Il Codice civile disciplina la transazione definendola come un accordo tra le parti che mirano a risolvere o a prevenire litigi mediante concessioni reciproche. Scopriamo in questa guida cos’è l’istituto della transazione, in particolare di quella fiscale.
Contratto di transazione: la disciplina civilistica
Il Legislatore nel Codice civile dedica un intero capo al contratto di transazione, il quale è volto a prevenire o comporre una lite tra due o più parti. L’accordo transattivo non è altro che uno strumento alternativo alla risoluzione giudiziale delle contestazioni: attraverso questo contratto le parti giungono ad un accordo. Si tratta di un istituto che viene utilizzato in differenti settori per risolvere una controversia o per prevenirla, ma non sempre la transazione può essere utilizzata per risolvere una lite. Affinchè le parti possano transigere è necessario che le stesse abbiano la capacità di disporre dei diritti che hanno concorso a fare insorgere la contestazione. Solo i diritti che rientrano nella disponibilità delle parti possono essere oggetto dell’accordo di transazione. La transazione consente di estinguere la controversia insorta con la medesima efficacia con cui verrebbe estinta tramite una sentenza.
La normativa conferisce ampio potere all’autonomia privata: è fondamentale che ciascuna parte sacrifichi in parte la propria pretesa. Nel caso in cui il sacrificio provenga solo da una parte non ci può essere alcun accordo transattivo. Dal momento che ci deve essere un vantaggio per entrambe le parti, l’accordo di transazione rientra nella categoria dei contratti a prestazioni corrispettive. Stipulando il contratto di transazione le parti evitano l’ordinario giudizio, che potrebbe non dare i risultati auspicati e possono ottenere un risultato certo in tempi brevi, risparmiando anche i costi e le lungaggini burocratiche. Presupposto oggettivo dell’accordo transattivo è la lite attuale o potenziale che può insorgere tra le parti. Quando si parla di lite si intende che tra le parti sia sorto un conflitto che si manifesta con la rivendicazione di un diritto da una parte e con il diniego dello stesso dall’altra parte. Ai sensi dell’articolo 1967 del Codice civile: “La transazione deve essere provata per iscritto, fermo il disposto del n. 12 dell’articolo 1350″.
Transazione fiscale: introduzione e disciplina dell’istituto
L’istituto della transazione fiscale, la cui denominazione in seguito alle riforme del dicembre 2016 è stata modificata in “Trattamento dei crediti tributari e contributivi”, è volto a promuovere nei rapporti tra il fisco e il contribuente il raggiungimento di accordi negoziali nell’ambito di una procedura di regolazione concordata della crisi d’impresa. La legge fallimentare, con la disposizione di cui all’articolo 182-ter offre all’imprenditore in crisi, debitore nei confronti del fisco, la possibilità di scongiurare in dissesto aziendale consentendogli di proporre, con il piano di concordato preventivo, il pagamento parziale o dilazionato dei tributi erariali. La disciplina attualmente vigente è il risultato delle innumerevoli modifiche intervenute negli ultimi 15 anni e della tendenza del Legislatore a concepire il rapporto tra fisco e contribuente in termini differenti rispetto al passato, un rapporto non più incentrato sull’esercizio unilaterale della pretesa erariale, ma imperniato sul dialogo e sulla collaborazione tra fisco e il contribuente.
Ne sono una valida dimostrazione la presenza nell’ordinamento tributario dei seguenti istituti: interpello, autotutela, regime di adempimento collaborativo, accertamento con adesione e conciliazione giudiziale. Grazie a questa nuova visione del rapporto tributario si inserisce la transazione fiscale che, atteggiandosi ad operazione finanziaria volta alla ristrutturazione del debito erariale e attenuando il tradizionale principio di indisponibilità delle obbligazioni tributarie, ha come obiettivo quello di agevolare l’esito positivo delle procedure di regolazione concordata della crisi d’impresa. Dal momento che il debito tributario contributivo va a gravare pesantemente sulle imprese, è indispensabile incentivare la definizione di accordi tra imprenditore in crisi e i suoi creditori, tra i quali figura il Fisco, il quale non deve costituire un ostacolo nelle procedure tese a superare la crisi che infligge l’azienda.
In presenza di un debito fiscale di entità rilevante e dinanzi all’obiettiva incapacità di un’impresa di restituire le somme dovute all’Erario, sarà necessario ridurre l’ammontare di credito fiscale accumulato nei differenti esercizi attraverso modelli legali di ristrutturazione del debito tributario. Tale risultato può essere conseguito con la procedura transattiva di cui all’articolo 182-ter, legge fallimentare, attraverso cui l’imprenditore può fissare con le agenzie fiscali nuove scadenze di pagamento (transazione fiscale dilatoria) oppure ottenere la decurtazione del debito (transazione fiscale remissoria), aumentando le probabilità di buona riuscita del concordato o dell’accordo di ristrutturazione.
L’istituto della transazione costituisce il punto di incontro delle discipline fiscali e concorsuale, la sintesi tra l’interesse pubblico ad un’azione impositiva e l’interesse alla tutela dei creditori e alla conservazione delle componenti positive dell’azienda. La transazione fiscale può essere annoverata tra gli strumenti di soluzione della crisi d’impresa (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione e piani di risanamento) che la riforma del diritto concorsuale ha inteso valorizzare al fine di incentivarne il ricorso, passando da un sistema normativo ispirato da finalità liquidatorie dell’impresa insolvente ad una nuova disciplina che valorizza l’impresa puntando alla sua salvaguardia. Nel modificare il R.D. n 267/1942, Il legislatore ha introdotto nuove norme, tra le quali l’articolo 182-ter riguardante la transazione fiscale. Nonostante la transazione fiscale costituisca uno strumento valido per ridurre in misura significativa il passivo che grava su un’impresa in crisi, essa ha ricevuto una limitata applicazione, a causa probabilmente delle contraddizioni derivanti da una iperproduzione legislativa.
