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27 Ottobre 2023
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Prescrizione e decadenza della cartella di pagamento

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La cartella di pagamento è il principale strumento di riscossione delle entrate pubbliche e viene emessa dall’Agenzia delle Entrate di Riscossione. È il primo atto che viene notificato al contribuente in base al ruolo dell’ente creditore.

Al riguardo, l’art. 17, co. 1 e 2, DLgs n. 46/1999, stabilisce che “si effettua mediante ruolo la riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi quelli economici.

Può essere effettuata mediante ruolo affidato ai concessionari la riscossione coattiva delle entrate delle regioni, delle province, anche autonome, dei comuni e degli altri enti locali, nonché quella della tariffa del servizio di fognatura e depurazione”.

In tale sede, è opportuno rammentare che ai sensi dell’art. 10, co. 1, lett. b, DPR n. 602/1973, il ruolo è l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’ente impositore ai fini della riscossione.

Nel ruolo sono indicati il numero del codice fiscale del contribuente, la specie del ruolo, la data in cui il ruolo diviene esecutivo e il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione, anche sintetica, della pretesa.

Detto questo, ai fini della riscossione, la cartella di pagamento, nei casi più comuni riguardanti le imposte sui redditi, l’IVA e l’IRAP, deve essere notificata al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre:

– del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero a quello di scadenza del versamento dell’unica o ultima rata se il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione è presentata, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione (art. 36-bis, DPR n. 600/1973), nonché del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta per le indennità di fine rapporto e le prestazioni pensionistiche dovute (artt. 19, 20 DPR n. 917/1986);

– del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di controllo formale (art. 36-ter, DPR n. 600/1973);

– del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio;

– del terzo anno successivo a quello di scadenza dell’ultima rata del piano di rateazione per le somme dovute a seguito degli inadempimenti nei pagamenti delle somme dovute a seguito dell’attività di controllo dell’Agenzia delle Entrate.

Per altre fattispecie, la notifica segue regole diverse. In particolare, il concessionario notifica la cartella di pagamento, a pena di decadenza:

– per i crediti anteriori alla data di pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo nel registro delle imprese, non ancora iscritti a ruolo, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo:

a) alla pubblicazione del decreto che revoca l’ammissione al concordato preventivo ovvero ne dichiara la mancata approvazione;

b) alla pubblicazione della sentenza che dichiara la risoluzione o l’annullamento del concordato preventivo;

– per i crediti rientranti nell’accordo di ristrutturazione dei debiti, non ancora iscritti a ruolo alla data di presentazione della proposta di transazione fiscale, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo alla scadenza del termine di cui al settimo comma dell’articolo 182-ter del regio decreto n. 267/1942, ovvero alla pubblicazione della sentenza che dichiara l’annullamento dell’accordo;

– per i crediti non ancora iscritti a ruolo, anteriori alla data di pubblicazione della proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento o della proposta di piano del consumatore, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo:

a) alla pubblicazione del decreto che dichiara la risoluzione o l’annullamento dell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, ovvero la cessazione degli effetti dell’accordo;

b) alla pubblicazione del decreto che revoca o dichiara la cessazione degli effetti del piano del consumatore.

La cartella di pagamento notificata, contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata. La cartella di pagamento contiene anche l’indicazione della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo e ai fini della scadenza del termine di pagamento il sabato è considerato giorno festivo.


Prescrizione della cartella

L’intimazione ad adempiere all’obbligo di pagamento notificato ha una scadenza, ossia un termine di prescrizione entro il quale va fatta valere l’obbligazione tributaria.

La prescrizione decorre in un momento successivo alla notifica della cartella di pagamento, ovvero, decorre dal giorno successivo a quello in cui il tributo o la sanzione devono essere pagati.

Il termine di prescrizione, ai sensi degli artt. 2946 e 2948 del codice civile, può essere decennale o quinquennale.

In particolare, si prescrivono in cinque anni:

– le annualità delle rendite perpetue o vitalizie;

– il capitale nominale dei titoli di Stato emessi al portatore;

– le annualità delle pensioni alimentari;

– le pigioni delle case, i fitti dei beni rustici e ogni altro corrispettivo di locazioni;

– gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi;

– le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro.

Relativamente “agli gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, la Corte costituzionale, con le sentenze 10 giugno 1966, n. 63, 20 novembre 1969, n. 143, 12 dicembre 1972, n. 174 e 21 maggio 1975, n. 115 ha dichiarato l’illegittimità di questo numero, limitatamente alla parte in cui consente che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorra durante il rapporto di lavoro.

