Le misure fiscali e di sostegno economico dell’impresa sociale sono disciplinate dall’art. 18, DLgs n. 112/2017, modificato dal decreto correttivo (DLgs n. 95/2018), che ha sostituito la disciplina previgente contenuta nel DLgs n. 115/2006, risultata priva di misure incentivanti ad assumere la forma di impresa sociale.
Nella previgente disciplina, infatti, divenire una impresa sociale non determinava alcun effetto fiscale; ciascun ente continuava ad applicare i modelli impositivi operanti con riferimento alla propria veste giuridica e non beneficiava di alcun regime agevolativo.
Su tale scia, il DLgs n. 112/2017 ha introdotto un’ampia riforma della disciplina di riferimento finalizzata ad incentivare lo sviluppo dell’impresa sociale. In particolare, il legislatore:
– ha previsto la non imponibilità delle somme destinate a riserva;
– ha introdotto incentivi fiscali, sulla base del modello per le start-up, per coloro che decidono di investire nell’impresa sociale;
– ha riconosciuto alle imprese sociali la possibilità di accedere alla raccolta di capitali di rischio attraverso portali online.
Sulla disciplina fiscale dell’impresa sociale si è soffermato anche il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili che con il documento di ricerca pubblicato il 03 ottobre 2018 ha fornito chiarimenti sull’art. 18, DLgs n. 112/2017 e sulle modifiche apportate dal DLgs n. 95/2018.
Detassazione utili e avanzi di gestione
In linea generale, i redditi delle imprese sociali sono determinati secondo le norme tributarie ordinariamente applicabili alle diverse tipologie di enti che possono assumere la qualifica di impresa sociale. Tale principio è stato anche ribadito dall’Agenzia delle Entrate, con la risposta 05 agosto 2020 n. 243.
L’acquisizione della qualifica, tuttavia, comporta l’assunzione di determinati vincoli per l’impresa sociale, fra cui l’obbligo di destinare i propri utili o avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o a incremento del proprio patrimonio, con possibilità di distribuire ai soci una quota inferiore al 50% per le seguenti finalità:
– se costituita nelle forme di cui al libro V del Codice civile:
a) aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci, nei limiti delle variazioni dell’indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall’ISTAT per il periodo corrispondente a quello dell’esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati prodotti;
b) distribuzione, anche mediante aumento gratuito del capitale sociale o l’emissione di strumenti finanziari, di dividendi ai soci, in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;
– erogazioni liberali in favore di enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali, che non siano fondatori, associati, soci dell’impresa sociale o società da questa controllate, finalizzate alla promozione di specifici progetti di utilità sociale.
I suddetti limiti di distribuzione sono state compensate con l’introduzione di alcune ipotesi di detassazione degli utili previste dall’art. 18, DLgs n. 112/2017 e corrette dal DLgs n. 95/2018. Nello specifico, viene previsto che non concorrono alla formazione del reddito imponibile:
– le somme destinate al versamento del contributo di vigilanza per l’esercizio dell’attività ispettiva organizzata dal Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, i cui importi sono stabiliti nell’art. 23, del decreto 29 marzo 2022;
– le somme accantonate a riserve destinate allo svolgimento dell’attività statutaria;
– le imposte sui redditi riferibili alle variazioni fiscali effettuate ai sensi dell’art. 83 del TUIR, ove si generi un utile o un maggior utile da destinare ad incremento del patrimonio.
Va evidenziato, che risulta quindi imponibile qualsiasi forma di distribuzione di utili ai soci, anche qualora ciò avvenga sotto forma di aumento gratuito del capitale. Inoltre, è consentito l’utilizzo di dette riserve a copertura di perdita e non comporta la decadenza del beneficio, sempre che non vengano distribuiti utili fino a quando le riserve non sono state ricostituite.
Le citate ipotesi di detassazione operano anche con riferimento agli utili e agli avanzi di gestione derivanti dallo svolgimento di attività diverse da quelle istituzionale, fermo restando il rispetto delle condizioni previste.
