Iva) sono stati recentemente riformati dal Decreto Legislativo n. 18 del 2010, in vigore appunto dal 01.01.2010, quale recepimento di una Direttiva Comunitaria la n. 2008/8/CE.

In tale occasione è stata fissata una regola generale, nell’ambito della quale operano due criteri differenti a seconda della condizione soggettiva del committente, ovvero:

–  se il committente è soggetto passivo d’imposta, rileverà la sede del committente (business to business);

–  se il committente non è invece soggetto passivo d’imposta, rileverà la sede del prestatore (business to consumer).

 

Quali sono gli adempimenti per avviare un’attività di e – commerce?

Li possiamo così riassumere:

1) apertura della Partita Iva e avvio dell’attività con l’indicazione della categoria merceologica di azione.

Esiste un unico codice di attività da utilizzare, qualunque sia il prodotto che si intende vendere; il codice Atecofin è 47.91.10 ovvero “Commercio al dettaglio di prodotti via internet”.

Dovrà essere inoltre indicato il sito web attraverso il quale si opererà e il service provider.

Il sito web potrà essere:

– di proprietà;

– di titolarità di altri e quindi ospitante.

2) apertura posizione presso il Registro delle Imprese, con Modello Comunica, attivo dal 2010, che consente tra l’altro anche di effettuare un’unica comunicazione ricomprendendo con essa anche gli adempimenti indicati al precedente punto 1);

3) inserimento nell’archivio VIES presso l’Agenzia delle Entrate per poter porre in essere operazioni intracomunitarie;

4) segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) al Comune di Residenza se si tratta di una ditta individuale o al Comune presso il quale è stata istituita la sede legale nel caso in cui l’attività sia svolta da una società.

Tale segnalazione è obbligatoria sia nel caso in cui venga avviata un’attività di commercio on line mediante un proprio negozio virtuale (su proprio sito internet) sia nel caso in cui si utilizzi un negozio virtuale all’interno di un mercato virtuale più ampio (per esempio E-Baby o Amazzon);

5) dichiarazione di inizio attività presso il Registro delle Imprese;

6) apertura posizione previdenziale presso l’Inps, anche in questo caso sarà possibile effettuarla attraverso Comunica, ed eventualmente anche presso l’Inail nel caso in cui la ditta svolga la propria attività con l’ausilio di personale dipendente o parasubordinato in relazione alle attività definite dalla legge come rischiose;

7) conservare tutte le fatture di acquisto della merce ed emettere fattura, se richiesta dal cliente che effettua l’acquisto. In alternativa si possono annotare gli incassi sul registro dei corrispettivi;

8) indicare sulla home page del sito utilizzato per l’e – commerce la ragione sociale della ditta, indirizzo completo, partita Iva e Numero Rea; nel caso in cui il soggetto sia una società di capitali dovrà essere indicato anche il Capitale sociale sottoscritto e versato.

Avviare  un’attività di commercio elettronico può essere un’attività di successo; ecco i punti di forza:

  • richiede un investimento iniziale piuttosto limitato (in particolare per la realizzazione di un efficace sito internet);
  • raggiunge un numero illimitato di potenziali clienti grazie alla visibilità dei prodotti promossi attraverso il sito internet, consentendo quindi di creare un buon portafoglio clienti;
  • riduce i tempi di risposta, consegna e pagamento.

Per contro è ovviamente richiesto:

– una buona organizzazione;

– un impegno costante;

– la capacità di fidelizzare il cliente in assenza di un contatto diretto, con opportune promozioni;

– l’evasione sollecita degli ordini;

– la possibilità di fornire eventualmente assistenza post vendita.

 

Fonti normative:

– Decreto Legislativo 31.03.1998 n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore commercio”;

– Decreto Legislativo 26.03.2010 n. 59 “Attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa al servizio nel mercato interno;

– Decreto Legislativo 09.04.2003 n. 70 “Attuazione della Direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società di informazione, in particolare il commercio elettronico del mercato interno. Tale Decreto regola i servizi erogati per mezzo di un canale telematico allo scopo di promuovere la libera circolazione nel mercato comunitario;

– Direttiva Europea sul commercio elettronico 2000/31/CE avente come scopo quello di predisporre un quadro normativo armonico e coerente applicabile a tutti gli Stati dell’Unione;

– Direttiva 2001/115/CE del Consiglio del 20.12.2001 che modifica la direttiva 77/388/CE al fine di semplificare, modernizzare e armonizzare le modalità di fatturazione previste in materia di imposta sul valore aggiunto;

– Regolamento (CE) n. 792/2002 del Consiglio del 07.05.2002 che modifica temporaneamente il regolamento (CE) n. 218/92 concernente la cooperazione amministrativa nel settore delle imposte indirette (IVA), con riferimento a delle misure aggiuntive in materia di commercio elettronico;

– Direttiva 2002/38/CE del Consiglio del 07.05.2002 che modifica temporaneamente la Direttiva 77/388/CE per quanto riguarda il regime di imposta sul valore aggiunto applicabile ai servizi di radio diffusione e di televisione e a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici;

– Direttiva 2008/8/CE del Consiglio del 12.02.2008 che modifica la Direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi;

– Direttiva 2010/45/CE del Consiglio del 13.07.2010 recante modifica della Direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione;

– Regolamento (CE) 282/2011 del Consiglio 15.03.2011 recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto.

 

Per ulteriori approfondimenti, è possibile acquistare la guida dedicata alla disciplina fiscale dell’ e-commerce.

 

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