Tale statuizione non trova applicazione nei casi in cui sia assicurata la stabilità del rapporto e non si estende pertanto ai rapporti d’impiego dei dipendenti dello Stato e degli altri enti pubblici.

Inoltre, per disposizioni normative, la prescrizione è di cinque anni:

– ai sensi dell’art. 20, co. 3, DLgs n. 472/1997, per le sanzioni tributarie;

– ai sensi dell’art. 3, co. 9, L n. 335/1995, per i contributi previdenziali e assistenziali.

Sui termini di prescrizione si è anche espressa più volte la giurisprudenza, infatti, secondo l’orientamento consolidato della Cassazione, la prescrizione:

– è di 10 anni, per le imposte sui redditi, l’IVA e l’IRAP. A riguardo, la Corte di Cassazione, con la sentenza 09 febbraio 2007 n. 2941 ha stabilito che: “in tema di IVA, il credito erariale per la riscossione dell’imposta (a seguito di accertamento divenuto definitivo) è soggetto non già al termine di prescrizione quinquennale previsto dall’art. 2948, c.c., bensì all’ordinario termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c., in quanto la prestazione tributaria, attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta e delle relative obbligazioni, non può considerarsi una prestazione periodica, derivando il debito, anno per anno, da una nuova ed autonoma valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi”;

– è di 5 anni, per i tributi locali, secondo la Cassazione del 25 marzo 2021 n. 8405 e la Cassazione del 15 ottobre 2020 n. 22351;

– è di 5 anni, per il diritto annuale, secondo la Cassazione del 25 maggio 2021 n. 14244.


Interruzione della prescrizione

La prescrizione può essere interrotta da ogni atto, emesso sia dell’ente creditore che dall’Agenzia Entrate-Riscossione, che valga a costituire in mora il debitore.

In particolare, ai sensi dell’art. 2943 c.c., il termine de prescrizione può interrompersi:

– dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio, sia questo di cognizione ovvero conservativo o esecutivo;

– dalla domanda proposta nel corso di un giudizio;

– da ogni altro atto che valga a costituire in mora il debitore e dall’atto notificato con il quale una parte, in presenza di compromesso o clausola compromissoria, dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri.

Per effetto dell’interruzione inizia un nuovo periodo di prescrizione e se l’interruzione è avvenuta mediante uno dei due primi casi sopra indicati, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio.

Se il processo si estingue, rimane fermo l’effetto interruttivo e il nuovo periodo di prescrizione comincia dalla data dell’atto interruttivo.

Nel caso di arbitrato la prescrizione non corre dal momento della notificazione dell’atto contenente la domanda di arbitrato sino al momento in cui il lodo che definisce il giudizio non è più impugnabile o passa in giudicato la sentenza resa sull’impugnazione (art. 2945 c.c.).

L’interruzione è dunque funzionale a consentire la decorrenza di un nuovo periodo di prescrizione a condizione che avvenga nelle forme e con le modalità di cui al cit. art. 2943 c.c..

Al riguardo, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24116/2016 ha precisato che un atto per avere efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora.

Anche il comportamento del contribuente può comportare l’interruzione della prescrizione. Ai sensi dell’art. 2944, c.c., “la prescrizione è interrotta dal riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere”. Al riguardo, interrompe la prescrizione la presentazione del ricorso in Commissione tributaria, sino alla formazione del giudicato (art. 2943, co. 1, c.c.).

Attenzione: la prescrizione si differenzia dalla decadenza in quanto solo i termini di prescrizione si interrompono.


Decadenza della cartella

Con la decadenza si intende il termine entro cui la cartella di pagamento deve essere notificata al contribuente da quando l’ente titolare del credito ha iscritto a ruolo il debito.

I termini di decadenza sono quindi collegati al rispetto dei termini di notifica delle cartelle di pagamento (art. 25, DPR n. 602/1973), come indicati in precedenza e, se non rispettati, comportano la perdita della possibilità di esercitare la riscossione. A titolo esemplificativo, se la cartella viene notificata oltre il termine di decadenza, l’ente creditore perde il potere di procedere alla riscossione tramite ruolo.

Come già accennato, a differenza dei termini di prescrizione, i termini di decadenza non possono essere sospesi; la decadenza è impedita solo dal compimento dell’atto previsto dalla legge, mentre, i termini di prescrizione, ove non rispettati, comportano l’estinzione del diritto. Una volta decorsa la prescrizione, l’ente creditore non può più chiedere il pagamento né tramite ruolo né tramite altre procedure.

Pertanto, al contrario della prescrizione, nella decadenza i termini non possono essere interrotti e fatti ripartire da capo. L’unico modo per bloccarla è notificare la cartella di pagamento.

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