Contributo di vigilanza
Le imprese sociali sono tenute a versare il contributo di vigilanza per le spese relative al sistema di vigilanza organizzato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e disciplinato dal decreto 29 marzo 2022. La misura del contributo è determinata tenendo conto del fatturato relativo all’anno precedente il sorgere dell’obbligo, secondo quanto di seguito indicato:
– con un fatturato fino a euro 50.000,00, il contributo è pari a euro 150,00;
– con un fatturato da euro 50.000,00 a euro 250.000,00, il contributo è pari a euro 300,00;
– con un fatturato da euro 250.000,00 a euro 500.000,00, il contributo è pari a euro 600,00;
– con un fatturato da euro 500.000,00 a euro 1.000.000,00, il contributo è pari a euro 1.250,00;
– con un fatturato da euro 1.000.000,00, il contributo è pari a euro 2.500,00.
Relativamente ai termini di versamento, in sede di prima applicazione, il contributo è dovuto dalle imprese sociali che dall’anno 2022 hanno approvato il bilancio di esercizio relativo all’anno 2021. Il medesimo è versato entro 90 giorni dalla pubblicazione del provvedimento dell’Agenzia delle entrate con il quale sono individuati i codici tributo per il versamento mediante il modello F24.
Successivamente, le imprese sociali versano il contributo entro 30 giorni dall’approvazione del bilancio di esercizio relativo all’anno precedente a quello in cui il contributo è dovuto.
Gli enti che acquisiscono la qualifica di impresa sociale versano il contributo entro novanta giorni dall’iscrizione nell’apposita sezione del registro delle imprese.
Secondo quanto disposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, con il decreto 20 luglio 2023, il versamento è effettuato con il modello F24.
Incentivi fiscali
Sulla base del modello approvato per le start-up, per coloro che decidono di investire nell’impresa sociale sono previste le seguenti misure:
– detrazione IRPEF per investimenti nel capitale sociale dell’impresa sociale: è prevista una detrazione IRPEF pari al 30% della somma investita nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di 5 anni. L’ammontare, in tutto o in parte, non detraibile nel periodo d’imposta di riferimento può essere portato in detrazione nei periodi d’imposta successivi, ma non oltre il terzo. L’investimento massimo detraibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di 1.000.000 euro e deve essere mantenuto per almeno 5 anni. L’eventuale cessione, anche parziale, dell’investimento prima del decorso di tale termine, comporta la decadenza dal beneficio e l’obbligo di restituire l’importo detratto, unitamente agli interessi legali;
– deduzione IRES per investimenti nel capitale sociale dell’impresa sociale: è riconosciuta, per i soggetti passivi IRES, una deduzione dal reddito pari al 30% della somma investita nel capitale sociale di una o più società, incluse società cooperative, che abbiano acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di 5 anni. L’investimento massimo deducibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di 1.800.000 euro e deve essere mantenuto per almeno 5 anni. L’eventuale cessione, anche parziale, dell’investimento prima del decorso di tale termine, comporta la decadenza dal beneficio ed il recupero a tassazione dell’importo dedotto. Sull’imposta non versata per effetto della deduzione non spettante sono dovuti gli interessi legali.
Tali misure di finanziamento sono riconosciute anche agli atti di dotazione e ai contributi di qualsiasi natura in favore di fondazioni che hanno acquisito la qualifica di impresa sociale da non più di 5 anni.
Equity crowdfunding
Le imprese sociali possono accedere alla raccolta di capitale di rischio tramite piattaforme telematiche regolate dal Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (DLgs n. 58/1998).
Tale strumento, introdotto per le start-up innovative e, successivamente, esteso prima alle piccole e medie imprese innovative e poi alle piccole e medie imprese, consente alle società di effettuare un’offerta al pubblico di quote o azioni, per raccogliere capitale di rischio.
Questa modalità di raccolta del capitale ha ad oggetto conferimenti solitamente di modesto valore unitario, ma grazie all’utilizzo di canali telematici, consente di raggiungere un numero potenzialmente elevato di persone.
Semplificazioni fiscali
Alle imprese sociali non si applicano le norme in materia di società di comodo e gli Indici sintetici di affidabilità fiscale.