Transazione fiscale: caratteristiche art 182-ter Legge Fallimentare
Analizziamo i caratteri principali della nuova disciplina della transazione fiscale attraverso l’analisi testuale dell’articolo 182-ter Legge Fallimentare, I cui primi quattro commi disciplinano il trattamento dei crediti tributari e contributivi nell’ambito del concordato preventivo, mentre i commi quinto e sesto si occupano dell’istituto quando esso è accessorio ad un accordo di ristrutturazione dei debiti. In nessuna casistica il debitore potrà conseguire la rateizzazione del debito tributario o contributivo, oggetto del concordato preventivo (articolo 160 Legge Fallimentare) o delle trattative finalizzate alla stipulazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti (articolo 182 bis Legge Fallimentare), se non ricorre al sub procedimento di cui all’articolo 182-ter Legge Fallimentare.
L’iter evolutivo della norma è stato portato a compimento con le modifiche introdotte ad opera della Legge di Bilancio 2017, la quale ha previsto che il contribuente possa proporre il pagamento vs parziale o dilazionato dei crediti erariali esclusivamente mediante la proposta presentata ai sensi dell’articolo 182-ter. Il succitato articolo non specifica quali sono i soggetti che, in presenza di pendenze tributarie, possono avvalersi dell’istituto della transazione fiscale al fine di far partecipare l’amministrazione tributaria e gli enti previdenziali gli assistenziali al procedimento finalizzato alla rimodulazione del debito. Il testo della norma indica quale proponente della transazione fiscale il “debitore”, ma il rinvio operato dal primo e dal quinto comma della disposizione alle procedure di cui agli articoli 160 e 182 bis Legge Fallimentare consente di identificarli con gli stessi ai quali è consentito proporre istanza per l’ammissione al concordato preventivo.
Con riferimento al trattamento dei crediti tributari e contributivi attivabili nell’ambito della procedura di concordato preventivo, la proposta di cui all’articolo 182-ter legge fallimentare potrà essere presentata dall’imprenditore che si trova in stato di crisi, ma non qualsivoglia imprenditore, in quanto l’articolo 1 legge fallimentare assoggetta “alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale”. Il trattamento concorsuale dei crediti tributari contributivi è precluso ai piccoli imprenditori, agli enti pubblici e a tutti gli altri soggetti non imprenditori, tra cui professionisti che non potranno beneficiare dei vantaggi ricollegabili alla transazione fiscale. L’articolo 182 bis legge fallimentare utilizza il termine “imprenditore” per indicare il soggetto legittimato ad usufruire degli accordi di ristrutturazione senza però chiarire se l’istituto possa essere esteso a qualsiasi tipo di imprenditore, oppure se esso sia limitato ai soli imprenditori assoggettabili a fallimento ex articolo 1 legge fallimentare. La soluzione che individua, quali unici soggetti che possono accedervi, quelli fallibili potrebbe apparire più coerente con la disciplina degli accordi di ristrutturazione.
A partire dal 2011 è stato ampliato l’ambito soggettivo di applicazione degli accordi di ristrutturazione della transazione fiscale, ammettendo gli imprenditori agricoli tra coloro che possono accedervi, con la possibilità anche per questa categoria di impresa di evitare il dissesto. Prima di tale intervento normativo l’imprenditore agricolo era stato riconosciuto come unica soluzione in caso di crisi aziendale quella di stipulare accordi extracontrattuali con i creditori. L’imprenditore agricolo è soggetto esente dalla procedura fallimentare, poichè l’articolo 1 legge fallimentare assoggetta al fallimento solamente le attività commerciali. All’impresa agricola è sempre stato riservato un trattamento particolare i differenziato rispetto a quello previsto per il soggetto commerciale, trattandosi di un’attività caratterizzata principalmente dallo sfruttamento del fondo, autoconsumo e dalla vendita dei beni prodotti direttamente dal terreno. Tali aspetti, nella moderna economia agricola che è sempre più propensa ad operare massicci investimenti, non rispecchiano più la vecchia concezione di imprenditore agricolo, il quale sembra avvicinarsi a quella dell’imprenditore commerciale. Ciò ha indotto il legislatore ad ampliare le categorie che compongono l’attività agricola, superando il criterio della limitazione dell’attività connessa a quelle di alienazione e trasformazione di prodotti del fondo per ricomprendervi le attività dirette alla fornitura di beni o servizi (articolo 2135 Codice Civile), ad introdurre l’obbligo per gli agricoltori di iscrizione in una sezione speciale del registro dell’imprese e a consentire agli imprenditori agricoli in stato di crisi di accedere alle procedure di cui agli articoli 182 bis e 183 ter legge fallimentare. Per quanto attiene alla transazione fiscale, i titolari di un’impresa agricola, non potendo ricorrere al concordato preventivo per carenza del requisito soggettivo, potranno esperire domanda di transazione fiscale solo in sede di accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis. Si rileva poi come nell’estendere l’applicazione della transazione agli imprenditori agricoli, la legge n. 111/2011 non richiede alcun limite dimensionale, limite previsto dall’articolo 1, secondo comma legge fallimentare per gli imprenditori commerciali.
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