Decorrenza
L’efficacia delle disposizioni contenute nell’art. 18 del DLgs. 112/2017 è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea che ad oggi non risulta ancora pervenuta.
Le disposizioni del Codice del Terzo Settore
Il Codice del Terzo Settore, istituito con il DLgs n. 117/2017, contiene ulteriori misure fiscali agevolative applicabili alle imprese sociali in materia di imposte indirette e tributi locali e in materia di deduzioni e detrazioni riconosciute a fronte di erogazioni liberali.
Ai sensi dell’art. 82 del Codice, ad esclusione delle sole imprese sociali costituite in forma societaria:
– ai trasferimenti a titolo gratuito non si applica l’imposta sulle successioni e donazioni e l’imposta ipotecaria e catastale;
– agli atti costitutivi, alle modifiche statutarie e alle operazioni straordinarie, si applicano le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa; le modifiche statutarie sono totalmente esenti dall’imposta di registro se hanno lo scopo di adeguare gli atti a modifiche o integrazioni normative;
– ai trasferimenti di immobili a titolo oneroso, si applicano le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa, a condizione che i beni siano direttamente utilizzati, entro 5 anni dal trasferimento, in diretta attuazione degli scopi istituzionali o dell’oggetto sociale e che l’impresa sociale renda, contestualmente alla stipula dell’atto, apposita dichiarazione in tal senso; in caso di dichiarazione mendace o di mancata effettiva utilizzazione del bene in diretta attuazione degli scopi istituzionali o dell’oggetto sociale, è dovuta l’imposta nella misura ordinaria, nonché la sanzione amministrativa pari al 30% dell’imposta dovuta oltre agli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta avrebbe dovuto essere versata;
– gli atti, i documenti, le istanze, i contratti, nonché le copie anche se dichiarate conformi, gli estratti, le certificazioni, le dichiarazioni, le attestazioni e ogni altro documento cartaceo o informatico in qualunque modo denominato posti in essere o richiesti, sono esenti dall’imposta di bollo;
– può essere prevista una riduzione o esenzione Irap se disposta dalle Regioni o dalle Province Autonome di Trento e Bolzano;
– l’imposta sugli intrattenimenti non è dovuta per le attività indicate nella tariffa allegata al DPR n. 640/1997 svolte occasionalmente o in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;
– gli atti e i provvedimenti relativi alle imprese sociali sono esenti dalle tasse sulle concessioni governative.
Ai sensi dell’art. 83 del Codice, è previsto un regime di deducibilità o detrazione delle erogazioni liberali effettuate nei confronti degli enti del Terzo settore, incluse le imprese sociali ed escluse quelle costituite in forma societaria, a condizione che le liberalità ricevute siano utilizzate per lo svolgimento dell’attività statutaria, ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
Iva
L’impresa sociale che esercita stabilmente un’attività d’impresa di interesse generale, anche se svolge prevalentemente assistenza sociale, non gode delle agevolazioni Iva previste per gli enti non commerciali. Infatti, il codice del terzo settore, sostituendo nel decreto Iva la parola “onlus” con la locuzione “enti del terzo settore di natura non commerciale”, ha escluso dai soggetti che possono beneficiare dell’esenzione Iva di cui all’art. 10, co 1, n. 27-ter) del DPR n. 633/1972, tutti gli enti che hanno natura commerciale e, di conseguenza, anche le imprese sociali che sono enti di natura commerciale.
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta 15 luglio 2021 n. 475, ha confermato il suddetto principio, precisando che acquisita la qualifica di impresa sociale non è possibile rientrare tra gli enti aventi finalità assistenza sociale che effettuano le prestazioni di cui al citato n. 27-ter, ossia:
“le prestazioni socio-sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità e simili, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e di malati di AIDS, degli handicappati psicofisici, dei minori anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, di persone migranti, senza fissa dimora, richiedenti asilo, di persone detenute, di donne vittime di tratta a scopo sessuale e lavorativo, rese da organismi di diritto pubblico, da istituzioni sanitarie riconosciute che erogano assistenza pubblica, previste dall’articolo 41 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, o da enti aventi finalità di assistenza sociale e da enti del Terzo settore di natura non commerciale”.
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